volg-3Anna Lombroso per il Simlicissimus

C’era stata una sospensione dal dopo guerra agli anni ’80, come se il ceto dirigente si vergognasse di certe esibizioni, di certi eccessi che avevano   caratterizzato il fascismo, quando federali, gerarchi, giù giù fino a segretari del fascio di sperduti borghi, mimavano abitudini dinastiche, ostentazioni da case regnanti, esuberanze viriliste, prepotenze muscolari. Ed anche maleducazioni esorbitanti, grossolanità sbandierate, trivialità, sfoggiate tutte come virtù popolari  in contrasto con mollezze di cricche disfattiste e degenerate

Si, c’era stata una provvisoria sospensione della volgarità compiaciuta, per definire un costume del tempo con l’aiuto di Gogol (ne scrissi a suo tempo qui:   https://ilsimplicissimus2.com/tag/volgarita-compiaciuta/), una pausa in parte formale, fatta di sobria ostensione di morigeratezza e di discreta mostra di austerità, magari solo apparente, che faceva sì che si inorridisse per voli in elicottero di Stato verso collegi elettorali, che autorizzava riprovazione per legami peccaminosi, che legittimava deplorazione pubblica per sfoggio di ricchezze più ancora che per la loro origine opaca, grazie al peso ancora profondamente egemone di un “moralismo” confessionale che intrideva di ipocrita conformismo il tessuto sociale e culturale.

Non ebbe certamente l’effetto liberatorio di un riscatto laico l’irruzione sullo scenario politico di gran prepotenti soddisfatti di sé, di tracotanti in stivaloni usi a sfoderare amanti, a sciorinare amicizie disinvolte,  a dispiegare attitudini e comportamenti spicci sbrigativi e sbrigativamente anticonvenzionali, concessi solo a loro, peraltro, e che denunciavano l’avvenuta giubilazione di domineddio, sostituito dal dio mercato e dagli officianti della sua teocrazia, quelli della Milano da bere, da Turati a Turatello, dalla mondanità sgangherata di una provincia riscattata dai danè facili, sfavillante per la luce riflessa di un potere arrogante e spregiudicato, impudente e sfrontato perfino nei suoi templi effimeri – giusto il tempo di un festival o di un congresso, affollati di nani e ballerine, psicoanalisti e artisti un tanto al chilo, architetti e pubblicitari intenti a celebrare l’era del garofano. Prodromi e fautori tutti della spettacolarizzazione generalizzata tramite tv commerciali, della trasformazione dei cittadini in utenti e degli elettori in consumatori, della selezione del personale politico con la Ruota della fortuna, del diritto/dovere di spendere in merci futili a Ok il prezzo è giusto, della giustizia nel tribunale di cartapesta di Forum, l’unico tollerato in tempi di dissipati marioli quando ridivenne desiderabile anzi obbligatorio l’esercizio amorale e personalistico del governo della cosa pubblica, nel totale affrancamento di ambizioni e avidità, di arrivismo e scorrettezza, di slealtà e corruzione come irrinunciabili doti e virtù necessarie del politico.

Nessuno si sottrasse davvero all’inquinamento tossico di quei veleni, che non smisero di certo di spirare con Mani Pulite e che presero altre forme evidenti o implicite, se dietro alla solenne severità berlingueriana continuarono a agitarsi faccendieri ancora oggi in auge, se dietro all’inflessibili gravità di una sinistra “differente”, quella dura e pura, si stava formando un ceto di amministratori, manager pubblici, cooperatori, boiardi, banchieri “uguali agli altri”, pronti al compromessi, dediti alla clientela, inclini al malaffare e alla speculazione. Tutti,   cristallizzati e sopraffatti dall’ossessione degradante per il denaro e i benefici che consolida o procura: posizioni, rendite, privilegi, lussi, sesso e droga, diritto alla sopraffazione e allo sfruttamento, tutti, compresi inossidabili celoduristi pronti a aiutare i minatori di diamanti della Tanzania a casa loro.  Tutti talmente sguaiati e protervi e cialtroni e sfacciati, talmente fieri della loro impunità, da finire per riempire di contenuti  positivi la modesta  proposta politica dell’onestà senza altro programma che la trasparenza, del disinteresse senza altro necessario corredo di competenza, della legalità senza altra indispensabile visione di una alternativa di sistema. Tutte condizioni necessarie ma non sufficienti, e ciononostante molto criticate perché dilettantistiche, perché – oh vergogna – populiste e dunque apocalittiche rispetto ai crismi consacrati dell’appartenenza al ceto dirigente, quelle cerchie disturbate da certe esternazioni volgari e crude, incardinate nel messaggio del vaffanculo.

Beh siamo andati peggiorando. Invidioso come un tempo del radicamento territoriale della Lega e dei suoi successi, il regime dopo la batosta referendaria dà libero sfogo a istinti belluini, borborigmi e flatulenze sperando in un recupero tramite movimentismo maleducato, focus semantico sul culo, riabilitazione della pancia come sede di sentimenti, emozioni e rivendicazioni legittime e quindi il rifiuto dell’arcaica ragione, criticabile esclusiva a carico di sapientoni e gufi. Non serve a tanto chiedersi chi ha creato il clima favorevole e chi semplicemente se ne serva usando la sua cassetta degli attrezzi: il trash sentimentale, i cliché  egemonici, il filisteismo in tutte le sue versioni, l’imitazione delle imitazioni, la falsa profondità, le trite narrazioni, il commento sociale, le propagande compassionevoli o razziste,  le allegorie politiche,  le generalizzazioni  e i giudizi-pregiudizi massmediatici, gli arrembaggi e  le scalate premiate, la pacchianeria di governo, nelle grandi opere, nei grandi eventi, come nella somatica e negli usi dei suoi appartenenti, tra Air Force, convention leopoldine, trasferte sibaritiche. Che a smentita dei capisaldi della ideologia che li ispira, fanno strame dei valori tanto pubblicizzati:  del merito, se vengono riconfermate e promosse le grandi bocciate dalla Corte come la Madia, o dall’elettorato, oltre che dal senso comune, come la Boschi o come la acrobatica relatrice della riforma Anna Finocchiaro, della competenza se una neo incaricata sfoggia la mancanza di un titolo di studio superiore, peraltro autocertificato nel curriculum ufficiale, come una medaglia al valore della fidelizzazione alle caste  conquistata sul campo, della competitività, se si lascia al suo posto un energumeno che si vanta che le misure di cui rivendica paternità penalizzino il paese i suoi talenti e la sia forza lavoro costretti alla fuga.

Tutti dicono che questo di oggi è un Natale morigerato. E ci credo,  se so’ magnati tutto.  Che queste sono feste austere. E ci credo, ci hanno levato tutto. Se gli auguri vanno agli uomini di buona volontà, dimostriamola togliendoceli  di torno una volta per tutte.