giubilo-per-il-noNon se ne è andato, è letteralmente fuggito con un’ ultima raffica di retorica fasulla a denti stretti per la rabbia, praticamente identica a quella inalberata dopo la sconfitta con Bersani e di balle su tutte le pessime leggi che ha fatto in mille giorni, praticamente smentendo quella lentezza legislativa con la quale giustificava la manipolazione costituzionale. Ma a mio parere sarebbe fuggito anche se invece di 20 punti di differenza nei risultati della consultazione ce ne ne fossero stati solo 2 o 0,2, anche se a votargli contro non fossero stati proprio i giovani, anche se la straordinaria affluenza delle urne non avesse dimostrato l’attaccamento degli italiani alla Costituzione e il rifiuto di un ammodernamento che sembrava uscito dalla penna di un babbuino allevato da J.P. Morgan: è fuggito ( magari su suggerimento e invito dei suoi burattinai) perché non poteva rimanere così indebolito a subire le conseguenze fallimentari dei suoi mille giorni, che se la vedano i successori con le conseguenze delle malefatte sue e dei suoi padrini continentali che già cominciano a manifestarsi. Rimanere ancorato alla poltrona adesso significherebbe bruciarsi per sempre, mentre andarsene subito da Palazzo Chigi è anche la condizione assolutamente necessaria per mantenere la segreteria del Pd da dove può continuare a tenere le file del partito, del cerchio magico, delle clientele e mantenere su di sé l’attenzione di quei poteri, di quelle correnti sotterranee che in definitiva lo hanno creato.

Guardando la geografia del voto si capisce benissimo la radice del problema: il sì ha prevalso solo in Emilia e in Toscana (l’Alto Adige fa storia a sé) o ha ottenuto risultati meno umilianti nelle ex zone rosse, proprio quelle che in anni non lontani erano state decisive per respingere altri referendum che attentavano sia pure in modo meno organico alla Costituzione. Erano anni nei quali non esisteva ancora il Pd. Questo ci fa capire che Renzi non è stato un errore, un autogol clamoroso del Pd, ma che il Pd stesso è un errore, un corpus partitico costruito  per gestire la transizione oligarchica sulla quale premevano i poteri liberisti e finanziari, sfruttando un voto e un consenso di tradizione particolarmente forte dove una volta c’erano le roccaforti del Pci. La stessa cosa è accaduta altrove, in Francia, in Germania, in Spagna, in Gran Bretagna, ma la radicata tradizione del Pci in Italia rendeva difficile una transizione per sole linee interne nonostante i numerosi per non dire continui tradimenti e occorreva un nuovo soggetto politico che prima si annacquasse con il vaticanesimo formalmente  centrista, ma reazionario nella sostanza, degli ex popolari immargheritisi, per poi passare alla creazione di un blocco di riferimento conservatore e alla rottamazione di qualsiasi concetto della sinistra che infatti è uscita distrutta da questa mutazione.

Per questo dico che la battaglia per la rinascita del Paese comincia proprio adesso, che si è vinta solo la prima battaglia, quella che nelle intenzioni del guappo sbruffone e mentitore come nei voti intenzioni del suo maestro e istruttore, Napolitano, doveva sbaragliare ogni opposizione per decenni:  adesso occorre avere più coraggio e mettere con le spalle al muro il partito che ha fatto da placenta al renzismo e  nel quale l’inquinamento di polli di allevamento liberista, di ipocriti, opportunisti, codardi, doppiogiochisti, affaristi, cortigiane, cattolicume della peggior specie, ha raggiunto livelli indecenti. Con altissime probabilità Renzi continuerà ad essere segretario o comunque a dominare il partito dall’altro di influenze, spinte e denaro  che altri non hanno, a determinare la politica e le posizioni del Pd che è nato in qualche modo perché diventasse il suo partito. Solo tagliando questo cordone ombelicale dei veleni, marcando le differenze, andandosene per creare un’altra e diversa formazione politica cui certo non mancherebbero voti, il guappo ma soprattutto ciò che rappresenta sarà finalmente contenuto. Chi spera di rimanere nella mangiatoia, accreditando una battaglia dall’interno che semplicemente non esiste, cercando di nascondere la centralità del Pd nel massacro sociale e nel declino del Paese, appoggiando qualunque successivo fantoccio pescato nel cucuzzaro di Bruxelles, limitandosi a fare la fronda su Facebook o con i comunicati Ansa, ma belando in Parlamento, chi spera di far passare per credibile un’opposizione interna che non si è opposta a nulla, che in primavera  ha trovato a mala pena dieci deputati disposti a votare contro  la cosiddetta riforma Boschi, ma che alla fine ha prodotto solo un voto contrario e un’assenza, sbaglia di grosso: questa pattuglia di smemorati, di convertiti e riconvertiti, di pentiti e spentiti, di opportunisti senza limiti, si è spesa gli ultimi spiccioli di credibilità.

Per il resto non che c’è da festeggiare la straordinaria vittoria di un popolo che si è rivelato politico e di un ceto politico che ha espresso solo il più vieto populismo e quella demagogia disgustosa della menzogna che si espressa al meglio nella scenetta di stanotte con il guappo digrignante che ha tentato di nascondere l’ira e la tracotanza ricorrendo persino alla mozione degli affetti e al viva quell’Italia che vuole svendere.