ManifestatntiC’è qualcosa di straordinario nel fallito golpe turco o forse nel falso golpe   stimolato da Erdogan per ricevere un segnale di approvazione per sé da parte di  Washington e delle cancellerie occidentali, nonché per iniziare l’opera di smantellamento di qualsiasi opposizione residua e della Costituzione. Sì, qualcosa di straordinario e allo stesso tempo di miserabile che non riguarda la dinamica concitata, incerta e offuscata degli eventi, non la incredibile cialtroneria degli autori che pare abbiano fatto tutto il possibile perché l’operazione fallisse, ma concerne la narrazione mediatica che ha invece uno spartiacque assolutamente netto, ovvero le 1,30 del mattino. Fino ad allora era chiara ed evidente la simpatia dell’informazione italiana per il colpo di stato e per le forze armate turche “da sempre garanti della democrazia” (c’è sempre la democrazia di mezzo a giustificare tutto e il contrario di tutto anche se si tratta dei regimi filo occidentali  più retrivi), probabilmente perché trattandosi di esercito si poteva supporre che l’azione avesse l’approvazione sotterranea di Washington.

E dunque si raccontava in termini epici della folla per le strade senza sapere da che parte stesse. O si cominciavano le analisi su cosa sarebbe accaduto con i generali al potere come ha fatto il Corriere on line  che non ha nascosto più di tanto il compiacimento e l’idea che ci fossero gli Usa dietro l’azione tanto da vedere i generali come quelli che potevano portare la Turchia sulla retta via cancellando il protagonismo del sultano (qui). Poi quando è arrivato il comunicato di Obama che invece annunciava il “sostegno al governo turco democraticamente eletto”, quello che tanto per dire tre anni fa non contava in Ucraina, tutto è cambiato e come d’incanto Erdogan è ridiventato campione della libertà e la folla una confusa, inquietante e incognita espressione di appoggio al regime.

Questo è ciò che succede quando si vuole essere più realisti del re e soprattutto quando ci si abitua a scrivere sotto dettatura, anzi cercando anticipare le tesi preconfezionate che saranno utilizzate, senza alcuna voglia di sfrondare l’albero degli inganni, anzi partecipando al suo addobbo. Fatto sta che dopo il cosiddetto golpe, nel quale sono state sacrificate 300 vittime, un’inezia per il sultano, sono stati decapitati molti comandi miliari, deposti quasi 3000 giudici tra cui un componente della Corte costituzionale, per non parlare delle migliaia di arresti di oppositori e della minaccia nei confronti dei partiti non allineati a Erdogan,  tutto questo avviene con la benedizione  di Obama, della Merkel e della Ue: se non ci fosse stato il paravento del colpo di stato,  persino loro avrebbero avuto qualche difficoltà a giustificare la satrapizzazione turca, nonostante la faccia tosta di cui fanno sfoggio quotidianamente. Così il furbo sultano è riuscito in qualche modo a superare il fallimento di tutte le sue mosse in direzione della politica neo ottomana, la moltiplicazione  dei nemici, l’imbarazzo in cui ha messo gli amici, la politica del doppio binario con l’Isis. Ora per bocca di Obama ritrova la sua legittimità appannata.

Si potrebbe anzi sostenere che ci troviamo con un colpo di stato ribaltato: a farlo non sono stati i militari, spinti a una mossa assurda e poco pensata, ma è stato proprio Erdogan che ha sfruttato la situazione per rafforzare la sua satrapia. Tuttavia non possiamo escludere che il tentativo di golpe – ispirato secondo quanto suppone  la quasi totalità della stampa occidentale a Fethulá Gülen, il nemico giurato del sultano – possa aver avuto l’appoggio americano e che insomma la sensazione iniziale dei media non fosse poi così sbagliata. In questo caso però bisogna prendere atto di un passaggio d’epoca: Washington ha completamente fallito perché, come anche le vicende siriane e ucraine dimostrano, ha una percezione alterata e autistica della realtà, comincia a credere nelle proprie bugie e ai propri war games tanto da pensare che una frazione largamente minoritaria di militari potesse avere completo successo in poche ore e trovandosi a  dover legittimare ancora di più il personaggio di cui voleva liberarsi.Se così fosse dobbiamo comimciare a tremare perché quando il senso delle cose si appanna, ogni errore di valutazione e ogni fatale incidente è possibile, soprattutto se pensiamo ai due possibili presidenti in corsa. Allora si che saranno cose turche.