12Non mi ero stupito più di tanto dell’improvvida uscita dell’ambasciatore americano disceso in difesa del sì al referendum costituzionale che se non passasse – ha pomposamente detto –  rischierebbe di disseccare gli investimenti americani che per la verità hanno già comprato il comprabile e adesso sono all’assalto del residuo settore alimentare. Insomma interferenza palese e indebita aggravata dal ricatto, ma la cosa appunto non sorprende: com’è noto gli ambasciatori americani non hanno né carriere, né competenze diplomatiche e talvolta nemmeno una formazione politica che vada oltre  i grossolani concetti che essa contempla al di là dell’atlantico. Di solito sono uomini d’affari che comprano in qualche modo la carica, lobbisti, finanziatori  del presidente, uomini cui dare un osso da spolpare o da togliersi di torno, tanto le ambasciate servono solo per ospitarvi i servizi di spionaggio. Quindi non c’ è affatto da stupirsi se queste proiezioni dell’imposizione imperiale non sappiano avere il necessario guanto di velluto e si comportino come aiutanti dello sceriffo. La natura non si può camuffare a lungo.

Nel caso specifico la scelta fatta da  Obama,  tanto per cambiare , è stata particolarmente infelice rappresentando di fatto un conflitto di interessi: l’ambasciatore John Phillips è un avvocato noto per aver recuperato al fisco americano le briciole delle evasioni di qualche multinazionale e opera con il suo studio, Phillips & Cohen anche a Londra  per cercare di recuperare qualcosa ai governo britannico e irlandese dentro un meccanismo in cui questi due Paesi giocano da porto franco per le multinazionali americane che ogni anno sottraggono miliardi di euro in tasse all’Europa continentale e in Italia una cifra che da sola permetterebbe in qualche anno una vera ricostruzione nelle zone terremotate. L’obolo che potrebbe strappare per Londra e Dublino è in realtà nient’altro che la mancia per un furto colossale nel Paese nel quale è ambasciatore. E dove, anche senza la riforma ha investito comprandosi un albergo di lusso in Toscana, vicino Siena.

Ma ecco che il complesso mediatico legato agli Usa sia tramite il governicchio italiano di Arlecchino Renzi,  sia per via diretta, scende in difesa dell’ambasciatore rendendosi conto che l’avvocato Phillips non è il Perry Mason dell’ambasceria e ha fatto una stecca clamorosa tanto da richiedere persino un twitter orale alla sagoma di cartone di solito parcheggiata al Quirinale, ma qualche volta prestata a musei esteri. Meno di 24 ore dalla gaffe imperiale è subito arrivata via mail l’arringa difensiva di Limes, la rivista di geopolitica  che non conosce confini se si tratta di mettersi al servizio di Washington. Ebbene, non avevamo capito nulla: “le dichiarazioni dell’ambasciatore americano in Italia segnalano l’attuale approccio della superpotenza al fronte europeo e prescindono dalla riforma costituzionale voluta dal premier Renzi”. Quindi italiani non vi irritate, non incazzate al punto da votare no perché in realtà sua eccellenza Phillips, non voleva parlare del referendum, ma di ben altro: “Roma intrattiene da sempre un complesso rapporto con Mosca, per ragioni economiche e culturali, e in questa fase pare vivere con sofferenza la linea oltranzista imposta da Washington. La possibilità che un eventuale governo targato 5Stelle possa (parzialmente) rinnegare la vocazione atlantista e annullare col proprio veto il regime sanzionatorio applicato in questi anni alla Federazione Russa costituisce uno scenario da scongiurare”. Da scongiurare nello stivale per evitare che questo possa accadere anche in Germania.

Così per aggirare la gaffe, anzi il pugno in faccia a milioni di Italiani, Limes ci dice molto di più, che non si tratta solo di referendum, ma di tutta la politica, che bisogna tenersi il governo del fedele guappo di Rignano che sta mandando a picco il Paese in mezzo alle balle quotidiane che racconta, che bisogna tenere fuori dalla porta l’opposizione, qualsiasi opposizione, perché non abbastanza affidabili per gli interessi americani e per la guerra a Mosca. Che insomma il referendum e la collegata riforma elettorale sono necessarie per tenere sotto controllo l’Italia. E questo viene detto con aria di quasi discolpa: voleva fare una strage di democrazia e di sovranità, ma ha colpito solo un referendum, assolvetelo. Non c’è dubbio a questo punto che abbiamo un debito di gratitudine alla rozzezza dell’avvocato milionario Phillips, donatore di 500 mila dollari a Obama, marito di una pasionaria del medesimo, una volta di cognome Filippi, ma infelicemente ed elettrodomesticamente cambiato per orrore delle proprie origini o chissà magari per tagliare i ponti con ascendenti mafiosi poco fortunati nella “guerra del proibizionismo”. Se non altro ha  chiarito le idee a chi ancora si stesse illudendo che il pasticcio costituzionale ed elettorale di bimbominchia Renzi sia solo farina del suo sacco e dei consiglieri di Publitalia: i diritti di autore gli competono solo per la cialtroneria e l’incompetenza, ma il cuore pulsante viene da altrove.

In sostanza quello che emerge è che il governo Renzi e gli altri eventuali affidati a gente agli amerikani del Pd e compagnia cantante, è una sorta di Ttip italiano, ossia una garanzia che nessuna legge in favore del lavoro, della sanità, delle tutele, delle persone o dell’ambiente interverrà a  mettere in pericolo i profitti delle multinazionali o dellp zio Sam. Il resto la Russia e quant’altro sono argomento del tutto marginali visto il peso pressoché impercettibile dell’Italia e divenuto piuma  al vento da Monti in poi. Che poi gli imprenditori italiani possano essere messi in crisi dalla guerra contro Mosca tanto meglio, così vengono pappati con due soldi.