maxresdefault-650x366Lo abbiamo visto mille volte al cinema, fino alla noia: quando non si può contestare la testimonianza si contesta il testimone nella speranza, quasi sempre esaudita, che la giuria si faccia trarre in inganno e desuma la credibilità del teste sostanzialmente dal suo status sociale, dalla sua attività, dai suoi precedenti. Sono meccanismi psicologici che funzionano egregiamente pure in politica, anche se su grande scala, presentano un po’ di problemi, ovvero la pluralità di voci al posto del solo avvocato o pubblico ministero che tuona nell’aula. Tuttavia anche quando il trucchetto non funziona nelle sentenze elettorali serve comunque a spostare l’attenzione dai fatti e dalle loro implicazioni politiche, etiche sociali, di sistema su chi li ha rivelati. E’ ciò che è successo e sta succedendo con il Clinton gate: nessuno bada più al fatto che Hillary, i poteri che erano alle sue spalle, il partito democratico stesso abbiano tramato per truccare le primarie e farle vincere alle ex first lady contro Sanders, un fatto cento volte più grave di quello per cui Nixon è stato condannato alla damnantio memoriae, ma s’interroga sul ruolo della Russia accusata senza alcuna prova di aver svelato gli altarini.

Fosse anche vero la mossa ha ottenuto l’effetto perverso di porre in secondo piano il degrado etico di un’ intera oligarchia di comando e delle sue grinfie mediatiche globali, per spostare tutta l’attenzione su un supposto nemico, divenuto tale per volontà unilaterale della medesima oligarchia e dei suoi orrendi pasticci in Ucraina e Medio Oriente. Ma ha anche creato un grottesco cortocircuito informativo che mette in un cul de sac le verità costruite a tavolino dal clan Obama: si fanno produrre alle agenzie di intelligence documenti ( qui e qui ) deplorevoli e inquietanti insieme che attribuiscono la colpa delle rivelazioni a fantomatici hacker russi, senza averne le prove, ma anche senza poterle nemmeno presentare, qualora per assurdo ci fossero, dal momento che la loro presentazione richiederebbe anche la riproposizione dei documenti hackerati e dunque dei pasticci clintoniani, del partito democratico e di una parte degli stessi repubblicani. Il pendolo informativo si sposterebbe proprio nel punto focale che si voleva nascondere, rendendo sostanzialmente perdente tutta la campagna anti russa.

Questo è quello che succede quando si vive in regime di concentrazione mediatica. E per fortuna che c’è ancora, non si per quanto, il web che è riuscito a spezzare l’intonazione del coro e a mettere in difficoltà gli ordini del giorno  travestiti da giornali e tv, unica ragione per la quale l’informazione ufficiale ha cominciato una campagna a tappeto contro la cosiddetta post verità della rete. Però il bordello è talmente grande ed evidente che la credibilità del potere grigio occidentale  comincia a franare: piccoli massi per ora, ma l’effetto valanga è dietro l’angolo perché l’impossibilità di provare le accuse senza contestualmente rivelare fino in fondo il marcio, rende più libero Trump di non proseguire la sorda e dissennata guerra alla Russia. Così alla periferia dell’impero cominciano le defezioni: proprio ieri  il ministro dell’economia tedesco, Sigmur Gabriel per difendere le politiche della Merkel attaccate da Trump ha dovuto buttare alle ortiche un po’ di tesi ufficiali sostenendo alla fine quella evidenza che invece è tacciata di complottismo dalla voce del padrone, sostenendo che “c’è un legame tra le politiche sbagliate interventiste americane, specialmente nella guerra in Iraq, e la crisi dei rifugiati”.

Come si vede per ora si preferisce tacere della Siria e del caos cinicamente creato nell’area mediorientale da Obama e dai suoi referenti. Ma è chiaro che i segni di sfaldamento ci sono tutti, compresi quelli che riguardano gli assurdi assetti europei e la potente sponda che hanno trovato a Washington. Berlino che di questi assetti è stata la prima se non unica beneficiaria è la più interessata a disarmare contro la nuova amministrazione americana per mantenerli il più possibile nel nuovo contesto e nel contempo sfruttare le grandi possibilità offerte con il ritorno a possibilità di un ritorno a normali relazioni con Mosca. Gli altri seguiranno. Alla fine paradossalmente la sfacciata menzogna degli hacker russi diventa una verità per altri versi: in effetti è stata l’accorta azione  di Putin e la superiore strategia russa a mettere in crisi le politiche dell’oligarchia euro americana  e i suoi interpreti politici.