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No, non è la Bbc, è la Rai Tv

 Anna Lombroso per il Simplicissimus

Altro stile, altra statura di statista.. no, non parlo della Thatcher che pure ebbe a dire: Si, lo so la Bbc mi attacca, ma non posso farci niente. No, mi riferisco a Berlusconi e alla Rai. Qualcuno dirà che era talmente intriso di senso dello spettacolo,  da voler salvaguardare l’immagine e la sceneggiatura della pluralità delle opinioni, del contraddittorio, della par condicio, della democrazia insomma, sia pure formale, che tanto aveva dalla sua il più formidabile strumento di consenso e persuasione, lo sterco del diavolo.

Qualcuno dirà che a lui si deve la  Gasparri,  l’eccellenza delle leggi ad personam, ispirata da un approccio aziendalistico:  aumento del limite antitrust  in palese violazione del principio del pluralismo sancito dall’articolo 21 della Costituzione;  incentivazione della pubblicità tramite il canale televisivo a scapito del canale radiofonico; palese inosservanza dei criteri di salvaguardia dei diritti dei consumatori; consolidamento del sapiente disordine del regime di assegnazione delle frequenze. Ma si deve all’interesse egemonico per i suoi di interessi, oltre che alla proverbiale ignoranza e incompetenza degli estensori, la trascurabile pressione esercitata sulla qualità dell’informazione del servizio televisivo, la bonaria censura, meno potente della antica e sempre viva autocensura, qualche latrato, qualche minaccia, qualche esibizione di muscolarità, sempre nel rispetto però della logica spartitoria.

Niente, viene da dire, rispetto alle performance del suo erede. Che stavolta ha talmente esagerato, violando l’inviolabile, per nome, dinastia, appartenenza “mondana”, più che per professionalità e bravura, che se ne sono accorti tutti quelli che avevano lasciato passare come un fenomeno naturale e ricorrente la sua rivoluzione quella che ha segnato la transizione infelice dalla lottizzazione al reame, da carrozzone a feudo di governo. Quelli che avevano minimizzato l’occupazione militare di Renzi come manifestazione ciclica dell’invadenza della politica nel  “baraccone” di Saxa Rubra, che non avrebbe cambiato la sua natura segnata da subalternità al potere e reticenza a raccontare la realtà.

Eppure a occhi attenti era apparso subito evidente che si trattava della prova generale della messa in scena del golpe, una sfrontata operazione di accreditamento dell’esecutivo come dell’unico potere “legittimo”, sec0ndo le regole del  “comando e controllo”, attraverso una selezione del personale addetto alla gestione, all’organizzazione, al marketing e alla produzione effettuata tra amici, famigli, addetti alla raccolta fondi e partecipi della scalata a Palazzo Chigi del sindaco di Firenze, tra boys e starlette della Leopolda e manager della scuola Marchionne, quella che garantisce il reiterarsi di fallimenti e insuccessi. Eppure ad occhi attenti non doveva sfuggire che l’esproprio definito della radiotelevisione pubblica rappresentava la prima e inevitabile mossa di un aspirante dittatore, nella prospettiva augurabile della cancellazione  delle rappresentanze: parlamento, sindacati, organizzazioni di categoria,  per invadere lo spazio e i modi della comunicazione, per instaurare una relazione diretta con la massa, imponendo i suoi messaggi personali, le sue bugie, le sue narrazioni di successi immaginari, le sue inaugurazioni di grandi opere, le sue performance all’estero e  trasferendoli dalla rete, dai social network, allo spazio istituzionale del servizio pubblico, quindi “suo”, nella qualità di fantoccio, che resiste, messo a completare il definitivo esproprio della sovranità, il definitivo smantellamento dell’assetto democratico.

Si è fatto riconoscere, ma temo che ormai sia tardi: epurati i direttori, tutti e due Tg 2 e Tg 3 per dare l’apparenza della nuova rottamazione in regime di par condicio, messo il silenziatore ai Comitati del No, depennati i talkshow molesti, che ormai basta dire una tantum una fettina di verità tanto per gradire, che si entra nel cono d’ombra, l’uomo arrivato al successo tramite ruota della fortuna ha superato il maestro, che, proprio in doveroso omaggio alla logica della lottizzazione, aveva garantito il mantenimento di una zona di rispetto degli “altri” da lui, da Mediaset e perfino dal governo, favorito da una “sinistra” sempre più di bocca buona, che si accontentava di demonizzarlo in pubblico, contrattando i suoi spazi di sopravvivenza sottobanco.

E per non sbagliare ha gestito nell’ombra la soluzione finale, il dissolvimento di qualsiasi residuo barlume di credibilità della Rai, con la pubblicazione ad effetto delle retribuzione del carrozzone, comprese quelle dei suoi protetti che come al solito non saranno scalfiti dallo scandalo, anzi se ne gioveranno, come i bancari e banchieri sleali, come i boiardi delle aziende di Stato, che si fregiano delle mostrine delle operazioni di corruzione e delle alleanze strette con altri dittatori d’oltremare. Tutta gente che basterebbe rimuovere, accompagnare alla porta, licenziare, come a loro piace fare con noi, che invece rimane inamovibile, impresentabile, ineleggibile, insopportabile, a indicare simbolicamente la strada da intraprendere, sempre la stessa, a dimostrare che la salvezza del servizio pubblico consiste nel farlo diventare privato, come il Parlamento, la Costituzione, il popolo, infine convertito in massa di teleutenti, obbligati all’informazione di regime e ai consigli per essere acquistati e svenduti, con pagamento in bolletta.

 

 

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