il-capo-dello-stato-cinese-e-il-presidente-del-cio-thomas-bach-insieme-alle-rispettive-consortiProbabilmente appena un anno fa sarebbe stato difficile se non impossibile  immaginare che una platea di ricconi reazionari circondati da una pletora di servitù mediatica e accademica, si sarebbe spellata le mani ad applaudire il leader di un Paese formalmente comunista come la Cina. Ma evidentemente nei 12 mesi trascorsi il progetto oligarchico del neoliberismo ha incontrato tanti e inaspettati ostacoli proprio nelle sue patrie di elezione ovvero in Inghilterra con la Brexit e in Usa con la sconfitta della Clinton, che al Forum di Davos si è cominciato a guardare a Pechino come un faro di stabilità della globalizzazione al posto della tradizionale Casa Bianca. Così lunghi applausi a Xi Jìnpíng che oltre ad essere il presidente della Repubblica popolare è anche il segretario del partito comunista.

In un mondo in preda all’incertezza ed alla volatilità dei mercati, tutti guardano a Pechino” ha detto lo stesso fondatore della kermesse di Davos e di certo il leader cinese non si è sottratto al compito di apparire come il nuovo campione della globalizzazione, mentre le vecchie assi portanti cominciano a scricchiolare, rose dalle contraddizioni interne e dai pasticci infami che hanno creato a tal punto da indurre la Lagarde, sia pure in quel linguaggio fatuo e ambiguo delle nullità contemporanee, a fare ammenda sullo straordinario aumento delle disuguaglianze. Si è beato del poco dignitoso “pentimento” di chi fino a poche settimane fa parlava del comunismo cinese come  dell’incarnazione del totalitarismo, ovvero tutti i presenti in sala.  Ci si è beato perché dagli stessi applausi appare chiaro come le elites occidentali non abbiano più alcuna propensione alla democrazia divenuta solo un feticcio vuoto e vedano nella dittatura del mercato, nelle sottrazioni di sovranità che tanto piacciono alle loro vittime designate, nelle narrazioni economiche un mezzo di dominio sociale e geopolitico. E siano dunque disposte ad accogliere qualsiasi protettore, qualunque rifugio pur di conservare le rendite di posizione e i loro affari.

Naturalmente la Cina è disposta a divenire il nuovo protettore della globalizzazione non certo su base ideologica, ma semplicemente perché ha tutta la convenienza a favorirla mentre sta sviluppando il proprio gigantesco mercato interno e mentre procede ad acquisire asset economici in occidente e posizioni di guida in Africa e altrove: la globalizzazione l’ha trasformata da immenso Paese agricolo a maggiore potenza industriale del pianeta, le ha consentito uno straordinario sviluppo tecnologico e non può che assecondare l’avidità insaziabile di profitti che ha portato le elites occidentali a produrre a prezzi irrisori in Asia per vendere a prezzi alti sui propri mercati, scardinando così le logiche politiche, economiche e sociali su cui si era retto il capitalismo precedente e che in un certo senso rendeva un male necessario il senso della rappresentanza e della democrazia. Ma c’è di più: Pechino, al contrario delle opinioni pubbliche sulle due sponde dell’Atlantico sa benissimo che il neoliberismo è una forma di lento ed entusiastico suicidio delle società occidentali, del capitalismo produttivo e della stessa borghesia, ha tutta la convenienza ad assecondare un sistema che è destinato al fallimento, ma che per il momento rappresenta la sua gallina dalle uova d’oro e che le permetterà entro due decenni di marginalizzare l’occidente e di raccoglierlo come un fico marcio. Di certo non ci si può aspettare che favorisca quel reflusso verso protezionismi e ritorni di sovranità ( intesi purtroppo sempre in senso conservatore, non evolutivo) che ridimensionerebbero la sua espansione. Perciò accoglie con benevolenza il lamento degli sfruttatori globali.

La cosa straordinaria è che la più violenta e più ottusa forma di reazione e di ritorno al medioevo chiede adesso una mano  al comunismo vero o falso che sia, ma comunque demonizzato in senso ideologico fino a qualche settimana fa. Per la gente di Davos le idee sono semplici etichette, come quelle dei prezzi che si possono cambiare a seconda del mercato politico o come le tariffe delle prostitute (basta con l’eufemismo di escort) che accorrono in massa al Forum per allietare le serate dei ricchi sia per guadagnare, ma anche per essere consolate dal fatto che gli illustri clienti sono più puttane di loro.