imagesVisto che i venti di guerra spirano dal placido Don alla mezzaluna fertile, dal mar cinese meridionale al Baltico, vista l’incognita sul futuro inquilino della Casa Bianca che sarà l’indefinibile Trump o la guerrafondaia Clinton legata mani e piedi all’industria bellica, è forse il caso di distogliere l’italiano medio, pacifista fuori, indifferente dentro, dall’illusione di essere comunque dentro un ventre di vacca, al riparo dietro lo strapotere americano e dunque incline a lasciarlo agire senza darsene pensiero e senza mai riuscire a dire no. Ma francamente è anche un piacere disilludere la quasi sovrapponibile platea di quelli che il mercato, la concorrenza, la competitività, il privato e insomma quelli che adorano tutti i feticci della pseudoscienza economica: proprio questa mentalità che sostanzialmente si traduce – attraverso un lobbismo che diventa corruzione -in spese stratosferiche per sistemi d’arma spesso poco all’altezza, mediocri, mal funzionanti, a volte nemmeno realizzati dopo miliardi di fondi, ma soprattutto al di fuori di ogni logica e scelta strategica. Anzi queste ultime vengono piegate e orientate ai fini degli immensi profitti del sistema industrial militare.

Un esempio di scuola è proprio l’F35 che siamo stati di fatto costretti a comprare anche perché già in molti ci hanno mangiato, hanno promesso: è un caccia il cui programma di sviluppo tra i più costosi della storia ha dato come risultato una macchina mediocre incapace di mantenere le promesse con le quali è stato venduto dalla Lochkeed al Pentagono e finirà per esaurire tutte le finanze dell’Air force, scarificando il ben più efficace F 22 di cui sono stati costruiti soltanto 90 esemplari. Quando questo modesto prodotto, prima vantato come l’arma assoluta, avrà superato i problemi che pone quasi a ogni volo di collaudo, sarò finalmente disponibile, si troverà di fronte a caccia ben più performanti. E addio superiorità aerea, come ammette Frank Gorenc, comandante della US Air Force in Europa: «Posso onestamente dire che la nostra superiorità aerea di una volta è stata superata. Ciò non riguarda solo la flotta del Pacifico, ma assume importanza anche in Europa e in generale in qualsiasi parte del mondo. Loro (evidente che si tratta di Russia e Cina) hanno ridotto il divario».

Però è solo un esempio: i patriot sono ormai dei giocattoli con un terzo della velocità dei sistemi missilistici evoluti che dovrebbero intercettare, tutto il sistema nucleare americano, sia per l’operatività che per la sicurezza, è gestito da un’elettronica anni ’70 che funziona con i floppy disc, quelli grandi da 5 pollici che sono scomparsi dal mercato alla fine degli anni ’80. Il sistema Gdm che dovrebbe difendere gli Usa da un attacco missilistico e che è costato fino ad ora la bellezza di 130 miliardi di dollari, pare ancora in altro mare riuscendo ad intercettare nelle prove che per motivi ovvi e meno ovvi sono sempre più facili rispetto alla realtà, solo la metà dei missili (ma meno veloci di quelli di cui dispone l’avversario). Tanto che la Missile Defence Agency che gestisce e coordina il sistema (che naturalmente si tenta di vendere ai Paesi Nato dopo l’acquisto del sistema da parte dell’Arabia Saudita) ha dichiarato di non poter far fronte agli impegni e di non essere in grado di portare gli intercettori al numero richiesto, ovvero 44 se non avrà nuovi e colossali fondi. Si tratta di esempi e se ne possono fare altri mille a cominciare dalle portaerei per finire all’elettronica la cui capacità di difendersi dalle interferenze ha subito colpi durissimi nel mar Nero. Insomma parrebbe che l’arricchimento reso possibile dal complesso militare lo stia trasformando da strumento per mantenere l’egemonia globale a gallina dalle uova d’oro cui è possibile vedere di tutto e di più, soprattutto i sistemi che possono portare maggior profitto ancorché non siano così efficaci come nei depliant per generali.

E c’è di più: da quando i servizi per i contingenti all’estero sono stati esternalizzati, nell’epoca Bush, le aziende collegate con il Pentagono hanno trovato un nuovo modo per moltiplicare i loro profitti e assieme ad essi anche nuove ragioni per premere in favore delle avventure militari. Così il Gao, una specie di corte dei conti americana, punta il dito sul regolare sforamento dei budget alla cattiva gestione e agli investimenti sbagliati che invece di innovare realmente si limitano a drenare somme immense all’amministrazione con progetti fantasiosi e inconsistenti. Non c’è dunque da stupirsi se gli avversari designati dall’impero stesso e costretti ad essere il nemico perché le elites possano condurre più tranquille la loro lotta di classe al contrario, stiano rapidamente guadagnando terreno. Gli analisti della Research Corporation Rand lo ammettono, sia pure in termini edulcorati: “La Cina continua ad aumentare il potenziale della sua aviazione, complicando al massimo il compito degli USA. Visti gli attuali ritmi dello sviluppo militare USA, il bilancio della potenza militare nella regione Asia-Pacifico non è a favore dell’America”. E già anche perché gli avversari con le loro antiche aziende legate allo Stato possono armarsi e meglio a un quinto del costo americano: la guerra non è un videogioco.