Anna Lombroso per il Simplicissimus

È proprio l’età dell’oro per l’industria del falso, che ogni giorno concepisce e genera nuovi prodotti,  anche grazie a dinamici manager e creativi azionariati infaticabili nella promozione e commercializzazione dell’unico brand che non teme la crisi, anzi se ne giova.

A un livello provinciale, modesto e proporzionato alla statura del personaggio, il presidente del Consiglio –  quello che ha festosamente tagliato il nastro per l’inaugurazione di un’opera così vecchia da essere crollata, così che è stata spacciata per “vernice” la riapertura di un tratto stradale rimesso su alla bell’e meglio dopo il disastroso e rovinoso accidente – ha annunciato pubblicamente e con orgogliosa pompa mediatica che il 22 dicembre saranno terminati i lavori della Salerno Reggio Calabria, data fausta, probabile nuovo giorno della memoria collettiva a celebrazione di un governo che sa mantenere le promesse.

“Mi accusano di fare sempre il racconto in positivo, di raccontare solo le cose belle”, ha detto il burbanzoso giovanotto inaugurando il nuovo tratto dell’A3 tra Laino Borgo e Campotenese nel quale si trova il Viadotto Italia.

Non è così, semmai lo accusiamo di raccontare solo balle: perfino la stampa più agiografica ed celebrativa ammette che in realtà, saranno completati soltanto  i lavori avviati per l’ammodernamento dell’autostrada. Già si sa che resteranno fuori dalla grande impresa ingegneristica cinquanta chilometri. Dove? Ma tutti in Calabria. Perché? Ma perché non è che sono finiti i lavori, è invece finito lo stanziamento dei fondi e il vecchio tracciato resterà invariato.

Ma l’impresario delle patacche prosegue imperterrito, rivolto ai disfattisti e ai riformati della guerra dell’ottimismo e del Fare contro il nichilismo del brontolare e dell’obiettare:  “Ogni giorno qualcuno vi dirà che non ce la si fa, e noi tutti i giorni dimostreremo che invece si può fare. Poi c’è la maggioranza degli italiani che tutte le sante mattine si svegliano, si spaccano la schiena, sperano che il Paese vada meglio e fanno la loro parte perché sia così. A quest’Italia, che si spacca la schiena a fa la sua parte perché il paese vada meglio,  dico che questa autostrada è un simbolo: come l’Expo, come la Variante di Valico”.

Non avevamo bisogno di questa conferma tramite l’ennesima bufala,  per riconoscere il valore simbolico dell’opera infinita.

Come l’Expo, la più vergognosa “sòla” ai danni del paese affamato per celebrare affamatori, multinazionali predatorie e inquinanti, norcini di campagna promossi a fornitori della real casa, cordate di imprese in odor di mafia, mediatori all’opera per speculare acrobaticamente su aree comprate a caro prezzo e condannate all’abbandono, anche quella dichiaratamente più dannosa che inutile, voragine nella quale è precipitata la megalomania dei potenti, insieme all’illusione di profitti e visibilità internazionale.

Come la Variante di Valico, investita anche quella da un nuovo scandalo oscuro quanto prevedibile, infiltrata dalla criminalità e criminale per l’impatto futile e superfluo sull’ambiente e l’assetto del territorio, un grande “buco” finanziario se l’intervento che doveva rappresentare l’allegoria felice dell’impegno condiviso delle dinastie imprenditoriali italiane tutte concordi nell’investire sull’ambizioso progetto è stato invece interamente finanziato dallo Stato, quindi da noi. Ambedue le opere, come tutte le piramidi dell’avvicendarsi di faraoni tracotanti quanto inadeguati, via via si sono “adeguate” ai tempi, alla crisi, all’erosione dei fondi divorati dall’avidità delle imprese costruttrici e dalla pratica vorace della corruzione, soggette a patetici camouflage per nascondere le magagne ma anche per accreditare aggiustamenti ragionevoli, compensazioni ecologiche, lungimiranti variazioni  del tracciato o del plastico originari, mentre la ponderata assennatezza è attribuibile solo alla mancanza di quattrini causata dalla opaca lievitazione dei costi.

Ambedue, come tutte le Grandi Opere, i Grandi Eventi, i Grandi Ponti, le Grandi Autostrade, Grandi Olimpiadi,  fin dall’origine non trovano risposta ad un quesito di fondo: perché? A quale scopo, salvo il solito mantra da “ce lo chiede l’Europa” a l’Italia non può restare indietro nella corsa futurista del progresso e della modernità, si spendono tutti questi soldi pubblici? A chi giova?

La risposta ormai c’è e le bugie della pinocchiede di governo non possono nasconderla: servono al patto opaco, stretto per alimentarsi a vicenda, tra politica e affarismo, servono a soddisfare le richieste sempre più impetuose e prepotenti del settore privato la cui egemonia è sancita da leggi, sistemi per legittimare malaffare, corruzione, aggiramento di controlli e regole, servono a coprire alleanze oscure tra aziende e istituti finanziari apparentemente legali e la malavita organizzata, legati dagli stessi intenti e che operano con le stesse modalità.

E non è un caso se dal tracciato d’oro dell’infinita autostrada resta fuori proprio la Calabria: quelli che l’anno dissanguata, umiliata, tenuta sotto il giogo criminale, hanno trasferito il loro business in piazze più fertili.