Anna Lombroso per il Simplicissimus

Nulla ci viene risparmiato: come un vecchio padrino che non si arrende, come un boss che non si piega alla pensione, che impugna la pistola e va in prima persona a ricattare le sue vittime del racket, come il capoccia irriducibile che si presta simbolicamente perfino a buttare una bottiglia incendiaria contro la vetrina del negozio, per persuadere il cravattato che è meglio che paghi il pizzo, così una ex più alta carica che persiste  nell’errore di credersi monarca anche dopo la detronizzazione, lancia la sua intimidazione al popolo, aggiungendosi a una vasta schiera di manutengoli preoccupati di perdere la rendita e di lasciare il posto e gli annessi privilegi, ma anche a uno smilzo gruppo di costituzionalisti al dettaglio, di intellettuali resi remissivi dalla promessa di un posto d’onore nei talkshow,  di consulenze, di incarichi e di fondi e editoriali un tanto a peso.

Determinato a non fare il buon nonno, tenace nel dimostrare di non voler essere a nessun costo un buon esempio, incrollabile nella scelta di essere un cattivo maestro, tanto da ispirare la buona scuola governativa, ripercorre in una occasione ufficiale, di quelle alle quali sorprendentemente viene ancora invitato, il suo calvario di ben nove anni, tutto impegnato nel creare le condizioni per cancellare un passato democratico nel quale pare essere stato una svogliata comparsa e per il consolidamento della figura del golpista – ragazzino, suo nipote naturale e beneficiario della sua eredità di cancellazione dei principi e dei valori costituzionali.

E peggio di un agente della Folletto, peggio di un venditori di numeri al lotto in tv, che minaccia chi non compra il suo terno di “volersi far male con le mani sua”, quello che ha dato inizio alla nuova fase “scostituente” chiamando al governo un bigio ragioniere e i suoi esperti in computisteria, ci ricorda la sua opera instancabile per intimorirci e convincerci della necessità di liberarci delle “zavorre”, che ne so, lavoro, diritti, partecipazione, istruzione pubblica, accesso alle informazioni, tutela del territorio e del paesaggio, promozione della cultura, accoglienza, tutti attrezzi ammuffiti secondo l’imperituro giovanotto, che, non a caso, sono scritti in una carta arcaica, buon prodotto letterario, ma zeppo di imprecisioni, errori, carenze, ammesse a suo dire, anche dai padri costituenti. Non so se quello che a volte spero, che i nostri cari siano seduti sulla nuvoletta, guardano giù e ci proteggono. Ma fosse vero ce ne sarebbero di nuvolette piene dei saggi dell’Assemblea incazzatissimi, chiamati in causa senza neppure tavolino a tre gambe per confessare tramite Renzi, Boschi, Rondolino, Benigni, di aver sbagliato, di essere contenti che qualche illuminato simpatizzante per figure autoritarie e tiranniche, meglio se proprio fascista, per ignoranza della storia e non conoscenza della realtà, metta le cose a posto, come erano prima del ’45 magari, anzi meglio, prima del ’43, quando qualcuna di queste intelligenza pensava bene di iscriversi al Guf.

Proprio come un ex scolaro fannullone che ce l’ha coi “professori”, come l’asinello Renzi che ce l’ha coi saggi sapientoni,  racconta di aver passato 9 anni a “rompersi la testa”, ma anche a ricevere “dalle forze politiche perfino giuramenti fino alla fine della legislatura nel 2013 e poi riassumendomi la responsabilità al solo scopo di fare le riforme e quindi al di là dei perfezionismi, che dicono qua e là alcuni professori“. A proposito dei “perfezionismi”, Napolitano ha ricordato che “gli stessi costituenti riconobbero errori” perché dice, “nella seconda parte l’opera dei costituenti non è stata perfetta e lo sapevano anche loro”.

Per questo motivo ora occorre “far prevalere il senso dell’interesse comune al di là del confronto fra forze diverse che si contrappongono per la guida del Paese.

Ecco c’è da sperare che anche grazie al suo vibrante monito e alla sua pervicace propaganda, si forze diverse se ne esprimano tante. Perché aperta la strada alle manomissioni, la Costituzione italiana, potrebbe subire la sorte di altre carte, ferite e oltraggiate in nome di quell’interesse comune ai padroni e ai loro servi, quello del profitto, dell’attuazione tramite riforme della più iniqua disuguaglianza, dell’applicazione su larga scala del rifiuto, in modo da moltiplicare emarginazione, paura, ricattabilità. Finiremo come la Repubblica Ceca che si richiama alla Costituzione per vietare l’uso del termine “lotta di classe”, diventato monopolio di chi la fa alla rovescia. Come in Polonia dove, sempre grazie a una interpretazione “restrittiva” del dettato della Carta sono finiti fuori legge gli osceni, immorali e nichilisti Kafka, Goethe e Dostoevskij. Come in Svizzera dove è stato inserito tra i principi costituzionali il segreto bancario. Come in Germania dove riccicia il tentativo di inserire nel novero delle norme costituzionali il riconoscimento e rispetto della “proprietà”, proprio come sancito qui da noi nella recente giurisprudenza governativa in materia di urbanistica ed edilizia.

Come è successo con la Costituzione Europea, retrocessa a Trattato per farlo ingoiare senza discussioni, che stabilisce il primato della “società di mercato” e che riconosce tra i “diritti fondamentali” quello di “proprietà”.

Non ricordo chi scrisse: “I generali dicono che vogliono difendere la libertà”. “Che libertà?”. “Quella dei generali”. Sarà meglio che togliamo la nostra libertà dalle mani dei generali, anche quelli che dovrebbero essere a riposo.