FRANCE-ATTACK-POLICE
Sandra Bertin 

Ricordate quando l’informazione mainstream si scagliava contro il complottismo, includendo in questa categoria anche la semplice divergenza di idee e opinioni oppure la sottolineatura di contradizioni e incongruità nelle versioni ufficiali? Dovreste ricordarlo perché questo era fino a un mese fa. Poi improvvisamente proprio queste “voci della verità” si sono trasformate in complottiste, cominciando a spargere veleni senza alcuna credibilità o pezza d’appoggio. Il fatto è che il trompe l’oeil costruito accuratamente e in maniera apparentemente razionale sulla realtà, rischia di creparsi e di mostrare le impalcature di Matrix, per questo occorre intervenire d’urgenza ed evocare complotti, riempire i vuoti di comprensione, confondere, cambiare le indicazioni stradali perché i cittadini non rischino di prendere la strada giusta.

Lo squarcio nell’impianto della narrazione è stato tale da richiedere il contemporaneo ricorso al complottismo per vicende diversissime che illustrano di che lacrime, di che errori e di quali cinismi grondino gli arcana imperi. Fallito il colpo di stato militare in Turchia, palesemente suggerito nelle stanze dell’amministrazione Usa a cui evidentemente comincia a sfuggire la realtà concreta delle cose, i media occidentali si stanno esercitando nella teoria dell’autogolpe, portando a prova di questa fantasia nient’altro che la cialtroneria con cui si è dipanata l’azione di una esigua minoranza di comandi e dal fatto che Erdogan sia ora molto più sultano di prima, secondo un’applicazione insensata del cui prodest fino a ieri rifiutato come falsa argomentazione. In un primo momento, a botta calda, era anche un’ipotesi credibile, ma a mente fredda proprio la conduzione dilettantesca del golpe e il fatto che esso fosse sostenuto da pochi comandanti e da pochissimi reparti, ci dice che solo dei minus habens avrebbero potuto tentarlo senza avere alle spalle il “Washington consensus” con tutto quello che implica. Del resto proprio il fatto che il sostengo alla democrazia nella sua versione Erdogan non sia arrivato subito dalle segreterie occidentali, come ci si aspetterebbe da così solerti esportatori di libertà, ma solo a colpo di stato fallito, è un indicatore significativo della reale dinamica degli eventi. Ma poi che senso avrebbe per un Erdogan autogolpista, dopo aver incassato il desolato assist di Obama, assediare la base aerea Usa di Incirlik, da dove sono partiti gli aerei dei rivoltosi e creare una fattura di queste dimensioni con gli Usa? Solo perché ospitano il miliardario Fethulá Gülen, nemico giurato del sultano? E’ dal ’99 che questo magnate turco vive in Pennsylvania, figuriamoci. Il golpe in realtà dimostra agli occhi di Erdogan l’inaffidabilità degli Usa, la loro volontà di non lasciare spazio di manovra alla Turchia e sta sfruttando questo incidente per un riavvicinamento all’Iran e alla Russia. Anche per questo è necessario il complottismo dell’autogolpe dei giornali paludati: non solo per nascondere un errore clamoroso di valutazione dell’amministrazione Usa, ma anche per attutire gli scricchiolii della Nato.

Però questo è niente. Andiamo direttamente in Usa: che dire dello scandalo in casa democratica innescata dalle 20 mila email diffuse da Wikileaks le quali palesano come l’intera classe dirigente del partito si sia coalizzata per impedire a tutti i costi una vittoria di Sanders sulla Clinton? Debbie Wasserman-Shultz che guida la segreteria dei democratici interamente coinvolta in una vicenda grave come il Watergate se non di più, si è dovuta dimettere poche ore prima dall’apertura della convention democratica a Filadelfia, ma nel partito invece del mea culpa domina una ridicola teoria complottista secondo la quale all’origine del fattaccio ci sia immaginate chi? Putin tanto per cambiare, il quale avrebbe scatenato degli hacker russi per forzare il server dei democratici. La grande stampa segue belante i voleri dell’establishment limitandosi solo, come fa il New York Times, a sottolineare la quasi impossibilità di determinare l’origine di un attacco informatico e dunque la totale pretestuosità di questo ennesimo attacco a Mosca. Siamo di fronte a una forma di complottismo “per distrazione” che non cerca nemmeno di negare o aggiustare i fatti, ma tenta di sterilizzarne l’effetto con l’evocazione del grande nemico. Tanto più che adesso si può dire che Putin sta con Trump.

Infine c’è la vicenda di Sandra Bertin, che ad onta del nome di chiara origine italiana, è la poliziotta responsabile della videosorveglianza a Nizza, la notte dell’attentato, la quale ha denunciato le pressioni avute quella notte dal governo per modificare il proprio rapporto e dire che vi erano uomini della polizia dove invece non c’erano. Di certo il potere francese non si aspettava di trovare un ostacolo del genere nella sua narrazione unica degli eventi, che non è certo poca cosa, visto che da due anni l’unica credibilità di Hollande e degli esecutivi si basa sull’emozione degli attentati e sul grandioso spiegamento di apparati di sicurezza in favore dei quali si è abolito lo stato di diritto: scoprire che in fondo si tratta di una messa in scena sarebbe letale. Così il ministro dell’Interno Cazeneuve l’ha denunciata per diffamazione, mentre il primo ministro Manuel Valls, lancia dichiarazioni durissime contro di lei che tra l’altro non si vede quale ragione abbia per mentire. E’ nata anche una pagina Facebook e una petizione per difenderla (qui), ma ecco che dopo aver dato ordine di cancellare tutte le riprese di quella notte, cosa che indirettamente conferma le dichiarazioni della poliziotta e al comtepo le impedisce di provarle, il governo s’inventa che la Bertin agisce così perché strumentalizzata da poteri misteriosi. Un complottismo da bar, che certo non compensa la cattiva coscienza con la quale è stato ritirato dal mercato un film franco-americano, Bastille day, che racconta di un attentato terroristico in Francia nell’anniversario della presa della Bastiglia e organizzato dal Ministero degli Interni, sul quale sono chiamati a far luce un truffatore americano e un agente della Cia. Immagino sia una robaccia come tutte quelle in cui gli agenti della Cia salvano il mondo dai perversi non americani, ma colpisce il fatto che si voglia assolutamente evitare qualsiasi suggerimento che il potere possa c’entrare qualcosa negli attentati. Si sa che l’uomo della strada è così suggestionabile da credere perfino al complottismo di potere.