Anna Lombroso per il Simplicissimus

Si è saputo, grazie al Fatto Quotidiano, che alla scarna ma toccante cerimonia per il Si di Piazza del Popolo – che ha avuto il merito di conquistare alla compagine promotrice il consenso irrinunciabile di Cuperlo chi?, il Pd ha fatto convergere, nella location della convention,  4 voli charter, due provenienti dalla Sicilia e due dalla Sardegna, carichi di riottosi militanti, mobilitati per la celere gita premio dalla mattina alla sera nella capitale.

L’operazione di proselitismo che non sappiamo se ricorda di più i pellegrinaggi in luoghi di culto della Propaganda Fide, le  scampagnate con annessa vendita di pentole o i picnic con panino al sacco e mancetta del Cavaliere, pare sia costata circa 100 mila euro, e nulla si sa del cestino a disposizione dei gitanti, del gradimento degli escursionisti  conferiti in piazza e se l’evento abbia “meritato il viaggio” secondo la Guida Michelin.

Sappiamo invece che i forzati dell’adunata del Si, provenienti dalla Sicilia, potrebbero essere affetti da una forma insidiosa di masochismo, poco informati sui contenuti  o sulla congruità della riforma costituzionale che sono andati a celebrare.

Oppure hanno semplicemente pensato di godersi, loro sì,  una puntata nella Capitale, a differenza della crème de la crème dei loro consiglieri eletti, ai quali lo statuto dell’Assemblea vieta il cumulo di incarichi in Regione, al  parlamento europeo, alla Camera o al Senato. Così la Sicilia non sarebbe rappresentata nel nuovo e dinamico organismo, e con essa le altre 4 regioni a statuto speciale.

Niente paura però, dice la fata della riforma, quella Finocchiaro che con un colpo di bacchetta magica ha già risolto,  con un provvidenziale emendamento molto gradito dal compagno Verdini,  il nodo della “designazione” dei futuri senatori, tramite la promessa di una legge ordinaria che sarà approvata successivamente. Il sistema va bene così e dovranno essere le incaute regioni, che non hanno saputo essere al passo con il cambiamento epocale, a rivedere le loro leggi istitutive  e i loro statuti con le opportune modifiche. La cui approvazione avrebbe però bisogno  di cinque leggi costituzionali, con  quattro passaggi parlamentari e il parere di ciascuna Regione, in attesa dei quali, ragionevolmente, il nuovo Senato dovrebbe essere sciolto per palese illegittimità: d’altra parte illegittimità in più o in meno,  siamo in linea col passato.

Adesso mi prenderò della bieca sessista, ma a vedere le profetesse e il loro ruolo nella fattura della riforma, mi pare che sia il frutto di una di quelle ricette raffazzonate di casalinghe pasticcione dedite a sofficini e quattro salti in padella, che devono arrangiare un pasto quando il marito porta a casa un ospite inatteso, incapaci perfino di leggersi fino in fondo i consigli del Cucchiaio d’Argento o le istruzioni dettagliate dell’Artusi.

Ma che, ciononostante, magnificano i loro manicaretti. Proprio  come fa la più improbabile delle massaie istituzionali, che, tornata in auge coi suoi vezzosi zinalini, dopo una troppo breve eclissi, sta effettuando il suo giro di propaganda in siti proverbialmente benevoli nei quali è sicura che i suoi piattini avvelenati non vengano rimandati in cucina.  Alla Luiss, università a pagamento dove hanno qualche speranza perfino quelli più scemetti di lei, alla stazione di regime,  in Tv,   nessuno si è ribellato quando ha voluto emulare le virtù   taumaturgiche del Cavaliere quando promise che avrebbe debellato il male del secolo:   oggi, ha avuto l’ardire di dire, non c’è lo stesso diritto per ciascun cittadino, in qualunque regione, di accedere allo stesso tipo di cure in termini, per esempio, di cure per malattie molto gravi come il tumore o di vaccini. Se passa la riforma, invece, avremo il dovere, l’esigenza, che ci sia lo stesso tipo di diritti, quindi di servizi a prescindere dalla regione dove vivono. 

Nessuno in quei luoghi lontani da noi deve averla avvertita che grazie al suo governo e in ossequio a un’ideologia che postula l’opportunità di avere una scadenza come il latte per non pesare sui bilanci della sanità pubblica, cure e assistenza sono diventate elargizioni arbitrarie e discrezionali, al Nord come al Sud, che oggi ci si ammala di più e si muore prima, che si rinuncia a prestazioni necessari e medicinali salvavita, che anche l’ospedale è un privilegio come analisi e accertamenti, tanto che è ormai tradizione  applicare la beneficenza e l’appello al buon cuore a diritti inalienabili e universali come quello alla salute, delegata a grandi eventi mediatici e compassionevoli raccolte fondi.

Non è la prima volta che la pistolera della costituzione le spara grosse su questo plebiscito toccasana, (ne abbiamo scritto molte volte e anche qui: https://ilsimplicissimus2.com/2016/07/18/lultima-della-boschi-la-costituzione-e-terrorista/) che dovrebbe cicatrizzare le ferite aperte di una compagine scombiccherata, confermando la sua permanenza in vita, spargere un gas capace di produrre un dolce oblio in merito alle avventure bancarie di dinastie in vista, e al tempo stesso guarire i malati, contrastare il terrorismo, sanare la voragine dei conti pubblici. Se sappiamo che la Clinton si è formata su Piccole Donne, supponiamo che Boschi abbia avuto come testo di riferimento Robin Hood. Peccato che stesse dalla parte dello Sceriffo di Nottingham.

Chissà se vedremo Maria Elena dei Miracoli camminare sulle acque magari dell’Arno, moltiplicare   i pani e i pesci coi risparmi della politica, quietare la terra, promuovere sviluppo e crescita, rimettere in sesto scuole a rischio e chiese cadenti, abbattere i malefici ostacoli della burocrazia e innalzare il Ponte. Ma c’è un prodigio della sua riforma  che mi auguro: che dia la vista ai ciechi  e che votino No.