Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non esistono guerre giuste: le dichiarano quelli che vogliono dare profondità abissali alle disuguaglianze, rafforzare superiorità innaturali e differenze inique e stabilire l’autorità indiscussa del profitto, dello sfruttamento e dell’oppressione. Non esistono guerre di popolo. è sempre il popolo che non le intima a perderle comunque, ad andare a morire in trincee, o sotto forma di “disgraziato effetto collaterale” sotto le bombe, marciando con le scarpe di pezza e gli stivali di cartone sulla neve.

Sta succedendo così anche a noi in questo conflitto voluto da chi ha e vuole sempre di più contro chi non ha e avrà ancora di meno. È così  per chi ha perso tutto, casa, luoghi del vivere insieme, memoria e i suoi simboli, bellezza e attività economiche e che è stato abbandonato in un prevedibile gelo invernale a combattere per la sua sotto-vita e a crepare per la combinazione anche quella non inattesa di scosse sismiche  e freddo, braccati dal vento e soffocati senza via di scampo dalla neve.

Eppure se fosse vero che non si possono prevedere tempi e potenza dei terremoti, ma il loro manifestarsi si, in geografie più esposte per conformazione e storia, che d’inverno nevichi si sa, che la neve di possa trasformare in valanga si sa, che blocchi strade e isoli paesi e ancora di più borghi e stalle e attività rurali e allevamenti si sa. Eppure.

Eppure ancora oggi anime belle reclamano doverosa obiettività, recriminano contro noi sciacalli, a loro dire, che ci vergogniamo anche a loro nome per chi si sorprende alla rivelazione di altri morti, di altra disperazione, di altri esili tutti preventivabili, contro chi non si è accontentato delle passerelle pietose dei notabili in visita pastorale nei luoghi dei disastri “naturali” con il viatico delle promesse fasulle, contro chi avrebbe preferito mandare un sms da 2 euro per salvare Mps ma riservare i suoi doverosi 105 euro procapite alla ricostruzione.

Eppure si doveva sapere che prima di tutto si doveva pensare e agire per mettere al coperto gente e animali, che prima di tutto si doveva pensare ed agire per salvare le attività e le imprese della zona, che prima di tutto si doveva dotare quell’area di mezzi che assicurassero la circolazione e il soccorso anche nel periodo invernale, eppure si doveva sapere che prima di tutto si doveva pensare ed agire per rafforzare il processo trasparente dell’accoglienza dei senza tetto e della ricostruzione, in modo da prevenire intrallazzi, malaffare, discrezionalità e arbitrarietà, corruzione e speculazione, mentre l’unica misura contro l’opacità delle procedure è consistita nell’affidarsi alla sorte e alla riffa (ne abbiamo scritto qui: https://ilsimplicissimus2.com/2017/01/11/il-terremoto-e-un-terno-al-lotto/).

Le motivazioni per le quali i soldati della campagna di Russia sono stati mandati a crepare con le scarpe di pezza, quelli in trincea avevano dei fuciletti di legno e granate che gli scoppiavano tra le mani, le motivazioni per le quali si comprano F35 scamuffi che i paesi produttori schifano e impongono ai loro inservienti, sono le stesse per le quali i terremotati del Centro Italia, come quell’ dell’Aquila e dell’Emilia non hanno una casa, hanno perso lavoro e beni, terra e ricordi, lavoro e speranza. Inettitudine, incapacità, incompetenza, certo. Ma anche un disegno perverso che corrisponde ai comandi dei signori del profitto e dell’affarismo, quelli che devono assicurarsi proprio come dopo un evento bellico provocato ad arte, i benefici e i ricavi infami della riedificazione, anche quella di cartone, anche quella effimera, in modo che i guadagni si ripetano con la prossima guerra o il prossimo cataclisma. Sicché bisogna aspettare che si mettano d’accordo, che si predisponga l’humus favorevole ai loro intrallazzi e alla loro occupazione militare di geografie e genti e attività, tramite quelle procedure perverse favorite dalla generosa permanenza di stati di emergenza. Sicché diventa più profittevole che salami, guanciale, pancetta e lenticchia, fagioli e ceci rientrino nel regime di monopolio delle multinazionali del cibo sotto l’egida del Ttip piuttosto che nella tradizione del buongusto dei fratelli Ansuini di Norcia. Sicché conviene che quei paesi belli e selvaggi, gentili e munifici del piacere del buon vivere diventino delle disneyland del turismo di massa, dove i pochi indigeni officiano il rito di un’ospitalità che rifiuta proprio la sua gente costretta all’emigrazione o alla servitù alle grandi imprese del travel, magari sacro.

Non esistono le guerre  di popolo, ma è esistita invece la resistenza, è esistito il riscatto, è esistita la liberazione con la speranza di guadagnarsi dignità e capacità di farsi il proprio destino invece di affidarsi all’azzardo e alla bonomia dei potenti. Il segreto è smettere di essere prede, smettere di essere agnelli e fare come i lupi che stanno  insieme e in branco.