China-tests-hypersonic-strike-vehicleObama ricevette il premio Nobel preventivo per la pace perché aveva promesso di liberare il mondo dalle armi nucleari, ma non solo non ha onorato questo contratto con la storia,  è stato addirittura il presidente che in assoluto ha speso di più per le testate nucleari. Tony Blair nella sua prima campagna elettorale immise nel labour una massiccia iniezione di candidati donna, colorando di rosa Westminster per far dimenticare la cancellazione del rosso. Il primo giorno di lavori questo Parlamento al femminile votò a stragrande maggioranza il taglio dei sostegni ai genitori singoli, che erano ovviamente quasi tutte donne. Due esempi per mostrare il declino della democrazia e della rappresentanza che è ormai solamente figurativa, mentre il potere sta altrove ed elude totalmente il voto. Sta nel complesso industrial militare che impone le sue politiche, sta nelle parole d’ordine dei media che si compiacciono delle apparenze più volgarmente televisive e populiste, come quelle del leader in bicicletta negli ultimi duecento metri dopo essere sceso alla chetichella dall’auto blu o appunto quelle delle quote rosa, un modo moderno per designare candidati di comodo, che siano peones o peonie.

Perciò tifare Clinton contro Trump o viceversa basandosi  sulle apparenze o su automatismi culturali è solo illudersi, puntare su cavalli che dipendono comunque dalla direzione dell’ ippodromo: la scelta si riduce tra una giumenta bolsa e ottusa ma molto affidabile e un ronzino bizzoso e confuso che si compiace di una xenofobia diretta e non di quella politicamente corretta della rivale. Chiaro che le preferenze vanno alla prima che promette tra l’altro una più vasta linea di interventismo armato, dunque più lucrosa, ma alla fine non ci saranno problemi: sarà la logica del potere ovvero quella dell’impero a prevalere.  Dunque è molto più interessante capire come si sviluppa tale logica, a cosa porterà, in che misura essa sia contrastabile o eventualmente modificabile dall’interno. Purtroppo gli eventi degli ultimi vent’anni, le politiche messe in atto, la struttura sempre più ristretta del potere reale  portano a disperare e a ritenere che l’unico sbocco  che elites statunitensi individuano per conservare il dominio globale sia la guerra. La situazione attuale è drammatica se vista con un minimo di prospettiva: il neo liberismo sta distruggendo la classe media e impoverisce la popolazione con la necessità di continuare a sostenere i consumi con operazioni finanziarie fasulle ancorché confezionate sotto forma di investimenti che servono a distribuire il fardello futuro sul resto del mondo. Questa stessa politica ha contribuito ha delocalizzare l’industria e di conseguenza anche a trasferire in Asia un sapere tecnologico che ormai sfida apertamente la supremazia Usa, peraltro molto sopravvalutata grazie a una costante propaganda mediatica. Il dollaro stesso rischia di perdere progressivamente la sua centralità che finora è stata garanzia di un benessere artificiale ( gli Usa con il 12% del pil globale nominale, detengono oltre il 40% dei consumi).

E’ evidente che una guerra sarebbe lo sbocco ideale per uscire questo cul de sac senza abbandonare le politiche neo liberiste: non si tratta della solo della supremazia mondiale, ma della affermazione su scala globale di una ridotta oligarchia a guida americana, della distruzione immensa di risorse in grado di rilanciare il ciclo capitalistico, della falcidie di vite umane inevitabilmente tra i ceti più poveri e dunque più irrequieti. Insomma una manna, visto che a questi Hitler gli fa un baffo. La situazione è così grave che negli ultimi mesi Mosca è stata costretta a mostrare in tv, naturalmente “per errore ” le ultime e letali armi russe in modo da  avvisare gli inquilini di una certa casa che gli Usa non possono illudersi di uscire relativamente indenni da un conflitto, che non possono pensare  di cavarsela sacrificando solo l’Europa, grazie alla stupidità, alla sottomissione, alla nullità dei suoi leader frutto anch’essi del processo di messa in mora della democrazia. Ma il problema è se qualcuno è in grado di fermare questa logica che porta inevitabilmente allo scontro, anche se appare sempre più chiaro che le chanches di una vittoria, sia pure formale, dell’alleanza occidentale si vanno riducendo a vista d’occhio: non si tratta solo del riscatto russo, ma anche di una Cina iper tecnologica che sotto l’infuriare della gratuita protervia americana è passata dalla progettazione di armi di difesa a quelle di attacco. E sono armi coi fiocchi che finora il costante pregiudizio occidentale e il malriposto complesso di superiorità ha contribuito a tenere al riparo da valutazioni realistiche. Quando nel 1964 i cinesi fecero esplodere la loro prima arma termonucleare, le analisi chimiche dell’atmosfera, subito disposte dal Pentagono, dimostrarono che l’ordigno cinese era  molto simile a quanto gli Usa avessero di meglio. Ma invece di prendere atto della realtà oggi evidente, si dedicarono alla caccia al traditore, perché era chiaro che i cinesi non potevano essere all’altezza degli americani. Alla fine non lo trovarono e oggi si trovano invece alle prese con il killer dei satelliti e missili antinave che rendono le portaerei della bare naviganti, come persino gli esperti di armamenti made in Usa ammettono. Mentre al contrario i missili antimissili che la Nato va montando in Europa orientale per fingerne la difesa presso le opinioni pubbliche, sono principalmente uno strumento propagandistico, ma notoriamente anche un flop tecnologico, un ombrello bucato. Per non  parlare dell’obsolescenza dei sistemi Usa che si basano spesso, come nel caso delle forze nucleari, su sistemi informatici degli anni ’70.

Personalmente non ho la passione per le cose militari, ma credo che almeno un minimo di realismo riguardo al rapporto di forze potrebbe far rinsavire certe parti di opinione pubblica, magari anche contrarie alla guerra, che si sentono però così tutelate e invincibili da essere indotte all’atarassia. Ma il nemico che il grande fratello ci sta preparando non è  un torma di pescatori indiani su cui infierire a piacimento, come fanno gli eroi di questa Italia da dimenticare. Non è proprio così, anzi mi sa che i pescatori indiani siamo proprio noi.