Non credo ci sia molto altro da dire sulle amministrative, i numeri parlano chiaro e i giochi delle tre carte di Renzi hanno un che di patetico, assieme alle giravolte di una minoranza Pd irresoluta a tutto e che non sa altro che sussurrare il leit motiv della sinistra di governo nella speranza che qualcuno non abbia ancora capito che essa consiste nell’acchiappare citrulli con la carota della sinistra e bastonarli con la destra di governo. Ma c’è anche un fatto curioso nel disastro piddino, qualcosa di apparentemente secondario, ma che denuncia benissimo il contesto servile e l’immaginario miserabile del renzismo: il Pd ha pagato profumatamente un guru americano delle elezioni Jim Messina per studiare la campagna referendaria e che ha messo mano anche alle comunali , visto che c’era.
Messina è quello che ha fatto vincere Obama e il proprio conto in banca inventandosi cose mai viste prima come la raccolta – analisi dei dati e il porta a porta, senza nemmeno avere idea che il Pci lo faceva negli anni ’50. Insomma è l’ennesimo cazzone americano che ha fatto i soldi vendendo ovvietà e stronzate ad altri cazzoni che ormai vivono nella rarefatta società dell’immagine, della comunicazione, del gergo affaristico e del niente. Il suo arrivo e il cachet che con le spese arriverà a qualche milione di dollari, pagati dagli italiani poter essere fregati meglio, dimostrano tutto il verminaio provinciale del guappo e di una parte consistente di italiani di bassa cultura: si dà per scontato che se è americano dev’essere per forza straordinario ed è per questo che gli spot commerciali fanno un vasto uso di ridicola anglofonia. Chi ha ha vissuto anche per poco negli Usa non da turista , sa che la cifra del Paese è la mediocrità , il semplicismo, la sommarietà instillate fin dal biberon. Tanto che spesso la complessità viene messa al servizio di queste virtù. Se Messina fosse un vero professionista avrebbe rifiutato un incarico che prevede la conoscenza di un contesto culturale, mentale e sociale diverso da quello che gli è noto e se il renzismo avesse qualche traccia di intelligenza rilevabile da satellite, non pagherebbe fior di quattrini per avere l’idea della campagna porta a porta. Certo door to door suona diverso e miracoloso tra gli atri muscosi e i fori cadenti, ma è sempre la stessa cosa che si usa da almeno un secolo.
Questo però ci porta ad un altro punto essenziale: le diversità culturali sono viste dal liberismo e dalla finanza come uno sciagurato accidente: tutto è o dovrebbe diventare americano per avere una qualche validità sul mercato globale e per essere apprezzabile. Con tutta evidenza questa dev’essere una stella polare nel miserrimo universo del guappo e dei suoi adepti la convinzione che certe formule e certi stìli di vita debbano valere universalmente: così ha tirato fuori il portafoglio per scoprire che una cosa considerata da lui come antiquata e da rottamare è invece modernissima, assolutamente ammeregana.
Tuttavia mi compiaccio di questo provincialismo, straccione però con le mani bucate, di questo ennesimo ossimoro della stupidità perché porta fortuna agli avversari: Rutelli nel 2008 si affidò a Stanley Greenberg (forse quello che gli ha ispirato l’immortale, plize visit italy) e prese una storica scuffia da Alemanno non da Cavour, per non parlare di Monti che aveva chiamato David Axelrod per fare la figura di cacca che sappiamo. Ma chi può convincerli che questi supposti maghi sono solo acchiappacitrulli? Dopo tutto, oh my God, sono americani. Già forse proprio per questo hanno raggiunto il loro livello di incompetenza, anche se niente in confronto alla cialtroneria di quelli che vogliono fare gli americani.
L’ha ribloggato su Redvince's Weblog.
L’altro giorno il buhaiolo della Fiesole s’è fatto fare un servizietto-marketta dal TG1-2-3-Sky-La7…ecc. insomma il TG-Unico Nazionale da far invidia al Bollettino Unico dell’Mtb del Burkina Faso quando il golpista Diendéré e il suo compagnuccio di merende Compaoré si spartivano potere e informazione. Il guappo del Pontassieve decantava la bontà dei prodotti dalla sede della Coca Cola Italia di Caserta, lo sponsor. La Coca Cola è in crisi di vendite in tutto il pianeta. Hanno deturpato il gusto della Fanta, la Sprite è imbevibile, le lattine e le bottigliette in plastica che escono dallo stabilimento di Caserta hanno un gusto avariato, come le skiforme che ci vorrebbe appioppare questo governucolo di percipagliari. Chissà quanto avrà incassato il pdR (Partito di Renzi, ovverossia paccottiglia per ricottari) per questo spottone di un marchio alla frutta (dovrei scrivere all’ammazzacaffé perché la caffeina che è presente in quella paccottiglia che spacciano per Coke Cola in realtà è “caffé che ammazza”…). La Coca Cola come la Fiat di Marchionne: due brand col becchino che gli prende le misure per la cassa.
E’ confortante (almeno platonicamente) che almeno qualcuno, nel Bel Paese, se ne sia accorto. E’ caratteristica della cultura del paese eccezionale di far passare ovvietà assolute come frutto di ricerche, che solo dei geni (americani) potevano scoprire. E chi, sia pure senza insultare e senza sufficienza, fa gentilmente notare che l’ovvio non può essere il risultato di un genio, passa per uno che non ha capito niente. E’ deprimente osservare come l’Italia, la quale, coeteris paribus, ha fin troppa reputazione di furbizia (che è un derivato deteriore del buon senso), anche in questo copi il modello con la solita piaggeria.
Fare un po’ di ginnastica personale, agitando braccia e gambe, diventa l’arcano “pilates”.
Assumere qualche posizione yoga, seguita da un po’ di danza, diventa NIA (Neuro-Muscular Integrative Action), con costosi corsi tenuti da “specialisti.”
Per capire che mangiando moderatamente si sta meglio, bisogna fare un corso (a pagamento) di psico-biotics etc. etc. La lista e’ lunghissima.
Specialmente nel settore medicale-farmaceutico l’acchiappa-citrullismo non ha letteralmente limiti. Non per niente la chiamano “l’industria del benessere.” Shakespeare diceva, “He who is so yoked by a fool, methinks cannot be chronicled for wise.” Chi si fa assoggettare da un fesso, non puo’ passare per furbo. Ma nella cultura corrente, chi si fa assoggettare da un acchiappa-citrulli, da’ prova di essere veramente intelligente.”
Mi sembra più probabile che questi personaggi, anziché essere stati chiamati, siano stati imposti ai tre personaggi politici italiani citati nell’articolo. Solo gli americani infatti possono avere fiducia negli americani, non certo i politici italiani che spesso neanche sanno l’inglese e il cui realismo, cinismo e “scafatismo” li preserva completamente dal provare vero entusiasmo per i loro boss d’oltreoceano e i relativi emissari. Quando in Grecia Tsipras “doveva” emergere, l’altro partito al governo (Nuova Democrazia) si mise a fare delle cose strane in modo da far precipitare la situazione e indire delle elezioni anticipate assolutamente controproducenti perché era ben noto dai sondaggi dei giornali che Tsipras avrebbe vinto.
Forse, quindi, Renzi sta solo obbedendo a qualcuno che gli detta le mosse da fare per far sì che i Cinquestelle vadano al potere e non sarebbe certo il primo paese europeo in cui si impone alla sinistra di suicidarsi.
Come si sa, poi, ogni nuovo giro di vite contro il popolo richiede nuovi personaggi che si “sacrifichino” e dopo Monti, Letta e Renzi, forse ora è venuto il turno dei grillini. Certo, si tratta solo di elezioni locali ma il nuovo modo di trattare i Cinquestelle da parte dei media italiani ed esteri sembra suggerire uno sviluppo in questo senso. Per esempio, supponiamo che nei comuni dove ha vinto il M5S introducesse un qualcosa chiamato reddito di cittadinanza, anche se magari non lo è veramente: la popolarità del movimento schizzerebbe al cielo e questo solo gli farebbe ipotecare le prossime elezioni politiche. Insomma, l’importanza di questi risultati locali non sta nel fatto che un movimento “pulito” ha avuto un risultato sorprendente ma nella considerazione che avere un proprio sindaco a Roma e Torino consente una visibilità nazionale e internazionale che permette di operare ogni sorta di mossa ad effetto in vista del vero traguardo: la vittoria alle prossime politiche.