Certo che l’Italia è uno strano Paese: permette di costruire sacrari a uno dei più noti boia fascisti, Graziani, la cui ferocia è stata seconda solo alla sua cialtroneria ; consente ogni “ricostituzione” alla luce della noncuranza e dei cavilli; aiuta sottobanco le organizzazioni che si ispirano apertamente al ventennio attraverso una rete che si estende dalla politica, alla magistratura, ai servizi; accorda a gruppi e movimenti di ispirazione fascista di partecipare alle elezioni, tanto che la neo ricostituita Avanguardia nazionale già dichiarata fuori legge nel 1976, fa intendere di voler divenire una forza politica con ambizioni anche nelle urne. Ora è chiaro che nulla è cambiato in quarant’anni in questa formazione che avrà tra i suoi padri nobili il medesimo organizzatore di un tempo, ovvero Stefano delle Chiaie: non è che loro siano meno fascisti di prima, lo è di più l’elite italiana come dimostra anche la distribuzione del Mein Kampf dal parte del Giornale. Un’operazione sfacciata e verminosa che però ha trovato qualche consenso e persino la difesa alcolica da parte di qualche anziano adolescente del giornalismo, il quale l’ha presa per operazione di libertà, forse credendo che l’ignobile e peraltro illegibile pastiche hitleriano fosse proibito mentre è in vendita ovunque, persino on line presso Amazon, oggi anche in Germania dove la pubblicazione è stata impedita fino ad ora dal governo bavarese che ne deteneva i diritti d’autore cessati il primo gennaio di quest’anno.
Eppure è proprio in questo Paese che viene discussa un ‘improvvida legge per rendere reato penale “la negazione della Shoa o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra”. Che meraviglia, potremo denunciare e sbattere in galera chi inneggia alla Nato? No, perché disgraziatamente valgono solo le sentenze emesse dal Tribunale internazionale dell’Aja, che è – come dire – un’estensione del dipartimento di Stato di Washington, chiarendo così una volta per tutte che la legge, a imitazione di altre nate in Europa, non viene in aiuto dell’umanità e della civiltà, ma di interessi geopolitici complessivi, fatti passare imperniando la loro leva sull’Olocausto. Siccome non possiamo di certo approvare questo orrore ci dobbiamo trascinare dietro anche il resto e per esempio ritenere normale, giusto doveroso condannare i falsi massacri fatti dai Serbi e tacere su quelli veri compiuti dalla santa alleanza nord atlantica. Oppure si può tranquillamente negare il genocidio degli Armeni per compiacere il Sultano di Ankara, nostro compagno di merende terroristiche o anche considerare come fastidioso danno collaterale il milione di cambogiani ammazzati nei bombardamenti durante la guerra del Vietnam, quella combattuta “per difendere la nostra libertà” come oggi si dice negli States ancora memori dell’invasione dei Vietcong sulle coste californiane. E mi tengo lontano dai giorni e dagli eventi più vicini.
Insomma si sfrutta la Shoa per le stragi contemporanee alla luce degli interessi dell’impero e lo si fa negando la libertà di opinione, che per quanto esecrabile nel caso specifico, dovrebbe poter essere esercitata comunque. Non fosse altro perché i rigori della legge non fanno altro che conferire una qualche importanza e dignità al negazionismo, trasformandolo da abietto e inconsistente falso storico a oggetto di censura, da miserabile alibi numerico per sfuggire al problema etico e politico a tema di inquisizione e in quanto tale meritevole di attenzione e dotato di tutte le seduzioni delle cose probite. Se qualcuno sostenesse che Hitler non è mai esistito lo prenderemmo per un mentecatto e a nessuno verrebbe in mente di fare una legge per impedire che qualcuno diffonda questa sciocchezza. Il vero problema non è quello di creare commistioni tra storia e legge, ma di capire perché il negazionismo che quanto a consistenza non è molto più solido dell’Hitler inesistente, conservi la sua perversa fascinazione e perché un Paese così corrivo con gli eredi di chi promulgò le leggi razziali, trovi le risorse di ipocrisia necessarie a normare la verità. La risposta è complessa e richiederebbe una corposa rivisitazione della storia del XX° secolo, oltre che del pezzetto di XXI° che stiamo vivendo. Ma il livello psicologico elementare, gli umori inconsapevoli sono molto più facili da analizzare: il negazionismo, quando non è uno squallido pretesto del razzismo o un correlato così imbarazzante di tesi politiche da dover essere nascosto, è un’erbaccia che cresce e alligna su un letto di bugie e narrazioni che non riguardano affatto il genocidio in sé , quanto piuttosto la mitologia americana con cui interpretiamo gli eventi della seconda guerra mondiale.
Si sente che qualcosa non funziona in tutto questo e allora invece di considerare con maggiore senso critico la verità del vincitore si rivalutano gli incubi del perdente e per di più nei suoi aspetti peggiori. Ora a parte tutto il rosario di leggende e carabattole sulle vicende belliche, come ad esempio la battaglia di Inghilterra, che sebbene smentite dalla storia ufficiale, continuano a tenere campo in quella popolare, a parte le operazioni politiche dirette come la marginalizzazione del ruolo dell’Urss che fu invece fondamentale e decisivo nella vittoria o il velo che viene steso sulle stragi nel Pacifico, a parte la tesi auto assolutorie secondo cui le bombe atomiche furono usate per salvare vite umane, è del tutto evidente che la Shoa (alla quale diedero una vigorosa mano anche aziende americane come l’Ibm) e l’abbattimento per tutt’altre ragioni dell’orrendo regime che l’aveva voluta, è divenuta il fondamento etico dell’egemonia americana e il nucleo della sua proclamata eccezionalità che in quanto tale non ha confini etici, ma li crea o li confonde a seconda dei casi.
L’Olocausto è divenuto così la colonna portante e assieme il velo morale delle guerre dell’impero e delle immense stragi che esse hanno provocato nel tentativo di instaurare un dominio globale. Spesso si dice che Israele sfrutti la Shoa, ma è niente in confronto a quanto fanno le elites Usa che su quella hanno costruito una specie di fortilizio etico a giustificazione di qualsiasi cosa. Naturalmente è insensato, avvilente, intellettualmente miserabile oltre che inutile, negare la Shoa e proporre primavere hitleriane, nell’inconsapevole intento di sottrarre all’impero il suo pretesto fondante: ma è questo il livello minimo, feroce, ottuso della contemporaneità.
Si noti poi che mentre in Parlamento la legge sul negazionismo va tranquillamente avanti e, dopo l’approvazione da parte della Camera, ritorna al Senato per una nuova lettura, i parlamentari italiani (e i giornalisti che ci rendicontano sull’evoluzione di questo illiberale provvedimento) sembrano aver dimenticato quanto scritto in apertura dell’articolo 21 della nostra Costituzione:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
La prima firmataria del disegno di legge, Silvana Amati del PD, nel presentare il provvedimento lo aveva definito come “un atto che il Parlamento deve come riparazione alla comunità ebraica italiana dopo la vergogna delle leggi razziali del 1938”. Frase retorica, chiaramente, perché un parlamento composto da persone che nel 1938 (78 anni fa!) non erano ancora nate, o erano nella prima infanzia, non può avere alcuna responsabilità etica o politica in merito a quei fatti. Che questa slegge, come la definisco, nasca nel preciso momento in cui è palese il contenuto antidemocratico, e quindi di fascismo implicito, sia nella nuova proposta di riforma della Costituzione promossa dal PD sia nella politica renziana di supina accettazione di tutto quanto provenga dalla UE, una costruzione politica in cui l’antidemocraticità è strutturale (la si potrebbe definire fascismo by design) fa capire come, anche in questo caso, venga applicato il principio per cui il mandante di un omicidio politico è il primo a convocare i giornalisti per esprimere il suo orrore per quanto accaduto, esternare la sua solidarietà alla famiglia dell’ucciso e ribadire che non vi sarà alcuna pietà per gli assassini.
È il principio dell’ “Arbeit macht frei”. Ecco cosa ci dice in merito Wikipedia: “Arbeit macht frei (dal tedesco: Il lavoro rende liberi) era il motto posto all’ingresso di numerosi campi di concentramento nazisti durante la seconda guerra mondiale. La scritta assunse nel tempo un forte significato simbolico, sintetizzando in modo beffardo le menzogne dei campi di concentramento, nei quali i lavori forzati, la condizione disumana di privazione dei prigionieri e sovente il destino finale di morte, contrastavano con il significato opposto del motto stesso.”
https://it.wikipedia.org/wiki/Arbeit_macht_frei
“Per i pochi altri, la sensazione di essere sempre più stretti dalle maglie soffocanti di leggi antiumane che si iscrivono in una logica di creazione di uno spazio legale volutamente cosparso di un’infinità di mine invisibili pronte ad esplodere e a coinvolgerti.”
criminalizzazione del cittadino (suddito..) delle classi subordinate, depenalizzazione dei reati tipici della classe dominante … istituzione di uno stato leviatano ed autoritario, dissoluzione della democrazia ed in buona parte dello stato di diritto a favore della legge del più forte che criminalizza arbitrariamente il più debole.
L’antisemitismo ha origini remote, discusse ed elaborate a bizzeffe da esperti, accademici e simili. A voler credere alla storia, piu’ di 150 paesi, popoli e governi, a un certo momento, hanno perseguitato o limitato il potere del popolo eletto. Il quale, tramite i suoi rappresentanti nello stato ospitante (specie nel paese eccezionale) ne occupa le posizioni piu’ critiche, ricattando e condannando (appunto), chi osi sollevare qualche dubbio.
I ‘sei milioni’ son venuti fuori nei 1960, specialmente dopo la colonizzazione militare della Palestina.
Sicché il paese piu’ razzista del mondo può far passare per razzista chi obietti al dogma della ‘shoa’.
Secondo statistiche che non ho verificato, durante un anno, il termine ‘holocaust’ e’ secondo solo a ‘weather’ in numero di apparizioni nel New York Times.
Che qualcuno, persino nella colonia italiana, voglia far condannare chi mette in dubbio l’olocausto, non fa che confermare un fatto empirico comprovato dalla storia.
Quando chi dubita la verità ufficiale viene condannato, vuol dire che la ‘verità’ e’ una palla.
Galileo docet, come accennato dal Sig. Casiraghi. Quando Galileo, con cannocchiale state-of-the-art, scoperse che Giove aveva dei satelliti, addio universo geo-centrico.
Per cui il vescovo di Pisa promulgò una pastorale – secondo la quale era peccato usare un telescopio, perchè il telescopio faceva vedere oggetti che non esistono.
Chi e’ interessato puo’ vedere il seguente video, “The last days of the big lie – Spielberg.” https://www.youtube.com/watch?v=80GgRWuXcO8
e trarre le sue conclusioni. E’ un po’ lungo, ma e’ necessario che lo sia per coerenza all’obiettivo di dimostrare il dimostrabile.
Ai tempi di Galileo il concetto di negazionismo non esisteva ma non si poteva negare che il sole ruotasse attorno alla terra senza subirne pesanti conseguenze. Spesso di parlava di eresia e il concetto di negazionismo nostrano è infatti strettamente apparentato a quello di eresia, con buona pace della pretesa, che forse ancora nutriamo nel nostro cuore, di essere migliori dei nostri progenitori. E come l’eresia e la caccia alle streghe furono molto utili al potere di allora, così il negazionismo di oggi promette altrettanti vantaggi ai fini della messa in croce di possibili oppositori politici.
La novità del negazionismo attuale è però collegata anche a quel meccanismo perverso di proliferazione di fattispecie di reato che favorisce, oltre che il regime, il business degli avvocati, che i nostri rappresentanti in parlamento non si accorgono, o si accorgono benissimo, di promuovere. Il giorno in cui il negazionismo verrà reso legge scopriremo infatti che la sua applicazione, inizialmente confinata ai genocidi propriamente detti, verrà a poco a poco dilatata dalla giurisprudenza, sempre interessata a tutto ciò che può estendere la portata del suo raggio d’azione (altri direbbero: potere) a tante altre fattispecie “confinanti” per cui dire viva Hitler in un contesto scherzoso, anche se di cattivo gusto, comporterà alla fine pesanti pene detentive o multe sproporzionate: le leggi, converrà ricordarlo, sono fatte per il 50% dal parlamento e per l’altro 50% dalle interpretazioni più o meno felici che di esse danno le pronunce della Corte di Cassazione.
Ponendo mente allo scenario più ampio in cui si inserisce l’attuale frenetica attività legiferante risulta chiaro che lo scopo ultimo delle leggi varate da qualche anno in qua è quello di mettere in galera o di multare selvaggiamente il numero più alto possibile di italiani con la logica delle minime cause, effetti giganteschi. Il bisogno di soldi dello stato spinge a comminare punizioni economiche palesemente sproporzionate mentre il bisogno di privatizzazione delle grandi società che vogliono gestire le prigioni al posto dello stato spinge verso il concetto malsano della creazione costante di nuove tipologie di reato e la privazione della libertà per lunghi periodi in modo da poter lucrare sulla gestione dei detenuti che, più staranno in galera, e più determineranno profitti per i loro gestori, esattamente come avviene in America già da decenni.
Per il cittadino normale, quello che non si rende conto dei pericoli che ogni nuova legge comporta per lui e per la sua famiglia, non cambia nulla. Per i pochi altri, la sensazione di essere sempre più stretti dalle maglie soffocanti di leggi antiumane che si iscrivono in una logica di creazione di uno spazio legale volutamente cosparso di un’infinità di mine invisibili pronte ad esplodere e a coinvolgerti.