downloadIl fronte euro – oligarchico, aggregato a quello di una sinistra ormai al guinzaglio tira un sospiro di sollevo per l’Austria, si rallegra perché il candidato dello status quo, vale a dire quello di Bruxelles e di Washington, ha vinto di un’inezia e solo grazie ai voti provenienti dall’estero, su quello definito di estrema destra e xenofobo, sebbene i suoi avversari non abbiano esitato a cavalcare il muro al Brennero per strappargli qualche consenso, a dimostrazione del vuoto politico che regna sovrano. In tutto questo non riesco a capire chi possa rallegrarsi e per quale motivo: non è che l’elezione per il rotto della cuffia  di un presidente dai poteri ridotti possa cancellare un vento politico che in realtà è stato sollevato proprio dall’austerità europea, nel quale la xenofobia gioca un ruolo puramente figurativo e provocatorio allo stesso tempo visto che sono più i migranti che escono dall’Austria di quelli che vi entrano.

Io non mi rallegro affatto e per molti motivi. Il primo è che questi rammendi politici nei Paesi più piccoli, allontano un chiarimento definitivo sulle politiche europee e sul loro senso, portando dunque a un aumento incontrollato della pressione e a una una situazione via via più esplosiva. Il secondo è che il candidato vincitore per appena 30 mila voti, Van der Bellen non sarà di estrema destra, ma appartiene agli ambienti reazionari dell’economia, è un aristocratico di appartenenza massonica come lui stesso rivela, di lontana ascendenza olandese i cui antenati si trasferirono in Russia nel XVIII secolo e scapparono in Estonia dopo la rivoluzione di ottobre. Quando il Paese baltico, reso indipendente nel 1918 grazie all’apporto di truppe tedesche, russe bianche e inglesi in guerra tra loro, ma concordi nella battaglia contro i sovietici, fu riannessa all’Urss nel 1940 il padre, banchiere, prese la famiglia e la trasferì nella Germania nazista operazione che potè riuscire solo grazie a spiccate simpatie politiche. Successivamente con l’avanzare dei Russi  la famiglia si stabilì a Vienna e poi in Tirolo  per sfuggire all’armata rossa che aveva occupato la parte orientale del Paese, la Ostmark secondo la dizione ufficiale dopo l’Anschluss.  Dunque c’è ben poco da rallegrarsi della vittoria di una simile pedina dell’oligarchia che i giornali mainstream definiscono risibilmente come un immigrato, oltre che ecologista e addirittura come ex socialista, non essendo mai stato realmente nessuna di queste cose.

La terza ragione è che questo successo sul filo di lana viene artatamente venduto dall’informazione mainstream come una sconfitta di una episodica fiammata di destra che sarebbe stata suscitata dalla crisi dei rifugiati, ma non è affatto così: l’Fpo, il partito di Norbert Hofer, il candidato per così dire non vincitore aumenta i propri consensi da una decina di anni, ha recentemente preso il 30% dei voti a Vienna e, dulcis in fundo, già governa assieme ai socialisti nel Burgenland, la regione  situata tra la capitale e i confini dell’Ungheria. Come se questo non bastasse i democristiani avevano espresso qualche tempo fa l’intenzione di governare in sede nazionale con l’Fpo. Insomma la destra erede di Heider era stata già da tempo sdoganata nella politica austriaca, anche se i pennivendoli di mezza Europa si affannano a mostrare una realtà diversa, di un’Austria che si è ritrovata xenofoba nell’arco di un mattino, tanto xenofoba da costringere la parte “responsabile” del Paese a imitarla mettendo in piedi la triste commedia del Brennero.

Ma quest’ultima parte è stata rapidamente rimossa, anzi l’ardore dei notisti continentali  contro gli xenofobi presunti last minute è tale da aver provocato qualche ridicola gaffe, come quella di un tal Gerhard Mumelter, collaboratore del quotidiano Der Standard, nato in Alto Adige e per giunta oste, il quale scrive su L’internazionale un peana a van der Bellen dicendo che “l’Austria ha bisogno di riscoprire il suo glorioso passato plurilinguistico, raccontato magistralmente da Joseph Roth”. Peccato che quella non fosse l’Austria, ma l’impero austroungarico che opprimeva le minoranze linguistiche. Il fatto è che quando non si hanno le idee ben chiare, quando le scelte sono in gran parte suggerite da ideologie basate sull’internazionalismo dello sfruttamento e del denaro, si mente con i luoghi comuni senza nemmeno capire ciò che si sta dicendo.

La quarta ragione è che l’ ondata di appoggio a Van der Bellen, ha ben poco a che vedere con le tesi politiche dell’Fpo, che infatti prima di adesso non suscitavano allarme, ma nasce per un verso dal timore che possano essere messe in crisi le dinamiche oligarchiche legate alla Ue e per un altro dalle simpatie  espresse da Hofer nei confronti della Russia cosa che ha suscitato l’immediato allarme di Washington e la sua reazione mediatica. Immagino l’orrore che si sarà dipinto sui volti dei Nato addict. Quindi diciamo alle opinioni pubbliche che si è trattato di una mattana episodica degli austriaci che per fortuna non ha avuto conseguenze durature e che sarà sanato quanto prima, senza per questo dover comprendere cosa stia davvero accadendo. La cosa davvero grave, il terribile segno dei tempi è che l’opposizione politica a Hofer si concreta, non certo in diverse visioni della società, ma solo in questo: nell’impedire che l’Austria possa cercare una qualche autonomia rispetto al potere atlantista e finanziario. Per il resto, passata la buriana,  facciano tutti i muri che vogliono. E del resto i profughi verso i quali si dispiega tanta umanità pelosa, questa sì, astratta, ipocrita ed estemporanea, sono proprio quelli dovuti a una guerra civile, provocata, simulata, organizzata, condotta e armata dall’occidente.

Chi ha dunque vinto in Austria? La destra, altro che balle.