Circa due settimane fa, zitto zitto piano piano, il tribunale internazionale dell’Aia ha riconosciuto innocente Slobodan Milosevic, ex presidente della Yugoslavia accusato di crimini di guerra. Peccato che l’imputato, opportunamente suicidato in carcere assieme a Milan Babic ex leader dei serbi di Krajina nel 2006, non possa rallegrarsi di questa riabilitazione postuma e peccato anche che la notizia sia passata del tutto inosservata nel cuore di un’estate caldissima dal punto di vista geopolitico più che climatico. Perché l’assoluzione dai presunti crimini di guerra di Milosevic significa che tutti i pretesti, le ragioni, le coperture, i finanziamenti a gruppi del terrorismo separatista con cui si sono giustificati i massacri balcanici non erano che un mucchio di balle, di pretesti, di menzogne costruite e violenze premeditate. Avevano insomma la medesima natura delle armi di massa di Saddam, servivano a distruggere la Yugoslavia e a fare dei balcani una ennesima piattaforma Usa.
Solo che in questo caso si trattava di far fuori un dirigente democraticamente eletto, non bastava balbettare qualcosa riguardo al tiranno come è stato fatto in medio oriente prima con Saddam e poi con Assad, quindi si doveva trovare un’altra chiave con cui prendere per il naso opinioni pubbliche rese incompetenti dal fiotto continuo di notizie ed emotivamente rozze dai media. Dunque crimini di guerra inesistenti e crimini di pace, se così si può dire, perché man mano che i massacri in Kossovo mostravano la loro natura narrativa e costruita a tavolino, le accuse si spostavano su un terreno politico e puntavano il dito su un Milosevic parte attiva di una “cospirazione criminale collettiva” per fare pulizia etnica in Croazia e tra i mussulmani di Bosnia. Nessuno in occidente è stato in grado di mettere in luce l’elemento grottesco che queste accuse tardive contenevano: infatti Milosevic era stato pubblicamente lodato da Clinton (il criminale di guerra vero ) per il suo ruolo nei negoziati di pace in Bosnia, al momento della firma degli accordi di Dayton nel 1995.
Adesso il tribunale dell’Aja assolve Milosevic e dice abbiamo scherzato. Hanno scherzato anche quei reazionari e “liberali” interventisti i quali per vent’anni hanno sostenuto che un dirigente politico democraticamente eletto in un Paese che aveva una ventina di formazioni politiche rappresentate in parlamento, era un diabolico dittatore e genocida responsabile di tutto ciò che era accaduto nei Balcani. Ha scherzato anche la Cnn che del resto lo fa ogni giorno, la quale ha passato in tre minuti la notizia dell’assoluzione dopo aver scassato le balle sul fatto che il processo a Milosevic, spesso paragonato a Hitler in quel modo grossolano e ignorante tipico americano, era il “processo più importante dopo Norimberga”. E hanno scherzato anche tutti quei poveri di spirito, che consideravano negazionista e amico del tiranno chiunque esprimesse dei dubbi sulla verità dell’impero.
Eppure la verità, almeno un minimo di verità, era disponibile per chi volesse cercarla tanto che il Sundey Times il quale interrogando a suo tempo degli esperti giuridici, dedusse che le accuse del sedicente tribunale internazionale (ma non tanto visto che gli Usa non ne riconoscono l’autorità) sarebbero state rigettate in blocco da un qualunque tribunale inglese. La verità c’era ma era inutile e disarmata contro i coristi ossessivi della Nato i suoi giornali, le sue televisioni. Adesso hanno scherzato tutti, i protagonisti sono morti, la Yugoslavia non esiste più, gli stati che ne facevano parte sono dei fantasmi che campano di traffici illeciti o sono la più bieca, miserabile espressione di egoismi etnici e non a caso tutta l’operazione è avvenuta con il beneplacito entusiastico di quell’Europa che dovrebbe rappresentare l’esatto contrario della vicenda yugoslava, ma che ormai consiste solo in una menzogna istituzionale. Hanno scherzato, ma la storia non accetta le battute e prima o poi fa pagare gli scherzi come fossero cose serie.
Sul sito della Corte Penale Internazionale dell’Aia (www.icc-cpi.int) non c’è niente, anche se si mette il nome Milošević all’interno della casella di ricerca non appare neanche un documento. La sentenza relativa a Radovan Karadžić, dal quale secondo Giulietto Chiesa pare si possa arguire l’innocenza di Milošević, non è parto della Corte Penale Internazionale dell’Aia ma del Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Yugoslavia che fa parte delle Nazioni Unite. Si trova qui: http://www.icty.org/x/cases/karadzic/tjug/en/160324_judgement.pdf
Fermo restando che condivido pienamente lo spirito di quanto affermato sia da Mr. Simplicissimus, sia dagli autori dei commenti, ritengo che non si possa estrapolare da una sentenza in cui viene giudicato Karadžić un giudizio di innocenza (o di colpevolezza) su Milošević che, anche se viene citato 139 volte nelle 2590 pagine di cui si compone la sentenza, non è l’indagato! E, in tutti i casi, questa innocenza può essere dedotta da noi ma non è certo stata affermata ufficialmente dal Tribunale Penale Internazionale.
Partendo dall’assunto che ogn’uno di noi parla e si esprime in funzione di ciò che legge, quindi se ciò che legge corrisponde a verità, o meno, rappresenta la base della sua analisi. Preso atto di quanto dice l’articolo che “assolve” Milosevic mi viene in mente che il leader serbo non fu condannato dal Tribunale, forse a causa della “sua morte”. Il procuratore Dal Ponte non riuscì mai a formulargli un accusa suffragata da prove e la morte dell’Imputato facilitò tutto in quanto una probabile assoluzione, seppur per mancanza di prove, avrebbe messo in serio imbarazzo anche l’ONU che istituì il tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia.
Il compagno D’Alema fu opportunamente fatto presidente del consiglio per dare il via ai bombardamenti Nato, che partivano dalla base italiana di Aviano. Mentre un uragano di fuoco si abbatteva sulla piccola Serbia, paese da sempre amico dell’Italia, assistemmo alla farsa di due comunisti, uno a palazzo Chigi che sorrideva compiaciuto allo zio Sam e un altro, il triste Armando Cossutta, che andava a Belgrado a baciare in bocca lo sventurato Milosevic, ribattezzato “il macellaio dei Balcani” a reti unificate. La sinistra “di lotta e di governo” si rendeva presentabile e capace di governare agli occhi del grande fratello americano, il quale farà di tutto per favorirla, preferendola ben presto all’inaffidabile Silvio che si rivelerà invece, lui anticomunista, il migliore amico italiano della Russia.
Ovviamente sono d’accordo con te, su ogni parola che hai detto. Mi permetto solo di aggiungere qualche particolare. Durante tutto il periodo dei bombardamenti, il “compagno” Armando Cossutta ripeteva ogni sera la solita litania: “Se i bombardamenti non dovessero aver finire, io mi dimetterei subito”. I bombardamenti durarono 79 giorni, dal 24 Marzo 1999 al 9 Giugno 1999, ma Cossutta non si dimise! Ricordo poi il sindaco di Napoli, Bassolino, anche lui compagno, che andò a cena a consumare una pizza, insieme a Hilary Clinton, mentre il marito di costei ordinava i bombardamenti, insieme a D’Alema e Blair. E ricordo ancora Fassino che in qualità di ministro… accompagnò il gen. Clark (capo della missione NATO, per le operazioni in Jugoslavia) a Gioia del Colle in Puglia, ad arringare e lodare i nostri piloti che andavano a sganciare le bombe sui serbi cattivi. Ricordo che l’Italia partecipò alle operazioni belliche con 70 aerei da guerra.
Prima, durante e dopo i bombardamenti io ero consulente politico – militare presso l’Ufficio Militare dell’Ambasciata della Repubblica Federale di Jugoslavia (allora ancora composta da Serbia e Montenegro). Nel 2010 uscì il mio lavoro “Il soave profumo dell’imperialismo”,
dove era ampiamente dimostrato ciò che ora il Tribunale dell’Aja ha candidamente ammesso. Tuttavia il mio libro (in ogni caso risultato dell’ampia collaborazione di molti enti governativi jugoslavi, nonché gruppi privati), è stato da sempre ampiamente boicottato perché considerato “troppo di parte”. Ora qualcuno avrebbe il dovere di chiederci scusa…
Campa cavallo, caro Viola.
Caro Viola, è proprio come hai ricordato, un comportamento penoso e ipocrita fino al midollo. La classica doppiezza delle bandiere rosse con il portafogli però pieno di dollari. Se la memoria non mi tradisce fu proprio in quel periodo che il compagno Armando, cercando vanamente di barcamenarsi per salvare quel che rimaneva della faccia, proruppe nella famosa frase: “Fateli smettere, in nome di Dio”, riferita ai bombardamenti. Mi fece un effetto strano, potrei dire un effetto sinistro. E pensai: ecco, è fatto, rimettetelo in gabbia. Saluti.
Gentilissimo Miraglia, la frase la ricordo anch’io e la mia reazione fu uguale a quella che ora tu hai riferito. Vorrei anche ricordare una circostanza straordinaria. L’Ambasciata della Jugoslavia a Roma, rimase aperta e funzionante per tutto il periodo dei bombardamenti, fatto inusuale per una sede diplomatica ospitata all’interno del Paese aggressore! La mia corrispondenza era permanentemente controllata e mi veniva consegnata a mano presso l’ufficio postale della mia città di residenza (Riposto, in provincia di Catania), dopo essere stata sbrindellata e riconfezionata alla meno peggio e ogni volta io dovevo dichiarare di aver preso atto dello stato in cui si trovava la mia corrispondenza!
Classico esempio di censura. A proposito d’ambasciate, verso la fine della guerra le famose “bombe intelligenti” vanto e orgoglio della Nato centrarono in pieno la sede diplomatica cinese a Belgrado, facendo diverse vittime. Non ricordo se ci furono scuse, la Cina protestò però non fece casino e la cosa finì lì. Mi sono sempre chiesto se si trattò di un errore di mira o….. ci siamo capiti.
Ho visto la tua pagina. Interessante, complimenti.
Grazie di cuore, gentile amico. Quando ho la ventura di dialogare con persone come te e naturalmente con le posizioni che esprimi, con cui sono completamente d’accordo, mi sento rincuorato. Ti posso assicurare che nel corso degli anni della mia lunga carriera di ricercatore, di scrittore e di giornalista, ho subito molti attacchi e sempre vigliacchi, perché alla fine, quando ho chiesto un confronto, tutti quanti sono fuggiti via. Mai uno che avesse avuto il coraggio di intavolare un dibattito e discutere civilmente nel rispetto delle regole del dialogo! Ricordo una circostanza molto triste e squallida. Il mio editore prese l’inizativa di inviare alcune copie del mio libro riguardante la Jugoslavia, alla selezione di un concorso letterario organizzato a Brescia. Il mio testo non fu neanche preso in considerazione perché considerato “troppo di parte”. Ovviamente, io sapevo allora e lo so anche adesso di aver scritto il vero… e non ho certamente atteso il verdetto dell’Aja per averne convinzione. Però, ragionando dalla parte loro, ora io dovrei pretendere una mia riabiliatzione, benché la cosa mi appaia grottesta e tutto sommato inutile. Ma il mondo è fatto così. Chi esprime un minimo impegno sociale e una base di serietà, deve subire e sopportare i mediocri e i cretini e forse sarà sempre così…
non vogliono dissidenti….democraticamente si intende !