laurea-falsaChe in politica si menta e talvolta occorra mentire è una cosa risaputa, quasi codificata fin dai tempi di Trasibulo e di Socrate, così come è  evidente fin da quei tempi remoti che verità e democrazia sono strettamente legate, hanno un rapporto inscindibile.  Così non è un caso, né deve stupire se in tempi di attacco alla democrazia la menzogna sia divenuta consustanziale a un ceto politico, meglio politicante, che non esprime più idee di società o progetti, ma solo subalternità e obbedienza a poteri che essi stessi hanno dichiarato come primari, ovvero quelli economici. Il costume è talmente penetrato nell’intimo che forma una seconda natura e spinge perciò all’infingimento anche quando teoricamente non ce ne sarebbe bisogno.  Così si scopre che la neo ministra dell’istruzione Valeria Fedeli (sindacalista infedele ai suoi rappresentati, ma fedelissima del renzismo) ha clamorosamente mentito proprio sulla sua istruzione, inventandosi una laurea in scienze sociali che è invece un semplice diploma di assistente sociale presso l’Unsas. Una bugia anche maldestra perché il diploma è stato preso molto tempo prima che questa disciplina divenisse oggetto di corsi universitari.

Ora non c’è nulla di male a non essere laureati o brevemente laureati secondo una formula anglosassone scempiamente imitata e trasferita in un contesto completamente diverso, quindi non si vede perché il bugiardino biografico della Fedeli sia andato incontro a questo clamoroso infortunio rivelato e subito sfruttato a fondo dai familideisti per liberarsi da una ministra che sarebbe fautrice di un’inesistente teoria gender da trasferire nelle scuole. Un piccolo e odioso rigurgito di beghini panzuti e biscazzieri, puttanieri segreti, benpensanti incapaci di pensare, bigami dietro le quinte e ipocriti compulsivi, senza il quale però nessuno si sarebbe accorto della bugia perché la verità viene usata solo come arma discrezionale e contundente nelle risse politiche. Ma il fatto rimane: perché mentire in maniera così trasparente, se mi si permette questo ossimoro mentale? Probabilmente la ragione sta nel fatto che ormai la legittimità sostanziale della rappresentanza è talmente tenue in un Parlamento di nominati e per giunta eletti con una legge incostituzionale, il peso dei tradimenti, degli opportunismi, dei nepotismi talmente gravoso, che si deve ricorrere a qualche stratagemma per avere una qualche credibilità a propri stessi occhi. Il che spiega anche il numero di questi casi e il grottesco che si sprigiona da molti di essi.

E’ evidente che un ministro dell’istruzione, eletto non come individuo, ma a forfait nel Pd e destinato a decidere su docenti universitari e su prof laureati o plurilaureati, privo di qualsiasi competenza o esperienza personale nel campo, non può presentarsi con un diplomino da assistente sociali, magari pure strappato di straforo: sarebbe come sbandierare l’arroganza del potere e allo stesso tempo la debolezza estrema di una politica adagiata sul pensiero unico, cosa che peraltro emerge chiaramente dall’opera sindacale della Fedeli che si è occupata soprattutto del “sistema moda” e che ha votato il job act. Alle centinaia di di donne che lavorano nel tessile – abbigliamento che si scontrano con una completa insicurezza, sotto ricatto e in un contesto contrattuale del tutto schizofrenico ha finora offerto generose dosi di senonoraquandismo, ma senza salvarle dallo straordinario obbligatorio, dalla cosiddetta flessibilità di orario e da quella continua sottrazione di welfare operata anche grazie alla senatrice Fedeli dal 2012 ad oggi, che è il vero ostacolo alla pari dignità e salario sul lavoro.