cut1330760216351.jpg--Come tutti i prepotenti un po’ ottusi e codardi che se si trovano in difficoltà danno la colpa qualcun altro, anche Renzi non riesce a sfuggire alla sua natura così avara di virtù e prodiga di vizi: così nonostante abbia dato l’assalto a mano armata alla Rai in vista del referendum costituzionale, sente che attorno l’aria non è delle migliori e che forse l’Italia non è precisamente il Paese dove il sì suona. Così nella sua mente rozza ed elementare. più simile a una app che a una personalità, si è formata un’idea che probabilmente considera geniale: dare la colpa della cosiddetta riforma costituzionale, ovvero l’immondo e miserabile pasticcio che presenta come tale, a Napolitano: “Anche io ho sbagliato a dare dei messaggi: questo referendum non è il mio referendum, perché questa riforma ha un padre che si chiama Giorgio Napolitano”.

Lo ha detto nello sprofondo della provincia modenese dove esiste ancora una specie di festival dell’Unità e dunque una sagra del fascio conservatorismo, del renzismo senza se e senza ma però con lo stipendio e si sarà compiaciuto di questa trovata che mentre allontana da sé il pasticciaccio brutto della manipolazione costituzionale lo attribuisce a una venerabile personalità della Repubblica, la quale passa per insigne giurista pur non essendo mai riuscito a superare l’esame da avvocato. Così va il mondo. Certo non si capisce dove vada a finire tutto il giovanilismo dozzinale del rottamatore nel momento in cui deve ammettere che la sua riforma è in realtà opera di un vegliardo, ma non importa perché adesso i termini della questione si sono ribaltati: il guappo di Rignano non deve solo evitare un “no ” alla sua riforma da politicante della domenica per scongiurare movimenti sismici del governo, ma deve aggrapparsi a un sì per avere una qualche probabilità di rimanere sulla poltrona sulla quale siede più che indegnamente. Il fatto è che il degrado della situazione economica, a fronte degli illusionismi della ripresa e della respirazione bocca bocca praticata dai media, la vicenda delle banche nonostante la tregua concessa dalla Ue proprio per agevolargli la vittoria in  un referendum importante per la tenuta dell’oligarchia di comando europea, la situazione internazionale con le ambiguità che comporta e la totale inadeguatezza del premier e del governo ad affrontarla, segnano il rapido declino di Renzi. Non è che con un no dovrebbe andar via, è che solo con un sì potrebbe tentare di resistere.

In effetti non gli rimangono molte armi, a parte quella di prendere in giro le aree più povere della società con provvedimenti temporanei e prebende a scadenza, anzi diciamo pure con elemosine come quella adombrata di regalare i 500 milioni di eventuali risparmi realizzabili con la riforma ai poveri, anzi “a quelli che non ce la fanno”, ammettendo tra l’altro il castello di bugie sul quale il suo esecutivo si regge . Il che si traduce nella favolosa cifra una tantum di circa 150 euro a testa: almeno prima aveva comprato il voto con 80 euro al mese e questo la dice lunga sullo stato reale del Paese e sul precipitare degli eventi. Purtroppo tali risparmi da devolvere in beneficenza di stato non solo non ci sono come sostiene la Corte dei conti, ma anche se esistessero sarebbero realizzabili solo nel 2019. Un po’ poco anche per le dignità più degradate.

Quindi non rimane che osservare il teatrino e ascoltare la prima cretina della Repubblica quando dice con voce da cassiera di banca che “chi propone di votare No non rispetta il Parlamento”. Che cacchio vuol dire? E’ semmai il Parlamento che dovrebbe rispettare il Paese. Ma si sa la Boschi ha le capacità di pensiero di una pianta grassa, anche se questo potrebbe parere irrispettoso del mondo vegetale. In ogni caso ci mancherebbe anche che si rispettasse un’assemblea nella quale c’è una tipa del genere.