Anna Lombroso per il Semplicissimus

Se l’ipotesi che l’Italia ospiti i giochi olimpici era improvvida, irragionevole e irresponsabile prima del sisma ora è a dir poco criminale. Più volte su questo blog ci siamo espressi sull’argomento, sui rischi delle Grandi Opere, dei Grandi Eventi – e dei Grandi Affari opachi che movimentano – dal punto di vista economico, ambientale, sociale, da quello della legalità “sospesa” grazie al configurarsi di condizioni di disorganizzazione e incompetenza non casuale tali da creare surrettiziamente  uno stato di emergenza e dei suoi effetti: leggi speciali, regimi eccezionali, autorità straordinarie, deroghe, a quello del primato attribuito a interessi privati speculativi, sia per quanto riguarda le aree interessate che l’attribuzione di incarichi e appalti in sede di realizzazione.

Troppi flop, verificatisi con puntualità ogni 4 anni condannano inesorabilmente i giochi e i governi e paesi che investono in megalomania visionaria, in cantieri maledetti, in scenari – pesanti o di cartapesta, comunque effimeri – condannati a diventare monumenti della malagestione di territorio, beni comuni, bilanci statali, anche senza parlare delle pratiche di promozione della marginalità, dell’espulsione, del degrado che queste celebrazioni della sportiva e fraterna competizione hanno prodotto, come abbiamo saputo in occasione dei giochi di Atene, per i quali sono stati spostati come rifiuti abitanti di interi quartieri,  di quelli di Londra, quando gli interventi di “riqualificazione” urbana sono diventati l’opportunità per stipare cittadini di serie B nei dormitori ghettizzati dei Docklands e di Stratford City, di quelli recenti di Rio, altro motivo per il quale è obbligatorio dismettere l’insano proposito, che avrebbero cancellato segmenti di popolazione adulta e soprattutto infantile, vergognosa da far vedere e comunque molesta, della quale non si hanno notizia certe, mentre con certezza abbiamo assistito agli sforzi per nascondere malamente  uno squallore insanabile, una miseria implacabile, msotruose disuguaglianze nel contrasto tra favelas pudicamente coperte da steccati e sipari di cartone, e falansteri di lusso, fenomeni multipiano malati di gigantismo.

Un governo sempre spropositatamente preoccupato di dimostrare da quella compagine strapaesana e provinciale che è,  efficienza, dinamismo e abilità a padroni stranieri e a un’opinione pubblica internazionale, dovrebbe riflettere sui pericoli per la sua immagine di prodursi nella progettazione del Grande Evento, quando si è appena consumato il martirio di un Paese, dei suoi abitanti, del suo patrimonio artistico, morti, cancellati, travolti per via del più naturale degli eventi, convertito in una strage contro natura e contro la ragione, per colpa evidente di trascuratezza e di incapacità di programmare spesa pubblica e investimenti per interventi di prevenzione, salvaguardia, tutela, per il reato di interesse privato che si avvita sull’avidità, sulla necessità della politica di mantenere consenso padronale e delle imprese di perseguire il disegno parassitario a carico dello Stato. Ma anche  per via di quella austerità e dei patti scellerati che incravattano gli enti locali, che hanno sottratto le scelte alla sovranità dei paesi, che danno addosso alle vittime convertendo catastrofe in giusta punizione, penalizzando gli aiuti statali come fossero manifestazione di dissipatezza scriteriata, irridendo eventuali esigenze di flessibilità, anche quelle espressioni di un istinto antropologico all’indolenza e allo sfruttamento scroccone.

In passato ci è toccato riconoscere meriti di lungimiranza e oculatezza a Monti, che disse un no sonoro alle Olimpiadi del 2020: non rischiamo i soldi degli italiani, forse immaginando che anche grazie a lui ben pochi ce n’erano rimasti.Si vede che siamo andati peggiorando, se di fronte al meno perentorio rifiuto del sindaco di Roma, atto di doverosa resipiscenza dopo lo scatenato prodigarsi del marziano che con involontario umorismo  aveva parlato dei giochi del 2024 come di un “regalo olimpico” per i romani,  indifferente alla considerazione che la strenna del ’60 pesa ancora sui cittadini, il governo ha deciso di promuovere, nello spirito del tempo e delle gare, una miserabile competizione tra campanili. Così ”se Roma dice no, sarà Milano a ospitare le Olimpiadi del 2028 o del 2032”, secondo un’ipotesi che il quotidiano di Caltagirone definisce uno choc per la Capitale.

In verità dovrebbe essere uno choc soprattutto per Milano e per tutta Italia se lo scampato pericolo si trasforma nel rischio calcolato di una Expo 2, candidandosi come una ancora più indecente macchina mangia soldi, laddove la Grande Milano, la città metropolitana che doveva sostituire le inutili e obsolete province non decolla per via di una incolmabile voragine finanziaria che non permetterà nemmeno la gestione ordinaria, nemmeno gli spazzaneve, nemmeno la manutenzione delle strade. C’è da sospettare che quello che la stampa definisce come un pressing sulla Raggi, per persuaderla a cambiare idea, altro non sia invece che il coronamento di un progetto, la replica della kermesse gastronomica, quella che con proterva sfacciataggine viene accreditata come modello di efficienza, organizzazione e legalità, piazzando il commissario molto discusso e poco trasparente a continuare l’opera di foraggiare un’affamata cerchia di organizzazioni criminali e diversamente criminali, viste le commistioni e associazioni non temporanee di impresa, pronte a spartirsi la nuova Grande Torta, nel caso restasse un po’ di appetito insoddisfatto dalla ricostruzione.

Il copione è già scritto: verranno commissionati studi con laute prebende per preparare la candidatura, avranno inizo le pratiche spartitorie, cruente anche sula carta, si muoverà il mercato della speculazione sulle aree potenzialmente interessate, che mica vorrete che si impieghino quelle dell’Expo, si mobiliteranno progettisti, di quelli che tirano fuori dal cassetto vecchi prodotti, cambiando il nome, che tanto si guadagno di più proponendo e non facendo che realizzando. E poi mica servono preventivi, analisi di costi, procedure di impatto, che vengono lasciati a soloni e professoroni disfattisti. Forse anche per questo,  come per mettere mano alla ferita mortale inferta all’Italia, saranno stati già avviati i contatti con qualche creativo di grido, qualche archistar di fama mondiale,  qualche santone di grido, di quelli che sbagliano la pedata  dei ponti, che disprezzano calcoli, norme di sicurezza, analisi strutturali buoni per modesti capomastri.

E chi se ne importa se Milano sembra essere diventata capitale immorale, con indici inquietanti di penetrazione mafiosa grazie a investimenti di uomini e mezzi in svariati settori, notizia non ignota a chiunque vogli leggersi le denunce sulla permeabilità lombarda a ‘ndrangheta e mafia, o a chiunque voglia dare credito all’allarme del  Procuratore Greco che parla della battaglia inane per battere la concorrenza sleale della criminalità, con una Procura penalizzata per la quale si prevede una sospetta riduzione di personale.

La crescita del Paese pare sia affidata attività ludiche, con uno Stato biscazziere che impianta le macchinette mangiasoldi all’Aquila,  con un governo che di fronte al ripetersi di catastrofi prevedibili e incontrastate si infila la tuta, purché non sia quella da lavoro.