renziQualcuno si chiede in questi giorni perché Guappo Renzi non sia simpatico come un tempo e la sua credibilità vacilli.  La risposta lanciata nell’ambito dei media mainstream e rimasta a rimbalzare su quello stesso campo sarebbe che  l’informazione ufficiale e paludata  non convince più e che invece la controinformazione che si incarna nella rete è molto più efficace di quanto non si credesse. Un fatto al quale andrebbero attribuiti anche la Brexit e la sconfitta della Clinton. Ora può anche darsi che tutto questo abbia un peso, però manca il protagonista principale, ovvero la realtà delle condizioni vissute che giorno dopo giorno smentisce le chiacchiere e le false speranze: per quanto possa essere forte la tentazione di credere nelle ricette salvifiche, alla fine appare chiaro che esse non solo non hanno efficacia, ma aggravano il male.

Tuttavia introdurre il principio di realtà e renderlo protagonista può essere molto pericoloso perché aggredisce senza sofismi la sostanza del discorso, ovvero il fallimento del liberismo e della globalizzazione assieme a tutti i suoi presupposti teorici, alle sue pratiche e alle sue non regole di mercato, mentre mantenendo il tutto sul piano della narrazione e contro narrazione la radice degli eventi può essere tenuta fuori dalla discussione. Ovvero si mantiene fuori dal ragionamento il suo fulcro e si conserva in vita il teatrino di logiche politiche che ormai hanno poco senso dacché si sono perdute le differenze ideologiche: il potere reale ormai in mano al complesso economico finanziario impone la stessa canzone e poco importa che essa sia suonata col sax della Clinton o l’organo di Trump, il violoncello di Holland o lo scacciapensieri di Renzi.

Infatti mantenendo il discorso su questo piano la vittoria di Trump, quella del Brexit, la fuoriuscita di Bulgaria e Moldavia dal sortilegio dell’europeismo oligarchico, i turbamenti elettorali negli altri Paesi europei, non trovano spiegazione plausibile e sono letteralmente l’ “impensabile” perché è impensabile dire che il sistema che doveva mettere fine alla storia si è rivelato esso steso perdente rispetto alla civiltà.  Per questo nascondere sotto un velo di idealità e di posizioni politiche presunte azioni che vanno in direzione esattamente contraria può ingannare per un po’, ma alla fine diventa persino controproducente, lasciando spazio a chi quantomeno non recita il rosario dell’ipocrisia.  Certo quel po’ dura anni, è stato nascosto dietro il trionfalismo, il consumo disperato e a credito che poi ha causato la crisi. Quando nel 2003  Greenspan, più volte riconfermato da Clinton a capo della Federal Reserve affermò nel 2003 che i successi dell’economia trovavano origine nella “crescente insicurezza dei lavoratori”, ha trovato grandi applausi e anzi proprio sulla base di questo grande traguardo Veltroni mise definitivamente in cantina la lotta di classe e sostenne che ai lavoratori dipendenti doveva essere chiesta flessibilità per tutta la durata della loro vita perché questa è una delle condizioni dettate dalla concorrenza, dalla nuova divisione internazionale del lavoro e dalle trasformazioni dei processi produttivi. Per la verità – lo dico per spiegare anche le piccole impensabilità italiane – Grillo si chiese se Greenspan fosse un uomo, rimproverato per questa sua rozzezza  da tutta la sedicente intelligentia “responsabile” e padronale.

In realtà però le cose andavano male da molti anni e in Usa, nel 2007, ovvero al culmine dell’orgia liberista, il potere d’acquisto dei salari era ritornato a quello degli anni ’60. Poi la crisi e il tentativo di nascondere la drammatica caduta della qualità e della sicurezza del lavoro con le statistiche, tutta la politica puramente figurativa sull’ambiente che negli States ha dato il via alla devastazione del fracking e da noi alle sospette ricerche di qualche goccia di oro nero mettendo i mari a rischio. Per non parlare delle guerre e dei massacri, delle ignominie ucraine.  Insomma , man mano la narrazione si è talmente distaccata dalla vita vera da provocare un rifiuto, il che naturalmente porta ad abbandonarsi agli istinto come criteri del vero. Ma è molto difficile contrastare tutto questo dall’alto di pervicaci bugie.

Sotto Renzi l’Italia è stato costantemente il fanalino di coda in Europa, sia pure nella tenue statistica delle riprese immaginarie, le tasse sono aumentate così come la corruzione e il debito pubblico e lo spread, le pensioni sono state ancor più devastate e la sanità pubblica è in coma, la precarietà legalizzata dal job act è alle stelle, mentre si spende e si spande per grandi opere inutili o si fingono conflitti fasulli con l’Europa per simulare l’esistenza di un governo che non sia quello delle banche. Si sta peggio di prima e per giunta viene proposta una manipolazione costituzionale ed elettorale per stabilizzare il pinocchio di Rignano e la sua corte dei miracoli. E’ evidente che la narrazione del nuovo e del successo non fa più presa, ma non si tratta affatto di un problema di comunicazione, come si comincia a dire per precostituirsi un alibi, si tratta invece di vita vera, si tratta di un sistema che sta cominciando ad implodere.