Anna Lombroso per il Simplicissimus

È stata la prima volta, in questa fase storica, che un atto di terrorismo non è stato chiamato col suo nome, quando anche il motociclista che investe la nonnina sulle strisce pedonali viene sospettato di essere un fan del Califfato.

L’assassinio brutale della Cox della quale si conosceva l’impegno in favore di diseredati, sommersi, disperati d’oltre frontiera e oltremanica ancor più della militanza filoeuropeista, è stato subito bollato come l’atto di un  pazzo, di un fanatico, interpretato e offerto al pubblico dalla propaganda dell’establishment come allegoria didascalica e dimostrativa di quello che sarebbe successo uscendo dall’ordine costituito che regna in Europa.

Beh, il terrorismo dell’advertising comunitaria e dei suoi fiancheggiatori non l’ha avuta vinta,  l’intimidazione e il ricatto non hanno sconfitto quella collera della gente che serpeggia sottotraccia, come un fiume sotterraneo nelle urne britanniche come nelle piazze francesi, che era stata battuta in Grecia ma che potrebbe riaffiorare, contro quel sistema antidemocratico, gerarchico, burocratico che vuole dominare grazie alla narrazione epica della realizzazione di un sogno federalista, coagulante di ideali e valori, in realtà forse sognato da qualche èlite molto schizzinosa e remota rispetto ai popoli e ai paesi, ma mai davvero voluto, se non come attuazione, concentrata in mani lorde di sterco del demonio oltre che del sangue di imprese belliche spacciate per esportazione di virtù democratiche,  di politiche di dominio capitalistico e coloniale perfino all’interno dei suoi confini.

Quel sistema che dopo aver nutrito, finanziato, assecondato quei movimenti e partiti fascistoidi, neonazisti, xenofobi, che nel Regno Unito hanno egemonizzato la protesta anti europea, mettono in guardia dal pericolo che hanno allevato in casa e fuori, come se il loro razzismo, la loro indole di sopraffazione fosse poi diversa dalle deportazioni delegate alla Turchia, dai lager di Calais, dai muri mitteleuropei. E come se la tracotante sopraffazione, le speculazioni sulla disperazione, i profitti sullo smantellamento di diritti e garanzie, le ferine misure antisindacali, le brutali repressioni  degli operai, le morti per mancata assistenza, insomma il fascismo legittimato e autorizzato dal club occidentale, fossero effetti naturali e dunque imprescindibili del dispiegarsi della crescita, secondo le regole della necessaria austerità, meritata da popoli che ingiustamente hanno avuto troppo.

Oggi quel club e i suoi cantori non sanno a chi rivolgersi, interpellano la crème del provincialismo tirato su a suon di cappellini pastello della regina, quei Severgnini che sanno di relazioni internazionali come quelli che fanno la simultanea ai congressi, capaci di dire stronzate bilingui, interrogano esperti finanziari ben introdotti nel mondo dei disegnatori di cerchi per terra nei quali risparmiatori imprudenti quanto ricattati sono ostaggio, o disinvolti “operatori” noti per aver investito sui successi propiziatori di affari del leader rignanese, o commentatori ben radicati per via di matrimoni esotici, tutti unanimemente pronti a ripetere il mantra minaccioso sulle nefaste ricadute per manager italiani: baristi e pizzaioli per lo più, attivi nella City, per studenti orbati di Erasmus, per borse orientate da tempestivi diktat di agenzie di rating e azionariati, per i titoli, i fondi, gli orripilanti prodotti dei sistemisti cravattari della finanza, messi a rischio dall’uscita di un paese già sagacemente “estraneo”.

Per non dire dell’altro cupo e pesante avvertimento mafioso, con la Francia pronta a presentare il conto degli immigrati che scaraventerà in terra britannica, autorizzata dal Brexit   a stracciare trattati e patti bilaterali, come misura punitiva per la ribellione. Come se la Gran Bretagna si prendesse paura e si tirasse indietro su rifiuti e rimpatri, dopo aver rifiutato di accogliere in siriani in barba alle regole dell’Onu. Come se la Francia non fosse il paese della Giungla di Calais. Come se l’Europa non avesse stretto un’alleanza di ferro col sultano, pronto a sbrigare a caro prezzo il lavoro sporco. Come se l’Italia non fosse fiera di farsi portatrice di un progetto neo coloniale, per finanziare tiranni e despoti africani sanguinari in cambio di affari, a patto che trattengano popolazioni oppresse, affamate, assetate, braccate da guerre alle quali il paese non si è mai sottratto.

E come se questo vecchio continente non pensasse di modernizzarsi trattando i suoi popoli come terzo mondo interno, da depredare, ridurre in miseria, mortificare nei desideri, nelle aspettative, nel futuro, espropriato di diritti d dignità, negri, gialli, schiavi tra i negri, i gialli, gli schiavi con l’unica concessione, quella di essere forti coi più deboli, quanto siamo deboli coi più forti.