CfFGaMFVIAATKuUC’è un giudice non solo a Berlino, ma anche a Vienna. Un  giudice che è poi la Corte costituzionale austriaca la quale ha decretato la nullità delle elezioni presidenziali a causa dei clamorosi  brogli avvenuti un po’ dappertutto sul territorio, ma in particolare nel campo dei voti giunti per posta: è scioccante, però lo sarebbe stato ancora di più fare come se nulla fosse visto che i brogli finora accertati superano del doppio la differenza tra il vincitore Van Der Bellen, ufficialmente un verde europeista, appoggiato dai demosocialisti, secondo la versione edulcorata fatta propria anche dalla maggior parte del mondo progressista italiano, nella realtà un reazionario iperliberista con una storia familiare che affonda le radici prima nell’antisovietismo   e poi nel nazismo e il nazionalpopulista Norbet Hofer: due personaggi in cui è possibile ravvisare molti punti di contatto e una significativa differenza solo riguardo al rapporto con l’Europa e all’obbedienza passiva alle sue tesi economiche. Dovrebbero essere contenti gli imbecilli “con occhi di lince” che teorizzano una delegittimazione del referendum inglese perché la maggioranza sarebbe troppo risicata e hanno persino votato gli anziani, ma qualcosa mi dice che il loro animo di cavalier serventi degli oligarchi non si rallegra affatto e forse comincia anche a spaventarsi.

Certo di cose strane nel ballottaggio austriaco ce ne sono state molte e sono state denunciate già nelle ore successive al voto: a Linz su  3518 aventi diritti  si sono registrati 21.060 suffragi, 14.533 dei quali per Van der Bellen; a Miesenbach nella Bassa Austria, hanno votato anche i  ragazzi di età compresa tra i 14 e i 15 anni, mentre l’età legale è 16 anni; a Waidhofen l’affluenza è stata miracolosa, il 146,9% ; in  Tirolo sono state rinvenute schede a favore di Hofer buttate in un sacchetto per la spazzatura. Ma questa è robetta al confronto dei misteri che hanno avvolto il voto postale, robetta non tanto nei numeri quanto nella fattura artigianale, locale ed estemporanea, mentre alterare i suffragi per posta richiede azioni più vaste e coordinate che implicano una complessa filiera che parte dai consolati all’estero per finire al ministero degli interni, insomma sfiora il potere e richiede un disegno complessivo tra soggetti molto diversi. Forse per questo, una volta accertata la  “gestione impropria ” di 78 mila schede, più che sufficienti a invalidare il risultato si è deciso di non andare più a fondo e di rifare le presidenziali come soluzione meno imbarazzante e compromettente.

Mi chiedo però una cosa: i giudici avrebbero preso la stessa decisione se il referendum inglese avesse avuto un altro esito? Se i poteri di Bruxelles non fossero stati per la prima volta contestati e rigettati? E fin troppo evidente  che in questo nuovo e inatteso quadro il peso dei brogli per l’elezione di un presidente di ortodossia europeista, rischia di avere un effetto dirompente capace di devastare il panorama politico austriaco in maniera ancora più radicale di quanto già non lo sia. Tanto più che i vicini Cechi hanno fatto sapere di voler anche loro effettuare un referendum sulla permanenza in Europa. Dunque si è scelto il male minore, alla peggio meglio un Hofer oggi che un inimmaginabile il caos domani. Questa è però una linea di tendenza che vale ovunque in Europa specie dopo che sono sorti inediti e variabilisimi blocchi sociali accomunati da un unico denominatore, ovvero l’assenza della sinistra che sta sempre e regolarmente dall’altra parte, quella dei poteri forti  e anche nelle sue parti radicali ha rifiutato di ingaggiarsi nella lotta e portarvi qualche maggiore consapevolezza, presa nell’universo concentrazionario dei suoi preziosi feticci, tra cui l’Europa è il più evidente. Tanto che laddove è riuscita invece a prendere l’iniziativa o si è arresa anche a causa delle sue ambiguità esistenziali e della poca fede in se stessa o ha ben presto preso la strada del compromesso e della prudenza come dimostra Podemos che dopo i primi successi e speranze non ha fatto che planare verso il fallimento e l’astensione dell’elettorato di sinistra, trascinando nel disastro anche Izquierda Unida. Così la battaglia d’Europa sembra essere monopolizzato da una parte dalle destre elitarie e antidemocratiche ormai sulla strada di contestare persino il suffragio universale e le elezioni stesse in favore di una deriva plebiscitaria e dall’altra da movimenti certo con caratteri di classe , ma spesso abbandonati agli istinti più immediati. Alla fine la Ue, tralignata in oligarchia, ci regalerà, moltiplicati,  gli stessi fantasmi da cui voleva esorcizzarci.