scontro_treni_001-1000x600Volendo estremizzare la strage ferroviaria in Puglia è colpa dell’euro e dell’ideologia liberista che ne ha accompagnato l’ideazione, un gigantesco errore che combinato con i vizi italici del capitalismo di relazione e del sistema politco – affaristico ha creato una miscela esplosiva. Lo so che qualcuno sobbalzerà sulla sedia però se c’è davvero un errore umano, esso va fatto risalire ai “macchinisti”   e ai padroni del vapore che dagli anni ’90 hanno creato il contesto, il substraro nel quale è maturata questa tragedia. Dal ’92 ad oggi per rientare nei paramentri della moneta unica, anche solo formalmente, si è dato il via a una lunga stagione di privatizzazioni, svendite, concessioni a favore di “amici” che è la radice del declino del Paese. Al grido di privato è bello ed efficiente, prima del riga del pater noster liberista  si è favorita una dimissione opaca e parassitaria che ha aumentato il numero dei percettori di profitto senza per questo portare a un’adeguata modernizzazione delle strutture, a una maggiore efficienza, a una crescita di investimenti. Anzi portando a un loro deterioramento.

Lo vediamo noi stessi sottoposti a una ridda di imprese per la vendita di lettricità e gas che si basano sempre sulle  sulle medesime reti di distribuzione e approvvigionamento le quali si limitano a spartirsi il bottino con politiche tariffarie da cartello e border line che tuttavia la legge in qualche modo autorizza e protegge. E la stessa cosa avviene per l’acqua e i trasporti, visto che nessuno vuole o è in grado di controllare il rispetto dei patti, la congruità delle tariffe e degli investimenti reali, così che padroni e padroncini sono di fatto liberi di fare ciò che vogliono salvo ricorrere all’aiuto dei soldi pubblici quando occorre. L’era delle privatizzazioni è stata inaugurata da Giuliano Amato nel ’92, subito dopo Maaastricht, con le grandi dismissioni bancarie e assicurative del Credito Italiano, Comit, Ina studiate e realizzate con la consulenza di banche speculative come Merril Lynch e Goldman Sachs. Nello stesso anno quest’ultima fu beneficiata da Mario Draghi che svendette l’immenso patrimonio immobiliare dell’Iri per un quarto del suo valore e poi proseguì Prodi con lo scorproro e la distruzione dell’Iri per finire con le disastrose operazioni con Alitalia. Gli schemi non sono mai stati limpidi, ma l’accecamento verso i dogni e tic liberisti era tale che Ciampi si vantò come di una medaglia al valore il fatto di aver lasciato nel 1997 Telecom a un gruppo di azionisti capitani dagli Agnelli con appena  lo 0,65% del capitale, pur di tenere legata all’Italia la famiglia torinese, che stava per cedere Fiat a Gm. Sappiamo com’è andata a finire, ma certo invece di entrtare nella gestione della più grande industria italiana che era sopravvissuta grazie a enormi quantità di soldi pubblici, si regalava a man bassa. Il risultato complessivo è che si sono incassati  127 miliardi di euro, ma dal quel 1992 il debito pubblico è più che triplicato, l’industria è stata svenduta, si sono persi fino al 2008, quindi periodo precrisi globale  oltre un milione di posti di lavoro nell’industria, le tariffe sono tra le più alte d’Europa, il livello dei servizi tra i più bassi e ancora oggi solo il 50% degli italiani è in grado di accedere alla banda larga. Per non parlare dell’effetto trascinamento che tutto ciò ha avuto sul sistema sanitario e su quello pensionistico.

Un incidente per quanto tragico rimane tale, ma non c’è dubbio che il contesto in cui esso è maturato è proprio questo quadro fallimentare di concessioni  dove alla fideistica fiducia nel privato e/o nella gestione privatistica dei servizi universali ed essenziali, corrisponde carenza di investimenti e dunque assenza di ricoversione e ammodernamento, mancanza di controlli, aumma aumma da tutte le parti. E oltre a questo anche riduzione selvaggia di personale pure in assenza di soluzioni tecnologiche alternative , come ad esempio il doppio macchinista. Ma si sa, questo è necessario ad alimentare il santo graal della competitività, guai se la tratta Corato – Andria fosse meno remunerativa di quella Tokio – Osaka che com’è noto viene utilizzata dagli stessi passeggeri.  O più realisticamente per aumentare i profitti e farli girare fra i paradisi fiscali caraibici , pacifici e sammarinesi  come capita al maggiore azionista della ferrovia della strage, il conte Pasquini e all’azionista di minoranza, ovvero la moglie legata a parentele con gli Agnelli: quindi il risparmio su qualche sensore in grado di fermare automaticamente i treni, qualcosa di non più complesso di ciò che viene montato persino sulle utilitarie , è assolutamente ammissibile, lecito, logico. Diciamo giusto.  Tanto che una torma di commedevoli imbecilli dediti alla politica o al commento, richiamati davanti alla telecamere per fare le prefiche e impedire che dal dramma maturi qualche consapevolezza. Ora si attaccano a presunti fondi europei inutilizzati e non si accorgono gli sciagurati che invocano soldi pubblici per sopperire alle magagne del privato verso il quale però non si stancano di turibolare. Mi danno la nausea.

Tanto più che si spendono cifre enormi per operazioni a dir poco grottesche come  sovradimensionare una linea ferroviaria, la Torino- Lione la cui tratta attuale è ampiamente sotto utilizzata mentre il piano delle Fs (leggi governo) per le ferrovie regionali, totalmente abbandonate da un quarto di secolo come i pendolari sanno benissimo, prevede ammesso e niente affatto concesso che mai si realizzi, investimenti  di 4, 5 miliardi da Firenze in su e 60 milioni per tutto il resto del Paese. Si, certo che si tratta di errore umano, un errore che dura da 25 anni.