Anna Lombroso per il Simplicissimus

“ Libera la bestia che c’è in te”  titola il Populista, quello che si definisce  “Audace, istintivo, fuori controllo”.

Perché finalmente l’orgoglio razzista e la fierezza xenofoba sono legittimati come sentimento di popolo, oltre che dai versacci belluini delle piazze di Salvini, dalla propaganda immonda degli impresari della paura, dall’inazione della politica del laissez faire. E mai come in questo caso la definizione fu calzante:  lasciarli per strada,  lasciarli a “bighellonare”, o lasciarli confinati nei “canili” di legge, lasciarli in balia di malavita e sfruttamento,  lasciare che l’impotenza, l’inadeguatezza e l’irresponsabilità come sistema di governo autorizzino lo scatenarsi degli istinti peggiori, quelli che in altri tempi non si confessavano  e che ora vengono allo scoperto come ultima forma di autodifesa, danno licenza agli abitanti di piccoli comuni di capeggiare una rivolta di poveracci contro i più poveracci di loro, colpevoli di essere come loro in tempi non poi troppo remoti, profughi ambientali, profughi per fame e senza polenta e anguele,  quindi immeritevoli di essere accolti laddove  sarebbero degni di carità pelosa solo gli scampati a bombe prodotte dalla civiltà superiore.

Non stupisce che il braccio di ferro tra rivoltosi e Stato non più sovrano, abbia registrato la vittoria dei barricaderi del Polesine. Perché differenze e disuguaglianze si consumano anche in piazza: c’è rivoltoso e  rivoltoso, c’è sovversivo e sovversivo, c’è antagonismo e antagonismo. Così  mentre si svolge il processo in appello per i disordini e le “violente” manifestazioni di dissenso contro la realizzazione della Tav,  proprio quando si ha notizia di 21 arresti per corruzione e associazione per delinquere del Gotha degli appalti, a conferma che quella opposizione aveva visto giusto su opacità, malaffare, criminalità all’ombra delle grandi opere, i cittadini mobilitati nel rifiuto e nel respingimento di povere criste (alla notizia che una era incinta di otto mesi, un bravo indigeno ha risposto: non me ne frega un cazzo, vada dal prefetto) e qualche ragazzino,  hanno avuto la meglio.

Non stupisce e non stupisce che già oggi cominci un coretto sia pure sommesso, di comprensione e indulgenza per la manifestazione un po’ troppo impetuosa, un po’ troppo veemente, ma non del tutto ingiustificata. E non poteva che essere così, finite di parlare emotività e cattiva coscienza, arriva il momento del realismo, della ragionevolezza e, infine,  della corretta interpretazione degli eventi. Perché l’assoluzione della brava gente di Goro e Gorino assolve chi li governa e ci governa.

Stamattina nei Talkshow che sostituiscono la preghiera laica della lettura dei giornali con il berciare di cottimisti del decoro, con il vociare di chi si para dietro la buona volontà di chi salva in mare, dietro la generosità di Lampedusa o di Riace, per dar corso alla guerra, quella vera e concreta con l’appoggio all’impero e quella solo apparentemente meno cruenta, contro diritti, lavoro, assistenza, cura, istruzione, per gli italiani e per chi arriva, ha già avuto inizio la liturgia dell’indulgenza e dei distinguo, a cominciare da una professoressa di Storia e “esperta d’Africa” che a coronamento di tesi spericolate già espresse in passato sotto la dicitura di “questi sono falsi profughi”, che ha impartito una lezione  sulla meritocrazia dei disperati, che andrebbero suddivisi in opportune gerarchie, dando credito solo al dolore e al rischio di chi può certificare di essersi sottratto con un viaggio spesso mortale alla guerra e ai bombardamenti.

E dando così ragione intanto ai probi abitanti di Goro e Gorino, ai loro slogan: non ce n’è per noi, figurati per loro, alle loro preoccupazione per la minaccia alla miracolosa opportunità offerta da una valorizzazione della zona a scopo turistico (con tutto il rispetto per un paesaggio pregevole e per una cucina di tradizione, è difficile immaginare pellegrinaggi di cinefili a caccia di inquadrature viscontiane a Codigoro, gourmet in viaggi di scoperta nelle geografie delle vongole, a fronte dello stato di abbandono nel quale è stato lasciato perfino il parco e le sue aree protette), effetto dell’occupazione “abusiva” di un ostello.  Poi, a quelli di Capalbio,  sia pure tardivamente,  che in autunno si saranno ritirati dalle loro barricate ideali, pronti a raggiungere altre mete inviolabili e inaccessibili per via della bianca visitatrice che protegge da presenze moleste. E infine ai sindaci, in  testa il “diversamente Renzi”, in veste di primo cittadino  di Firenze, che hanno rivolto un dolente appello a Alfano così concepito:  “sonoa chiederLe cortesemente di sollecitare il Ministero affinché non invii ulteriori richiedenti asilo sul territorio toscano…”. E c’è da star sicuri che con il buon esempio di Ferrara l’accorata richiesta avrà successo, perché è meglio che siano i poveracci a dare accoglienza, a prodigarsi, che siano quelli del Sud che tanto sono abituati a rinunce e miseria, che siano quelli di posti brutti, tristi, avviliti a dividere il niente e l’umiliazione, perché come disse un ministro del governo Monti, i privilegiati soffrono di più per la perdita di beni e sicurezza.

L’avrà vinta altra brava gente che alzerà barricate, che tirerà su reticolati e muri è questa l’opposizione costruttiva che piace, perché contribuisce a quelle emergenze che si trasformano o in repressione o in business, grazie a misure eccezionali, stanziamenti incontrollati e leggi speciali. Perché è meglio che a Gorino si protesti contro gli stranieri che contro chi li lascia senza assistenza: il medico più vicino è a 60 km., è meglio che i pescatori si “difendano” dalla concorrenza dei forestieri invece che dal mare inquinalo, dalle multinazionali del mercato agroalimentare, dai cannoni cerca-petrolio in Adriatico, proclamando come ormai è uso nella grande fabbrica della menzogna, di essere “manager specializzati” del settore ittico che devono difendere la loro professionalità.

Insomma è meglio che una volta che  è stata dichiarata guerra al popolo, il popolo si ammazzi in una salutare lotta che non abbiamo il diritto di chiamare fratricida, se abbiamo cancellato vincoli, affetti, umanità, diventando meno dei lupi che almeno vanno in branco.