Pannella, certo, è stato molto altro, è stato l’uomo che ha dato spazio a Luca Coscioni e Piergiorgio Welby, quello che a suo tempo (purtroppo molto lontano, parliamo degli anni ’60) riuscì a sottrarre il partito radicale dal destino di rinchiudersi esclusivamente in un salotto liberal- massonico di stretta osservanza americana, è stato un argine contro la strapotere della Chiesa prima di innamorarsi dei papi, ha dato all’Italia alcuni momenti di modernità come il divorzio, l’aborto, la battaglia per l’uguaglianza e contro l’omofobia, senza dimenticare l’antimilitarismo. Ma gli epitaffi non gli giungono per questo, bensì per quella parte oscura che ha portato al consolidamento di un’area politica sui generis che mentre è in un continuo “essere contro” alle distonie del presente, non ha alcun futuro da indicare, essendo esso tutto già sussunto dal liberismo. Nel discorso dei radicali non compare in nessun modo e in nessun senso il concetto di libertà sociali, tutto è delegato alle dinamiche individuali, né questa visione è stata in qualche modo mitigata da vere esperienze di governo e dunque di mediazione che riguardano intere masse di persone. Questo 50 anni fa era un vantaggio visto che non esistevano legacci di natura sociale o strategico politiche che suscitassero difficoltà nelle lotte per le più elementari libertà civili. Erano battaglie pure e forti quelle che combattevano allora i radicali.
Poi le cose cambiarono ancor prima della fuga in avanti e allo stesso tempo indietro del partito transnazionale: le campagne si fecero via via contradditorie, quelle per l’affare Lockheed e per le dimissioni di Leone o per la vicenda Sindona si intrecciarono ad un atteggiamento timido anzi assente sullo scandalo P2 riguardo al quale Massimo Teodori allora tra i massimi esponenti radicali prima di finire in Forza Italia, prese in prestito il benaltrismo per condannare la commissione Anselmi, mentre tutti gli scontri sulla corruzione, il finanziamento pubblico dei partiti, il carattere consociativo della politica, il carattere autoritario dello Stato, si ribaltarono in un atteggiamento ostile a mani pulite e al cosiddetto giustizialismo. In pratica i radicali divennero una sorta di alibi del conformismo italiano, lo stagno gracidante a cui si è ridotta quella coscienza critica che giustamente è presente nell’addio rituale del presidente di cartone Mattarella.
Pannella arrivò insomma a fare il giro completo dell opzioni tornando al punto di partenza, a quel 1962 che vide gli inizi della sua ascesa dopo lo scandalo Piccardi, il segretario del partito (con lui c’era anche Eugenio Scalfari) che fu “smascherato” da Renzo De Felice. Nella sua Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, rivelò che Piccardi nella sua qualità di consigliere di stato aveva partecipato nel 1938 e 1939 a due incontri italo-tedeschi sul tema “Razza e diritto” per mettere a punto le politiche razziali. Non si sa quale sia stato il suo ruolo effettivo, sta di fatto che tra coloro che praticavano la religione intransigente della libertà e per questo rifiutavano ogni idea di socialismo, c’era uno che aveva avuto grandi responsabilità all’interno del regime e dello stato fascista.
Miserie e trasformismi italiani che alla fine di una lunga e fortunata carriera di un anacronista senza senso del tempo, sono tornati a riaffacciarsi all’orizzonte dando origine, dopo la presunta fine della storia, a una lunga diaspora verso il partito padronale, la melma dei conflitti di interesse e last but not least verso il massacro sociale. Insomma la storia di gente molto liberale con se stessa.