Da bambino non vivevo nel grande nord, ma semplicemente nella fosca turrita Bologna eppure ogni inverno mi divertivo insieme ai compagni di gioco a costruire piccoli igloo, perché le nevicate erano frequenti e abbondanti, tanto che addirittura sui colli, parte integrante della città, c’erano piste da slittino. Più avanti la neve si è vista sempre di meno, ma in qualche giorno più freddo mi divertivo a stendere in terrazza fazzoletti bagnati per ritirarli un’ora dopo duri come legno a causa del ghiaccio: gennaio era quasi sempre sottozero con punte che arrivavano anche a meno 10, talvolta meno 13. La mia generazione insomma è quella che ha vissuto a pieno il cambiamento climatico, anche se per fortuna non arriverà a viverne tutte le drammatiche conseguenze. Ma ha anche vissuto il declino dell’intelligenza e della capacità di obiettività, di onestà intellettuale, di speranze tutti fattori sostituiti dall’emotività più fatua: dopo un dicembre tra i più caldi negli ultimi cento anni, è bastato che arrivasse una spruzzata di neve e qualche temperatura appena sotto zero, tout court definito freddo polare, perché i media ufficiali, quelli della verità granfratellesca si scatenassero in una saga da Frozen, coinvolgendo non solo lo Stivale, ma l’intera Eurasia.
Su RaiNews 24 ci hanno fatto anche vedere i ghiaccioli a Mosca come fossero una novità a gennaio, una vera offesa per il famoso generale inverno e cumuli di neve nel nord della Cina e in Giappone che a totale insaputa dei redattori della televisione pubblica costituiscono l’area più nevosa del pianeta dove medie annue di 15 metri sono la norma, visto che le correnti artiche si incontrano con le acque sempre più calde del Mar del Giappone. Ma forse questa informazione incompetente, cialtrona, erratica non è del tutto frutto del caso e della pessima istruzione: l’epopea mediatica del freddo, l’enfasi su un inverno che solo quarant’anni fa sarebbe stato un non inverno, raggiunge uno scopo, ovvero quello di insinuare che dopotutto il riscaldamento planetario può essere solo un mito, una bugia maligna sparsa da coloro che vorrebbero mettere i bastoni tra le ruote del carro trionfale del liberismo e della sua crescita infinita. Basta fare un cabotaggio in rete per rendersi conto di come un po’ di freddo ( a Roma città la minima è stata di – 2,4 gradi raggiunti per meno di un’ora nella notte tra l’8 e il 9 gennaio a fronte di massime ben al di sopra dei dieci gradi), perché dalle caverne in cui dormono escano sciami di pipistrelli silenti che una volta l’anno hanno la soddisfazione di dire : “vedete c’è la neve, non c’è nessun riscaldamento”. Poi rimangono silenti nelle estati torride, nel clima bizzarro, siccitoso o diluviante, che danneggia le produzioni agricole e fa aumentare i prezzi del cibo.
Ma anche così episodiche e concentrate queste manifestazioni di ottusità climatica riescono a insinuare nell’uomo della strada il sospetto che dopotutto il riscaldamento globale è soltanto un’ipotesi non verificata. Non basta pagare qualche ricercatore di terzo piano, senza più possibilità di carriera perché si faccia paladino di astruse teorie alternative con il solo scopo di darle in pasto ai media e di mostrare che gli scienziati “non sono d’accordo”, come accadde in maniera farsesca nell’era berlusconiana con un prof negazionista climatico che credeva inutili e senza senza futuro le energie alternative o diceva che a Chernobyl non era morto nessuno; non basta nemmeno che, oplà, alcuni dati vengano trattati dilettantescamente per dare l’impressione che il fenomeno rallenti (vedi qui), ci vuole anche lo spettacolo, il folclore, la bianca visitatrice, il grande freddo dei telegiornali a costruire un terreno di dubbio su fenomeni più che evidenti. Non è certo difficile ottenere lo scopo visto il sommo desiderio dei più è quello di non cambiare nulla se non le vesti e soprattutto di non essere costretti ad agire, di non essere coinvolti, facendo della questione ambientale solo un argomento da salotto.
Del resto ci si può meravigliare di queste piccole cose quanto il Financial Times, esprimendo la tracotanza, ma anche la disperazione delle oligarchie occidentali che vedono assottigliarsi le schiere dei fedeli man mano che essi diventano vittime sacrificali, afferma che la libertà di opinione fa male alla democrazia?
Ecco cosa dice il sito dell’Aeronautica Militare dedicato al clima http://clima.meteoam.it/nostroArchivio.php
“Negli ultimi anni le tematiche legate ai cambiamenti climatici e al riscaldamento globale, quali l’aumento di anidride carbonica, l’inquinamento atmosferico, l’assottigliamento dello strato di ozono stratosferico e similari, hanno assunto rilevanza e risonanza tali da non interessare soltanto gli scienziati e gli addetti ai lavori, ma direttamente i cittadini. Al di là dei condizionamenti dei media, nell’uno o nell’altro senso, la reale analisi scientifica di questi aspetti è in realtà tutt’altro che semplice, a causa delle molteplici interdipendenze e retroazioni tra i vari fenomeni, nonché per la mancanza di serie storiche di una certa consistenza, e possiamo dire che al momento non fornisce la formulazione di giudizi definitivi su molti di questi argomenti.”
E inoltre:
“La costruzione di serie storiche climatologiche è un’operazione alquanto articolata. Questa presuppone la misurazione duratura e continuativa dei parametri atmosferici, idrologici, oceanografici e ambientali, e l’acquisizione regolare dei dati entro archivi storici, un tempo cartacei (periodicamente parte del materiale era soggetto a microfilmatura), attualmente elettronici. L’onerosa attività di salvataggio dal materiale meteorologico e documentativo contenuto negli archivi cartacei, soggetti a deterioramento, e della successiva digitalizzazione completa è chiamata (climate) DAta REscue (DARE). La costruzione di serie consiste quindi nel controllo di qualità (per la correzione di eventuali errori o incongruenze attraverso alcuni criteri di verosimiglianza e il confronto con il materiale originale o le osservazioni viciniori), nell’omogeneizzazione (processo che consente di circoscrivere tutti gli influssi non climatici che si ripercuotono su una serie, quali spostamenti o sostituzioni di sensori, cambiamenti dell’ambiente circostante l’osservatorio o la stazione), nel completamento delle lacune (i periodi di non disponibilità dei dati) ed infine nella sistemazione in DB dedicati (comunemente usati quelli relazionali)…”
L’idea che decidere della validità di un’ipotesi così complessa come quella relativa al riscaldamento globale dipenda dal proprio ricordo di quanto faceva freddo ai nostri tempi significa da un lato non sapere quanto ingannevole sia il proprio ricordo, dall’altro ipotizzare che se a Bologna o Milano il tempo rispetto a 50 anni fa è cambiato, allora deve essere cambiato in senso analogo anche in tutte le altre località mondiali, cosa che sfiderei chiunque a provare. Per esempio, mentre in queste settimane ci compiacciamo di un tempo relativamente mite, c’è mezza Europa che soffre nelle grinfie del freddo intenso e i morti non si contano. Si noti poi che anche nella Milano del “riscaldamento globale” l’altro ieri, venerdì, oltre un migliaio di cittadini milanesi sono scivolati sul ghiaccio traditore e hanno dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso per le conseguenze della caduta. Come ai vecchi tempi, insomma.
un “ricercatore di terzo piano”:
http://www.meteoweb.eu/2012/04/clima-il-guru-ambientalista-james-lovelock-fa-marcia-indietro-abbiamo-fatto-troppo-allarmismo-le-temperature-non-stanno-piu-aumentando/131396/
SE SOLO CHI HA Più DI 50 ANNI COME ME SI RICORDASSE come erano gli inverni quando era bambino/ragazzo (qui nella pianura padana a dicembre-gennaio temperature sottozero con punte di -10 o -15 gradi erano la norma, la neve e il ghiaccio erano la norma) CAPIREBBE IMMEDIATAMENTE CHE TUTTO QUESTO CAN-CAN TELEVISIVO HA FINI BEN DIVERSI DA QUELLO DI DOCUMENTARE LE TEMPERATURE STAGIONALI. Ancora una volta si può notare quanto “sono servi del potere” i giornalisti e tutti quelli che si occupano della gestione dei media.
Contro lo scientismo in materia ecologica e di global warming raccomando il seguente video di Ted, disponibile anche con sottotitoli italiani:
https://www.ted.com/talks/allan_savory_how_to_green_the_world_s_deserts_and_reverse_climate_change?language=en
In esso Allan Savory, un illustre e influente scienziato, ammette di aver compiuto un clamoroso errore nella sua carriera, quello di aver fatto massacrare 40.000 elefanti solo perché si era autoconvinto e aveva convinto le autorità mondiali che fosse il loro calpestio a causare la desertificazione in Africa. Nonostante il genocidio causato per la strabiliante leggerezza delle sue teorie, Savory non ha perso il posto o la sua credibilità ed è sempre sulla scena pronto a riproporre, con uguale trasporto, le sue ulteriori teorie. Ma per quanto mi riguarda mi ha solo convinto che gli scienziati hanno una gigantesca licenza di prendere le proprie lucciole per lanterne.