Il marcio prima o poi viene galla, anche se non ci si fa nemmeno più caso e molti ipnotizzati lo scambiano per spuma delle onde. Ma più che il marcio l’universo di menzogne e di ideologismi, di potere e di cinismo dal quale esso nasce e che crea un mondo deformato dove ogni cosa ha senso solo e soltanto in relazione al profitto. Un esempio minimo, ma chiarissimo di quello che intendo è l’outing cerearicolo di Oscar Farinetti, l’amico di Renzi, il modello prediletto di quell’imprenditoria vuota che è la stella polare del premier, lo stampo in grande del suo stesso ambiente e dei suoi istinti. Come forse molti avranno sentito l’imprenditore ( che in realtà di nome fa Natale, ma si è ribattezzato Oscar, de gustibus) ha detto che il grano italiano è una schifezza, inadatto a fare la pasta e che bisogna approvvigionarsi di frumento ogm dal Canada dove se ne produce tanto e della qualità giusta per il maccarone, cosa per la quale il Ttip è una mano santa.
Ora è piuttosto strano che il luogo dove è nata la pasta non produca il grano adatto, anzi diciamo che è una vera cazzata, detta da uno che di cibo non capisce una minchia come del resto ci si aspetta da chi ha curato l’impresa paterna Unieuro, (“l’ottimismo è il profumo della vita!, ricordate?) appropriandosi poi di un’eredità marginale e mai coltivata in proprio, ma certamente i costi e il prezzo non sono confrontabili con le grandi produzioni di massa del nord america: quindi la questione riguarda più da vicino il profitto che la qualità. Se finora è stata importata la metà del grano duro necessario tanto vale smantellare la produzione italiana e importare tutto, magari anche un grano che fornisce pasta molto diversa da quella originale e più simile al gusto americano che a quello nostro. Con la conseguenza a medio termine che non avrà più alcun senso comprare a costi alti la pasta italiana visto che è uguale a quella prodotta worldwide. Ma a Farinetti non interessa il futuro, bensì l’immediato presente. Il fatto è che questo figlio di papà, nato con la pappa, anzi anzi con la pasta fatta, è assurto a gloria nazionale con l’idea di Eataly, ovvero con centri dove si smerciano a costo elevato prodotti di nicchia, produzioni artigiani o presunte tali e insomma tutto il birignao medio borghese emergente del mangiar bene che una volta si sostanziava nell’andar dal contadino o mangiare nella trattoria da camionisti e poi nell’adorazione degli chef: cibo griffato, destinato a chi vuol darsi un tono e non avendo educazione al gusto vuole la garanzia della firma e il visto di autenticità. Spesso anche se non sempre, si tratta di pura speculazione, di operazioni acchiappa citrulli, ma sta di fatto che Farinetti ha cavalcato l’onda del cibo di nicchia e le suggestioni della tradizione, intuendo perfettamente lo spirito del tempo, ma adesso improvvisamente e forse per l’esaurirsi di questa spinta, si libera dei panni che gli hanno fruttato bei soldini e si converte alle produzioni di massa. E diventerà il leader della pasta di Gragnano (possiede il pastificio Afeltra) con grano ogm canadese, brevettato dalla Monsanto per resistere agli erbicidi con glifosato, recentemente dichiarato cancerogeno dall’Organizazione mondiale della sanità e coltivato su appezzamenti di terreno comprati da società saudite.
La conversione di Farinetti al grano canadese venuta l’altro giorno subito dopo le limitazioni poste all’uso dei glifosati da parte del ministero della salute e le sue insistenze sul Ttip ( e sul Ceta un analogo accordo col Canada) che cominciano già a giugno scorso, forse non sono casuali: Berlino ha buttato sul piatto del trattato transatlantico l’acquisto di Monsanto da parte della Bayer, anche se la cosa non può essere dichiarata pubblicamente visto che il 90% dei tedeschi è avverso all’uso dei glifosati. Ma certo una volta in vigore il Ttip la Monsanto Bayer potrebbe agevolmente chiedere ed ottenere la revisione di ogni legislazione prudente o contraria agli ogm e sopratutto agli erbicidi di questa classe cui spesso è correlata la variazione genetica apportata a mais e cereali perché vi resistano. Tanto più che essendo ormai la Monsanto europea costringerebbe tutti i Paesi membri ad adeguarsi automaticamente. A questo approda alla fine il progetto chic e sciocc di Eataly; avremo anche il glifosato di nonna Clotilde fabbricato con la cura e le attenzioni di una volta? Il personaggio degli appalti senza gara e dei licenziamenti facili, dei salari da fame nei presunti altarini del mangiar bene, ne sarebbe capace, perché invece di essere un tempio del cibo italiano, la sua impresa che ormai declina verso l’hamburgheria ostentata, ne è la negazione più clamorosa, il suo annegamento verso la standardizzazione made in Usa. Ed è stata l’ennesima vera bugia che ci siamo raccontati.
Ricordiamoci sempre che per far posto alla cattedrale di Farinetti a Milano (qualcuno ha verificato permessi e lavori?) è stato fatto sparire un teatro come lo Smeraldo, simbolo di storia, cultura, memoria della città…bastava poco per non farlo chiudere.
Un articolo basato su una frase di Farinetti (verificata? Forse diceva che la maggior parte del grano italiano fa schifo, non tutto?) , che mi sa tanto di attacco al nulla: che senso avrebbe, visto che la sua creatura Eataly vive di soli prodotti italiani, e al cui interno si mangia pasta e pizza di sole farine italiane certificate? Giornalismo o braccia rubate all’agricoltura?
Verificato di persona, qualche giorno fa Farinetti era ospite a In onda su La7 e le sue parole sull’inadeguatezza del grano italiano per la produzione di pasta di qualità non davano adito a fraintendimenti! Peccato che ci fossero Di Pietro e Corona a smontare le sue pseudo informazioni…!
In Sardegna col grano Cappelli nostro ci facciamo una ottima pasta…
L’ha ribloggato su Arte&Culturae ha commentato:
Globalizzazione totale! La nostra specificità produttiva che ci differenzia, azzerata in toto. … “Arrivano gli americani, garibaldini marziani …”
Oscar Farinetti eredita dal padre la Unieuro e decide di cederla per investire nel settore alimentare dove il Made in Italy tira a livello internazionale. Punta ad una grande catena di negozi alimentari, supportati dalla preparazione di cibo, che gli sembra – giustamente – la formula vincente.
Del tutto inesperto del settore trova aiuto in Slowfood – di cui ripiana i debiti – i cui esperti
lo supportano nella scelta di quelle aziende che dovranno fungere da specchietto per le allodole
per la cattura dei clienti. Creata l’immagine dell’organizzazione, per espandere l’attivit che non potrebbe avvenire con i piccoli produttori artigianali, prende contatto con la grande industria del settore alimentare e con la Coop che vede nella collaborazione con Eataly una crescita anche per la propria immagine (corner nei propri punti vendita di una certa dimensione). Nel contempo provvede ad acquisire in proprio una pletora di aziende di medie dimensioni, e di buon livello qualitativo, che gli consentono di diventare il primo fornitore della sua stessa organizzazione. A questo punto cede una rilevante quota parte della sua creatura alla Coop e ad una finanziaria della quale diventa anche azionista. In tutte queste operazioni si è avvalso di appoggi politici a livello governativo che gli hanno consentito di ottenere importanti locazioni a costo zero o ridottissimo e poter agire abbastanza liberamente nel trattamento del personale.
Operazione commerciale ben congegnata e perfettamente riuscita sul piano personale ma che, per le dimensioni previste, non può che essere una attività di tipo industriale che nulla ha a che vedere con la promozione del made in Italy italiano di qualità che resta un’altra cosa.
Da qui le recenti esternazioni sulla produzione di grano in Italia.
Amen.
Adesso tocca ai pani: poi anche ai pesci
Ancora con sti ogm: ma lasciamoli un po stare, che soffrono abbastanza da soli. Giusto adesso il Canada pare infestato da una legione di simpatiche erbacce che se ne infischiano della chimica – e delle cultivar associate. Per avere un assaggio del problema:
http://www.albertafarmexpress.ca/2016/08/15/half-of-alberta-fields-have-herbicide-resistant-wild-oats/
Forse è già una battaglia di retroguardia?
Anche scontando che chi scrive è vegetariano da decenni, il tristemente famoso ‘hamburgher’ è una schifezza pazzesca, che grida vendetta al cospetto di chiunque usi il cervello per pensare e la testa per (decidere cosa) mangiare.
E le patatine fritte (ribattezzate “Liberty Fries” da Reagan quando sospettava Mitterrand di socialismo) non vanno meglio. Chi vuole inorridirsi (ad usum dicendi), puo’ consultare il blog “French Fries and Strange Flesh” http://wp.me/p2e0kb-1OJ
ambientazione e ritratto perfetti, non una pennellata fuori posto.
sorry per il doppione, mi ha crashato durante l’invio e ho riscritto pensando si fosse perso :-\
ritratto senza una singola pennellata fuori posto.