Le elezioni a Berlino, certo di gran lunga più importanti rispetto a quelle del Land rurale di Meclemburgo, lanciano segnali ulteriori e mostrano un panorama più complesso rispetto a quello semplicistico e grossolano che attribuisce il declino della Merkel e l’ascesa di Afd al problema immigrazione. In questo caso la Cdu è crollata al 17,6% perdendo quasi 6 punti, i socialdemocratici hanno subito una durissima batosta prendendo appena il 21,6% con un quasi -7, mentre l’Afd che si presentava per la prima volta è arrivata al 14% . Però sorpresa: i Verdi hanno tenuto e la Linke, ovvero il partito più a sinistra ha avuto una crescita del 4% e con il 15,6 ha quasi appaiato il partito della Merkel le cui perdite sono riferibili direttamente alla crescita del 6% dei liberali ovvero l’unico dato sul quale probabilmente ha influito in via diretta la questione migratoria. Certo di questa vittoria a sinistra non se ne parlerà nei grandi giornali e nelle paludate televisioni delle mezzecalzette messe a fare i talk. Le primissime analisi dei flussi ci dicono che l’Afd ha pescato pochissimo tra i partiti più grossi, ma ha praticamente sbancato i Pirati che hanno perso il 7,2 per cento e le liste civiche minori anch’esse in calo. Il resto è del tutto marginale.
Dunque la situazione è molto più complessa, la vicenda dei rifugiati, ampiamente sfruttata con vicende ancora enigmatiche come la famosa notte di Colonia, ha fatto da detonatore a un malumore elettorale molto più generale che si esprime chiaramente nello strabismo di un voto che va sia verso posizioni di sinistra, peraltro molto critiche sulla moneta unica, vedi Lafontaine, che verso quelle accreditate di xenofobia e di aperto antieurismo. Non a caso la conferma del declino della Merkel, ma soprattutto della Cdu, fra i principali autori, oltre ai socialdemocratici, di questa triste Europa, trova anche da noi un coro di stizzosi imbecilli, vedi Giovanardi, punta di diamante del quoziente zero, che annunciano la fine del mondo e la guerra se per caso la cancelliera dovesse cadere. Perché è chiaro, al di là della pugnalata inferta al guappo e alle sue illusioni di flessibilità, che questo sarebbe un colpo formidabile a un intero progetto politico, quello della crescita oligarchica e riduzione di democrazia tramite euro ed austerità, due inseparabili facce della stessa moneta.
La complessità della situazione è denunciata visivamente dalla cartina del voto nei singoli quartieri :
Come si può vedere la Cdu (in nero) prevale nelle estreme periferie residenziali con laghetti e ville, della vecchia Berlino Ovest, i socialdemocratici (in rosso) vincono nella semiperiferia, i verdi (in verde ovviamente) nel centro storico, mentre la Linke (amaranto) e l’Afd (azzurro) sono concentrati nella parte est della città ovvero quella ex comunista e pescano in un elettorato abbastanza omogeneo, anche se Alternativa per la Germania prevale fra le nuove rarefatte lottizzazioni più popolari all’estremo limite di questa città stato dalla superficie enorme (il comune copre un ‘area 9 volte quella di Parigi). Certo se al di là del muro, dopo quasi vent’anni si vota ancora a sinistra significa non ce l’hanno raccontata proprio giusta, ma insomma tornando all’oggi è evidente che le aree di sofferenza e insofferenza verso la situazione attuale si esprimono ancora in maniera politicamente liquida, come se non riuscissero a trovare un chiaro polo di aggregazione e costituissero un rovesciamento dialettico ponendosi come sintesi che produce una tesi e un’antitesi.
Ma comunque è qualcosa su cui riflettere anche in Italia e dovunque in un Europa sottoposta a una matrioska di poteri che passa dalla finanza dittatoriale, al mercatismo tedesco per finire last but not least, alla Nato e agli Usa. Non è mai troppo tardi.
Il risultato di Berlino è scontato. Il crollo del partito della Merkel è stato da lei voluto visto che solo una completa idiota, e lei non lo è affatto, avrebbe potuto passare da una posizione equilibrata sulle migrazioni bibliche alla loro entusiastica promozione pensando di poter mantenere inalterato il consenso del suo elettorato. La Merkel ha evidentemente dovuto seguire una strategia che non è la sua ma del direttorio sovranazionale che sovrintende alle vicende europee (e non solo europee) e che da alcuni anni ha deciso che le migrazioni bibliche s’hanno da fare e che i politici devono imparare a fare gli orsi ballerini che scendono dal piedestallo quando glielo ordina il personale circense che li ammaestra. Cosa che loro puntualmente fanno, che si tratti di Monti, Letta, Cameron, Farage o di tanti altri politici europei che abbandonano le loro posizioni altolocate inspiegabilmente e , spesso, nel pieno del loro successo.
Non si vede quindi che necessità vi sia di cantar vittoria, la Merkel fa quello che le è stato ordinato di fare sapendo benissimo a quali conseguenze si espone e i risultati elettorali, lungi dal rappresentare degli schiaffi, sono la rassicurante certezza che il direttorio a cui obbedisce merita davvero di essere seguito ciecamente perché riesce sempre a raggiungere gli scopi che si prefigge nei tempi che si prefigge. Quanto alla resurrezione della sinistra, basta pensare che la sinistra, in politica, è europeista, quindi non può che darci, casomai, Merkel al quadrato. Gli antieuropeisti non esistono, ma tanti fanno finta di esserlo e trovano un sacco di gente disposta a crederli o a illudersi. Oltre a ciò, come non notare che la situazione di Berlino è unica in Germania proprio per la presenza di una fetta rilevante di tedeschi dell’est cui solo le generose elargizioni fatte al tempo della riunificazione hanno impedito che diventassero americanisti e atlantisti convinti come è stato il caso di tutti i paesi della Cortina di Ferro e della Finlandia (che fa finta di non essere nella NATO ma poi partecipa a tutte le sue esercitazioni e vertici).
Dal punto di vista elettorale, però, la notizia del giorno avrebbe dovuto essere la schiacciante affermazione del partito di Putin che ha praticamente conquistato i tre quarti dei seggi in palio nelle elezioni nazionali di ieri. Peccato che il Corriere nella pagina iniziale del suo sito web neanche ne parli, la Repubblica releghi la notizia in fondo in fondo in un quadratino web mentre il colmo è raggiunto dallo Spiegel che, come posso documentare avendone fatto un ritaglio schermo, ancora alle 10.59 di stamane titolava “Die Partei Einiges Russland von Premier Medwedew bleibt staerkste Kraft in der Duma, verliert aber gegenueber der Wahl von 2011 an Zustimmung…” ossia “Il Partito Russia Unita del premier Medwedew rimane la forza più importante nella Duma, ma rispetto alle elezioni del 2011 perde consensi…” Esattamente il contrario della verità!