sergio-marchionne-bernie-ecclestone-weg-grosse-hersteller-herChe Marchionne abbia la faccia come il culo non può sorprendere nessuno, ma restando in tono anatomo – linguistico si resta sbalorditi di come vi siano ancora coglioni che ci cascano e applaudono. Oddio si tratta di studenti della Luiss, quindi clienti di Confindustria rigorosamente selezionati per reddito più che allievi di una qualche disciplina e  quindi battere le mani era un dovere di clan e di classe anche ammesso che fossero in grado di decodificare il discorso, privo di senso sul piano delle idee, però loquace su quella della praticaccia propagandistica.

Ma cosa ha detto l’uomo col maglioncino? Tenetevi: ha sostenuto che “Non possiamo demandare al funzionamento dei mercati la creazione di una società equa perché non hanno coscienza, non hanno morale, non sanno distinguere tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. Gli eventi e la storia (parla della crisi subprime  ndr) hanno dimostrato che ci reggevamo su un sistema di governance del tutto inadeguato. Soprattutto, hanno evidenziato la necessità di ripensare il ruolo del capitalismo stesso e di stabilire qual è il corretto contesto dei mercati. Sono una struttura che disciplina le economie, non la società. Se la lasciamo agire come meccanismo operativo della società, tratteranno anche la vita umana come una merce. E questo non può essere accettabile”.

Infatti un Marchionne, pelo sullo stomaco fatto uomo, in un mondo più equo o semplicemente più razionale non sarebbe lì dov’è e lo sa benissimo, le sue nuove verità sono da Caro diario. Non so se gli studenti – plaudenti, con tutto il loro sapere economico si siano resi conto che parole del genere costituiscono la sconfessione di tutto il liberismo e della teoria neoclassica basata sul mercato come regolatore assoluto e dunque sono anche una sconfessione di ciò che essi rappresentano e  magari si affaticano a leggere a tempo perso. Probabilmente non sono nemmeno stati sfiorati da questa idea e come spesso accade nella contemporaneità l’ottusità è vincente perché Marchionne scherzava, semplicemente calcava la mano come un imbonitore: la montagna ha partito un topolino, anzi una topolino e alla fine di tutto questo non è rimasto nulla se non la cartaccia come nelle fiere di Paese. Dopo aver fatto pensare a una grande eresia, ai novantacinque punti infilati sotto i tergicristalli delle sue auto, l’uomo col maglioncino ha cambiato repentinamente idea ed è tornato in sé cioè alla sua naturale alienazione umana: “la forza del libero mercato in un’economia globale è fuori discussione, nessuno di noi può frenare o alterare il funzionamento dei mercati. Tuttavia il perseguimento del mero profitto, scevro da responsabilità morale, non ci priva solo della nostra umanità, ma mette a repentaglio anche la nostra prosperità a lungo termine”. Occorre quindi “creare le condizioni per un cambiamento virtuoso” e “per promuovere la globalizzazione che sia davvero al servizio dell’umanità”.

Insomma si è capito che non si può andare contro i voleri e valori del mercato che rimane la divinità assoluta e dunque nulla contro la mercificazione dell’uomo. In cosa può consistere la responsabilità morale oltre il profitto? Sapendo quanto c’è di amerikano in lui si ravvisano subito le stigmate della vacuità: si tratta solo della charity,  del capitalismo compassionevole alla Bush, mentre il cambiamento virtuoso e la globalizzazione al servizio dell’umanità non sono che abusate formule rituali il cui senso è semmai di essere spia di una paura sempre più evidente in una crisi irreversibile che si sente arrivare, il peso degli errori, degli egoismi, degli imperialismi, delle disuguaglianze mai viste  che comincia a gravare sulle spalle di chi è colpevole di questo mondo e non sa come uscirne. Però poco importa, quello che  Marchionne si proponeva non era certo di prendere per il naso un ensemble di figli di papà felici di trovare un alibi qualsiasi al loro essere, era di far sapere a un’opinione pubblica che ormai si beve qualunque cosa quanto è buono lui e di indurre quindi il gregge a votare Sì al referendum costituzionale come appunto ha insistentemente suggerito.

E’ possibile che  dietro questo ci sia anche una preoccupazione per un mercato che in termini globali non sta affatto premiando il suo progetto: le espulsioni di operai in Serbia, il poco successo dei modelli turchi, le preoccupazioni per il sudamerica, la non brillante situazione negli Usa stessi, tutti problemi che derivano da una costante interpolazione di pezzi, scocche e motori, fabbriche senza una vera e accurata progettazione, senza un’idea proprio nel momento in cui molto sta cambiando nella tecnologia di base. Certo a leggere i giornali italiani specializzati e non, on line e non, c’è un continuo record di vendite, di miglior gennaio, miglior agosto, miglior giugno e via dicendo dimostrando che l’impero mediatico e politico degli Agnelli, disposto a mettere in pagina le cifre di Marchionne senza fiatare, tiene ancora, tanto che ci si chiede come mai possano esistere ancora altre marche. Ma è solo fumo come si evince da questo passo esemplare di un comunicato stampa di qualche mese fa e si riferisce alle vendite di gennaio: “La regina nelle vendite Usa rimane la 500 classica che ha venduto ben 2.386 unità. Molto bene anche Alfa Romeo 4C da poco uscita che ha piazzato ben 97 esemplari”. Ma la realtà è che solo Jeep va bene, Dodge cala nei primi sei mesi del 10%, Fiat del 14%, Chrysler stessa ha fatto un tonfo del 4%. Mi sa che si annunciano tempi di pensionamento. Tra gli applausi naturalmente che sono anch’essi solo e soprattutto merce.