Proprio questa rabbia di fondo in via di accumulazione rappresentava il grande nemico delle onnipotenti oligarchie finanziarie che hanno appoggiato la Clinton, candidato per la verità debolissimo come era chiaro a tutti, soprattutto perché alla primarie facesse fuori Sanders: le statistiche possono matematizzare le menzogne, ma non cambiare la vita delle persone e così nella narrazione di una ripresa inesistente sarebbe stato possibile che potesse spuntarla persino un candidato dichiaratosi – oh my God – socialista come Sanders, praticamente l’unico in tutta la storia americana. Evitare questo disastro per una pletora di poteri grigi che sotto Obama avevano preso definitivamente il sopravvento era l’obiettivo principale. Meglio ancora, se la fidata Clinton, parte attiva di questi clan di sottogoverno, fosse riuscita a insediarsi alla Casa Bianca , nonostante la gigantesca montagna di scheletri nell’armadio e lo scarso appeal, senza costringere a una disperata campagna lobbistica per coinvolgere l’antagonista che in questo caso non faceva parte delle dinastie regnanti della politica americana. E di certo Wall Street assieme a tutta la rete di potere che rappresenta, non si è risparmiata, compresi anche i sondaggi martellanti, ma clamorosamente falsi che ormai sono parte integrante della degenerazione democratica.
Per certi versi non c’è dubbio che Trump sia una risposta assolutamente sbagliata se non antitetica al declino democratico occidentale, ma per altri versi, per il significato profondo del voto che in qualche modo ha tratti antisistema, si carica di un impatto che se sfruttato finirà per mettere in crisi le dinamiche messe in campo dai poteri elitari, che in due decenni hanno fatto strage di diritti, di pace, di lavoro oltre che di economia reale con impensabile facilità. E’ un segnale che l’opinione pubblica non può essere totalmente condizionata, che alla fine può reagire in qualche modo, anzi la circostanza che si sia costretti ad aggrapparsi a un personaggio dai tratti clowneschi pur di rifiutare l’establishment, rende esplicito il livello esplosivo a cui giunto il malcontento dopo le promesse tradite e gli illusionismi di Obama. Basta concentrarsi non sul personaggio Trump, che in realtà più che vincente è stato il testimonial del rifiuto della Clinton e della sua galassia di potere, ma sul contesto delle elezioni per vedere la possibilità di fare argine contro lo scasso di ogni conquista di civiltà, contro i trattati concepiti dalle banche, contro i “consigli” costituzionali suggeriti dai centri finanziari e prontamente attuati dai burattini del potere.
Di certo quella del miliardario è la scelta meno pericolosa per questa parte dell’Atlantico che proprio Hillary in prima persona ha devastato con le sue guerre, la sua creazione di terrorismo, la sua ossessione antirussa e il pervicace, convinto, incondizionato appoggio alle politiche reazionarie sviluppatesi ovunque. Altro che la candidata moderata e progressista che il media mainstream hanno voluto ad ogni costo dipingere cercando di soffocare ciò che veniva fuori dal vaso di Pandora delle mail. Ma questo è il meno, la figuraccia della Clinton appoggiata da tutto il sistema mediatico e oligarchico, significa che si può dire No, che si può resistere, ancor meglio se in qualche caso specifico è un clown a suggerire il si. E’ più che evidente, a volte anche esplicito, che le preoccupazioni riguardo alla vittoria di Trump si indirizzano in apparenza sul’imprevedibilità del personaggio, ma nella realtà consistono tutte o quasi nella possibilità di un effetto domino che rilegittimi l’opposizione a ciò che vanno facendo governo e ceti politici subalterni e induca a qualche passo indietro. Tutto sta a indirizzare questo riscatto in maniera meno occasionale, meno da ultima spiaggia populista rispetto al trumpismo che è un prodotto del sistema politico americano, cosa assai più facile in Europa dove fra i sargassi della demagogia di ogni genere, galleggia ancora un residuo di cultura politica. E’ un segnale, tutto sta a coglierlo.