Anna Lombroso per il Simplicissimus
Stiamo proprio vivendo il tempo della rinuncia, solo apparentemente ragionevole, stiamo proprio vivendo il tempo dell’abiura, solo apparentemente necessaria.
Qualcuno, Freud, ha detto che “in mancanza della felicità, gli uomini si accontentano di evitare l’infelicità”. Così il vero imperativo morale è accontentarsi, farsi bastare il mediocre, sperando che sia certo, la “sicurezza” intesa come limitazione di libertà, diritti, speranze in cambio della sopravvivenza, del poco garantito. E cancellare dal nostro vocabolario esistenziale le parole con la maiuscola, tutte catalogate nel dizionario della retorica e che sarebbe moderno, giudizioso, progressivo, burlarsi, in quanto mesti e arcaici avanzi del passato, cari a chi ha nell’indole il talento maligno di ostacolare iniziativa sfrenata, dinamico pragmatismo, insomma quel Fare, sì, con la maiuscola, che anima l’azione di regimi che temono Pensiero, Critica, Pace, Memoria e pure il Domani, ambedue considerati eversivi perché agitano concetti e rappresentazioni di Libertà e Speranza aborriti da chi è ripiegato su un presente istantaneo, immediato come uno spot che propaganda l’ora e subito per cancellare Storia e Futuro.
Così quelle che erano le parole delle ideologie, anche quelle criminalizzate tutte – che per carità non suscitino idee e convinzioni naturalmente pericolose, sono uscite dal bagaglio di partiti, movimenti, che avrebbero dovuto testimoniarne ed esprimerle. Proprio oggi, mentre soffiano sempre più impetuosi venti di guerra, in questo Paese impoverito, demoralizzato, umiliato, ci si trova a difendere una carta che di quei principi e di quei valori continua a parlare, attribuendole il senso di un contratto, di un patto sottoscritto in momenti più eroici e ereditata, con una democrazia talmente cancellata e vilipesa, talmente rosa e screditata che forse sarebbe da abbandonare al nemico.
Ma il fatto è che quella sinistra che avrebbe dovuto tutelarla, si è accontentata di pallide imitazioni, di riduzioni progressive, quelle di un riformismo cui bastava addomesticare, ma poco, ma prudentemente, ma apparentemente, un capitalismo sempre più feroce, inafferrabile, bellicoso, avido, grazie a mediocri aggiustamenti negoziati, compromessi mercanteggiati, abdicazioni ineludibili. E ha rinunciato alla stampella ideale cui appoggiare le visioni radiose del futuro, il binocolo con qui guardare a quelle stelle che dovevano indicare il cammino: Uguaglianza, Solidarietà, Libertà, Riscatto, Pace, insomma all’Utopia.
Anche su quelle parole c’è un soggetto che ha esercitato un potere sostitutivo: la Chiesa, acquisendo autorevolezza anche presso agnostici e infedeli, pronti a offrire un riconoscimento ufficiale che va ben oltre quello legato a principi ispiratori e largamente traditi di amore e fratellanza, attribuendole un ruolo laico e temporale grazie a una delega improntata all’impotenza e alla negazione del proprio mandato e della mitopoiesi che ne dovrebbe derivare, quella meta evolutiva, perfino irraggiungibile ma entusiasmante e unificante, che sa immaginare affrancamento dallo sfruttamento, giustizia, amicizia,
Così capita di scoprire in rete che è stato un padre stimmatino a promuovere una grande kermesse sull’Utopia, in corso proprio ora: la prima “Conferenza nazionale sull’Utopia”, ospitata nel monastero di Sezano con laboratori, proclamazione di dottori honoris causa in utopia, esperienze di impossibili resi possibili, compresa di una cena utopica, necessaria concessione non si sa se all’egemonia intellettuale dei nuovi sacerdoti dell’escatologia culinaria, o invece alla semplice constatazione che il cibo per milioni di uomini è esso stesso una chimera.
Leggo da uno degli organizzatori: «… occorre rendere possibili altri scenari dove l’umanità e gli esseri possano semplicemente vivere gli uni assieme agli altri e gli uni per gli altri…. la realizzazione di una umanità che non toglie a nessuno i beni necessari alla vita per destinarli alle logiche del mercato. Si tratta di un altro modo di vivere più rispettoso di tutto e di tutti, in armonia con tutto ciò che abita e si muove nella “casa comune”».
Dobbiamo subire il peso di una colpa collettiva, se in troppi si sono piegati a farsi contenere dentro a una distopia, quella del realismo che sconfina nella realpolitik, quella di chi condanna la ricerca di una alternativa come fosse un trastullarsi infantile e velleitario che nulla può contro la potenza teocratica del capitale, cui è meglio dichiarare la resa, accomodandosi dentro ai suoi “stili di vita”, lasciandoli intoccati e addirittura partecipandovi, costringendo il proprio immaginario di un altro mondo possibile, dentro alla gabbia delle aspirazioni a raggiungere obiettivi minimi, personali, ridotti al contrasto dell’infelicità e della paura.
Nemmeno quello si è raggiunto, di giorno in giorno crescono le minacce e aumentano i timori, quelli autentici e quelli alimentati per toglierci tutto nella speranza di mantenere almeno la nuda vita. Dobbiamo essere diventati davvero e inguaribilmente poveri se non sappiamo toglierci il peso delle pietre con le quali ci fanno costruire le loro piramidi, per alzare la testa dal fango delle nuove trincee e guardare su.
“Lombroso : qualcuno, Freud, ha detto che “in mancanza della felicità, gli uomini si accontentano di evitare l’infelicità”. Ecco gli ometti grigi.”
Senza malevolenza… a qualcuno basta lagnarsi che esisto gli ometti grigi , ovviamente diversi dal proprio ego, magari un po’ lagnone.
« Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fin tanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. »
Mahatma Gandhi
Ah.. per tutti i sedicenti aspiranti rivoluzionari o simili… Gandhi ERA un rivoluzionario.
Sono d’accordo.
Non mi riferivo all’eroismo del rivoluzionario. E nemmeno a qualcosa di superomistico
Ma alla capacità, o meglio all’avere la possibilità, di vivere fuori da vincoli del capitale, Essi riducono la gente a popolo bue. purtroppo il più delle volte contento per il solo fatto di riuscire a sbarcare il lunario, il pensiero unico di cui mi pare che qui nessuno sia sostenitore.
Non intendo niente di elitario. Ma se già sbarcare il lunario inpegna tutti gli sforzi e le energie, allora per dire una, tradiamo il motto di dante : fatti non foste a viver come bruti etc. Per non dire che non ci accorgiamo nemmeno di ciò che si svolge sopra le nostre teste. Ci appiattiamo sulla riproduzione senza fine di questo schifo (il capitale).
Tutto quà
“Stiamo proprio vivendo il tempo della rinuncia, solo apparentemente ragionevole, stiamo proprio vivendo il tempo dell’abiura, solo apparentemente necessaria.”
Stiamo vivendo, direi, il tempo di una nuova dittatura. E quello che ci succederà è contenuto nelle parole di Eugen Șerbănescu, attuale console romeno di Bologna e noto scrittore e drammaturgo del suo paese, che commentando il suo più recente lavoro teatrale e ricordando i tempi della sottomissione all’URSS, scrive (mia traduzione): “Ma milioni di persone… hanno subito la dominazione sovietica e questa cosa non si può cancellare bruscamente con un colpo di bacchetta magica. La dittatura non poteva esistere senza la partecipazione del popolo e noi siamo stati obbligati a farci piacere quello che non ci piaceva. La trasformazione dell’umiliazione in piacere ci ha permesso di sopravvivere in quei tempi difficili dei paesi dell’Est”
Citazione dal settimanale Gazeta Românească del 7 ottobre 2016, pagina 13.
beh, mi sento di diffidare un poco di chi parla a nome di milioni di persone….
neanche il grande fratello…
Veramente è un fatto storico, non un parere. Si può pensare che il comunismo sia stato positivo per romeni, cechi, slovacchi, ungheresi ecc. ma una cosa è sicura: che queste ex-nazioni indipendenti erano sfruttate come limoni dall’Unione Sovietica. Settimane fa sulla stessa rivista che ho citato sopra è comparso un articolo incredibile: la Romania ha ancora da riscuotere da Cuba un credito colossale che risale a molti decenni fa per forniture di impianti e macchinari industriali che l’URSS obbligava la Romania a fornire a Cuba con pagamenti a babbo morto. Questo tipo di “spremiture” si hanno anche da noi quando siamo obbligati a partecipare a “missioni di pace” dagli americani per fare le loro guerre e, beninteso, pagando noi tutti i relativi costi (anche in vite umane) per l’onore di poter partecipare anche noi ai fasti dell’impero USA.
In una prima fase l’urss , 20 milioni di morti in guerra e distruzioni immani, considerava certi paesi come aggressori sconfitti (soprattutto DDR). Da qui la spremitura che tu dici.
Successivamente, l’ urss a questi stessi paesi ha fornito energia e materie prime a prezzi risibili.
Comunque, ho più volte definito il blocco dell’est come sistema del capitalismo gestito dallo stato. Con tutte le distorsioni, a volte criminali, del capitalismo. Ma anche con la capacità di modernizzare paesi ancora feudali
Ad ogni modo, mi riferivo alla valutazione soggettiva che il drammaturgo attribuiva a milioni di persone
”
Ma milioni di persone… hanno subito la dominazione sovietica e questa cosa non si può cancellare bruscamente con un colpo di bacchetta magica. La dittatura non poteva esistere senza la partecipazione del popolo e noi siamo stati obbligati a farci piacere quello che non ci piaceva. La trasformazione dell’umiliazione in piacere ci ha permesso di sopravvivere in quei tempi difficili dei paesi dell’Est”
Condivido. La tendenza è quella che ci porta a diventare sempre più ometti grigi ed indifferentii, già paghi della semplice riproduzione dell’esistente, in pratica completamente sussunti nel processo del capitale
Tocca quindi che sia la chiesa, per la sua storia millenaria comunquei resiliente ad ogni sussunzione, a ricordarci che esiste la trascendenza, e perfino nella città dell’uomo.
Sono osservazioni che dicono molto sui tempi che ci troviamo a vivere, e che mi inducono a postare di nuovo un commento pregresso ( prometto di non rifarlo mai più), nella sua prima versione era mutilato per errore
Esiste un medium, che collega i fatti che si danno intorno a noi, e che unifica tali fenomeni, i quali collegati in simile unità diventano comprensibili, non più fenomeni caleidoscopici ed incomprensibili.
L’unificazione dei fenomeni fa sì che l’essenza dei fenomeni siano i fenomeni stessi, non cose in sè distinte dai fenomeni, o essenze metafisiche dell’apparenza, o COMPLOTTI di ciò che appare alla luce del sole
Il medium che tutto unifica è il valore in processo, ovvero la valorizzazione del valore.
Tutto è merce, cioè valore di scambio, e lo sono la politica, il giornalismo, tutto ciò di cui parliamo. Ma una merce, ovvero un valore di scambio, deve avere anche un valore d’uso, se no nessuno la comprerebbe. Ecco perchè i dolciumi industriali cancerogeni sono dolci, i suv che rovinano la mobilità sono color canna di fucile, senza questi piacevoli (?) valori d’uso chi li comprerebbe?
Anche chi lavora è merce, gli si paga il valore minimo dati i repporti di potere, ovvero il valore di scambio, la sussistenza : è’ come il prezzo di una merce che si ribassa per la concorrenza
Le ore di lavoro svolte oltre quelle corrispondenti alla sussistenza sono prese a gratis
La tecnica abbassa il tempo di lavoro necessario al paniere della sussistenza,e cresce quello preso a gratis, a mezzo Jobs Act, precarietà etc
Le merci relative al tempo di lavoro non pagato, prese a gratis a chi le produce, sono percepite dal capitalista come un valore di scambio che quindi è a gratis. Esse sono poi rivendute e danno il profitto come sfruttamento.
Come quando uno compra un suv, paga le ore di lavoro necessarie a costruirlo, il suo valore di scambio. Quando lo stesso imbecille passa ore ed ore a rimirare il bel colore bronzuto canna di fucile, si prende il valore d’uso, la presunta bellezza, che quindi è a gratis
Il valore opera questa continua metamorfosi, valore d’uso, valore di scambio, ed a seguire, ma ogni volta il valore di scambio si è accresciuto al valore d’uso, si è valorizzato.
Noi poveri allocchi guardiamo al valore d’uso delle cose, la politica, il giornalismo, ma sono momenti della metamorfosi del valore, ovvero valore d’uso o specchietto per le allodole, La società attuale fa del valore di scambio il prius, e quando intravvediamo ciò ci meravigliamo (tutto è compravendita). E perchè mai meravigliarsi ?
Bisognerebbe invertire il rapporto tra le forme del valore, quello di scambio attinge al valore d’uso e diventa profitto. Investito nella tecnica diventa cio che non si può valorizzare dati i tempi ristretti del ciclo, la concorrenza impone investimenti nuovi prima che tutto il valore d’uso si inverta in quello di scambio,ed è la crisi della valorizzazione ovvero disoccupazione poverta etc.
Siamo tutti vittima di questa inversione prospettica ci illudiamo che esistano le buone cose di una volta, e poi siamo delusi quando le vediamo collegate dal processo del valore, ci scandalizziamo perchè la politica, il giornalismo, tutto è solo merce.
Il medium del valore, che tutto traversa e unifica, si riflette nella nostra mente, determina la nostra soggettività, è con esso che rapportiamo e giudichiamo ogni cosa.
Perciò siamo feticisti del valore a ci sembra cosi difficile produrre per i bisogni, ovvero fuori dalle metamorfosi del valore. Il feticismo del valore è disumanizzante, perciò nessuno guarda in faccia a nessuno e si diffondono sempre più le patologie mentali.
Lombroso : qualcuno, Freud, ha detto che “in mancanza della felicità, gli uomini si accontentano di evitare l’infelicità”. Ecco gli ometti grigi.
errata corrige:
Anche chi lavora è merce, gli si paga il valore minimo dati i repporti di potere, ovvero il valore di scambio, la sussistenza : è’ come il prezzo di una merce che si ribassa per la concorrenza
Le ore di lavoro svolte oltre quelle corrispondenti alla sussistenza sono prese a gratis
La tecnica abbassa il tempo di lavoro necessario al paniere della sussistenza,e cresce quello preso a gratis, a mezzo Jobs Act, precarietà etc
Le merci relative al tempo di lavoro non pagato, prese a gratis a chi le produce, sono percepite dal capitalista come un valore D’ USO che quindi è a gratis. Esse sono poi rivendute e danno il profitto come sfruttamento.
Come quando uno compra un suv, paga le ore di lavoro necessarie a costruirlo, il suo valore di scambio. Quando lo stesso imbecille passa ore ed ore a rimirare il bel colore bronzuto canna di fucile, si prende il valore d’uso, la presunta bellezza, che quindi è a gratis
Solo il capitale converte le ore di lavoro prese a gratis, per esso valore d’uso, nuovamente in valore di scambio accrescendo così il capitale ( il suo inganno), non potremmo noi con i valori d’uso di nostra pertinenza (dolce o colore guerresco)
P:S: ma perchè non date la possibilita di modificare o cancellare il messaggio, basta una parola esi stravolgetutto