riscaldamento_oceaniOggi ci sarebbero molte, anzi troppe cose di cui parlare in maniera meno banale, paralizzata ed eterodiretta dell’informazione mainstream , dal litigio fra Giappone e Corea del Sud, alla massiccia esercitazione Nato ai confini della Russia come estremo atto del nobel per la pace Obama, al ruolo di eminenza grigia sempre più inquietante e scoperto che hanno assunto le centrali di intelligence negli Usa oppure del ruolo dell’Usaid e di Washington nel “suggerire” al premier indiano la grottesca e delirante campagna contro il contante che peraltro finirà a breve per coinvolgerci. Così  mi limiterò a parlare del riscaldamento degli oceani e dell’ incredibile errore – definiamolo così –  compiuto dai ricercatori  nel calcolarlo per mostrare quale sia il livello contemporaneo della numerologia persino nel campo delle scienze naturali, quindi figurarsi in altri settori più delicati dove criteri ideologici e interpretazioni surrettizie la fanno da padroni assoluti.

Dal 2008, guarda caso proprio all’inizio della crisi, si è diffusa la notizia di un rallentamento nel riscaldamento degli oceani, in realtà manifestatosi già da 15 anni, che pareva assolutamente inspiegabile, o spiegabile con le più arzigogolate teorie ma che tuttavia tendeva a smorzare l’impatto critico che la questione ambientale poneva al dogma della crescita infinita. Invano venivano avanzati dubbi da vari gruppi di ricerca spesso fuori dagli Usa, verso misurazioni che in definitiva sono una cosa nostra americana e dunque solo per questo degne di fede. Infinite pagine si sono scritte su tale mistero climatico fino a che ne 2014  le temperature record hanno spezzato l’incantamento e gli stessi misuratori di prima hanno cominciato, sia pure in sordina a fare esprimere dubbi e a fare ammenda. Oggi anche grazie agli stimoli provenienti da ricercatori indipendenti abbiamo la soluzione che è più incredibile di quanto si pensi perché  il rallentamento nel riscaldamento degli oceani si è rivelato solo una sorta di miraggio: da quando si fanno ricerche strutturate in questo campo  le misurazioni della temperature dell’acqua vengono registrate grazie a navi oceanografiche, satelliti e boe robotizzate e tutti i dati vengono aggregati insieme senza distinzione della fonte. Ora succede, esattamente come accade per i termometri delle nostre automobili, che la temperatura presa dalle navi è sempre un po’ più alta a causa dell’influenza dei motori. Negli anni è accaduto però che il numero delle navi è molto diminuito mentre è aumentato in maniera esponenziale il numero delle boe robotizzate con le loro misurazioni più esatte e più basse. Quindi è proprio la raccolta complessiva delle temperature che è cambiato radicalmente natura nel tempo dando così l’impressione di un rallentamento del riscaldamento.  E’ bastato dividere i dati per fonte per accorgersi che invece gli oceani proseguono ad essere più caldi di 0,12 gradi per decennio invece degli 0,07 calcolati mediamente nel primo quindicennio del secolo.

A voler essere maligni si potrebbe anche mettere in rilievo la singolare coincidenza tra questa totale revisione rispetto a un errore così pacchiano e così persistente da sembrare impossibile, con l’elezione di un presidente Usa che se ne frega apertamente dell’ambiente rispetto ad altri che dovevano far finta di interessarsene salvo poi scatenare l’incubo del fracking secondo il solito metodo delle buone intenzioni messe a copertura dei cattivi fatti. Ma si tratterebbe di un azzardo e in ogni caso di un collegamento riduttivo rispetto a una scienza che consapevolmente e assai più spesso inconsapevolmente si adegua in qualche modo al potere e alle sue ideologie dominanti, al “discorso” prevalente, alla mentalità complessiva, poiché anche i ricercatori sono esposti ai medesimi veleni anche se essi giocano a vedersi solo come scienziati. Il che significa che nell’ultima trentina di anni  ha in qualche modo seguito il monopolarismo Usa e non si è più di tanto sottratta all’unilaterialità statunitense in materia ambientale che ha ovviamente un peso sempre maggiore negli equilibri di potere economico. Non sto parlando di ricerche fasulle e taroccate prodotte grazie ai finanziamenti delle multinazionali al solo fine di poter far dire ai media che su qualcosa “non c’è consenso”, ma di un male più sottile e meno visibile che in definitiva provoca una sorta di commercializzazione della conoscenza.