Building-a-Social-NetworkIeri ho parlato di Zuckerberg, della sua falsa donazione per i terremotati dell’Italia centrale consistente in un coupon di 500 mila euro per pubblicità su Facebook, oggi mi soffermerò di più sulla sua creatura  (in realtà rapita in culla ad altri) che in tantissimi usiamo tutti i giorni, partendo da uno spiacevole ed enigmatico episodio che ha visto il social network bloccare per una settimana la pagina del canale televisivo iraniano in lingua spagnola, HispanTV, perché l’emittente televisiva che serve le moltissime persone di origine ispanica che lavorano in Iran, ha osato mettere in pagina spezzoni di un video, Detras de la razon, che riguarda la condizione delle donne in Arabia Saudita.

Certo ci sono cose più importanti di cui parlare oggi tra cui il golpe “democratico” in Brasile, ma ho scelto questo argomento perché probabilmente tutto ciò che è accaduto negli ultimi cinque o sei anni è stato favorito, anzi reso possibile dai social network e dai sistemi informatici globalizzati che fanno tutti capo in Usa, che sono retti sulla base delle sue leggi  e che hanno regole fatte apposta per permettere ogni abuso, pur in assenza di responsabili visibili, accertati e resi noti agli utenti. In realtà Fb come Google+, Twitter, You Tube parlo dei più importanti, hanno una natura ambigua, una natura bifronte perché potrebbero e dovrebbero mettere in contatto le persone, ma secondo una tonnellata di studi specifici, favoriscono l’isolamento; potrebbero e dovrebbero essere un mezzo di espressione, ma in realtà creano un gregge, anzi una mandria che può essere condotta e diretta facilmente da pochi cani da guardia, influencer noti, altri meno noti che nascondono la loro vera natura dietro le spoglie di un’apparente libertà, inserzionisti veri o fasulli, persuasori e manipolatori che basano la loro azione sull’istinto gregario, sulla ricompensa dei like che del resto sono in compravendita, insomma sui livelli comportamentali più basici che fanno assomigliare i movimenti sui social network a quelli degli stormi di uccelli o mandrie di renne. Non sono solo immagini è il risultato di altre tonnellate di ricerche che fanno dei social network un campo di ricerca etologica più che etnologica.

Così è facile non tanto il controllo di un’informazione specifica cosa che del resto viene anche buono quando si devono lanciare campagne di irrazionalità assoluta sulla base di notizie create e video fabbricati,  quanto quello di diffondere sentiment generalizzati, siano essi la paura, la nascita e l’ascesa di personaggi una volta improponibili, ideologie per il suicidio di classe, mentalità contemporanee, linguaggi, l’appoggio a nemici del popolo che magari si nascondono sotto le spoglie della sinistra, la moltiplicazioni dei cani e dei porci, se mi è consentito dire, per far credere che piccole minoranze rappresentino la maggioranza  dentro un meccanismo auto avverante almeno per un po’ (vedi caso Ucraina). Per carità niente di nuovo sotto il sole, ma i social network hanno reso possibile in tempi brevissimi ciò che una volta si poteva realizzare in anni o attraverso colpi di stato dichiarati o era semplicemente irrealizzabile.

Voglio essere chiaro: entrambe le due nature dei social network sono reali e coesistono, quella di mettere in contatto e isolare, quello di permettere la diffusione delle idee e quella di controllarle e indirizzarle, ma il lato oscuro rischia man mano di essere prevalente a causa del dis -orientamento di cui questi sistemi soffrono, ovvero quello di essere globalizzati e allo stesso tempo di essere fondati su una cultura e su un ambiente specifici che impongono un certo tipo di rapporto e di interazione pretendendo che tutti vi si adeguino e lo adottino. Ogni manipolazione è possibile a partire da questo piano che tra l’altro esige un’unica lingua e i valori, la mentalità che essa esprime oltre a un concetto di social network basato sui contatti individuali, dal momento che la società è vista solo come interazioni di individui. Mi sono chiesto spesso perché non siano nati social network localizzati, riguardanti un Paese o alcuni essi di essi, perché ad esempio non vi sia un social network italiano o europeo che forse avrebbe reso meno libera di fare ciò  che vuole, l’oligarchia al comando. E’ un mistero perché le tecnologie ci sono, alcune anche gratuite (come quella su cui è basata Linkedin per esempio) e comunque le spese non sarebbero tali da non consentire un ritorno economico anche su una base pubblicitaria ridotta. Ci fosse stato un  facebook brasiliano probabilmente non si sarebbe arrivati alla destituzione di Dilma Rousseff, avvenuta grazie grazie alla diffusione di uno stato d’animo che fa apparire le ricette del massacro sociale quelle giuste per superare i disagi sociali. Comunque sarebbe stato più difficile visto che gli stormi di suggestioni del genere non potevano partire direttamente dalla California, così come del resto è accaduto per i fatti di Colonia. Mi chiedo se sia solo un caso che gli unici grandi social indipendenti e diversi dai big brothers della silicon valley esistano solo nei Paesi resistenti all’impero e se non sia nocivo per quelle società che  opposizioni e grida di dolore non nascano davvero nella dialettica locale, anche se parliamo di Paesi continente, ma siano instillati dall’esterno acquistando spesso un carattere di artificiosità e di ambiguità.

Comunque sia la convinzione  che qualcosa o è globale o non è , suona davvero sinistra perché è fonte solo di conformismo terraqueo tra i più vacui, costruito proprio per evitare di incontrare l’altro e per uccidere la biodiversità delle idee, delle culture  e delle espressioni. Mi chiedo se chi la porta avanti sarebbe dello stesso parere se questa globalità non nascesse negli Usa ma  in qualche altro luogo del mondo. Sono convinto di no, perché ciò che consideriamo come globalizzato e universale non è mai stato così caratterizzato e localizzato.