Anna Lombroso per il Simplicissimus

La transizione da incendiario in gioventù a pompiere in età matura, ha subito un’accelerazione in questi anni.

Così alcuni che non volevano stare né con lo Stato né con le Br, hanno scelto un cavaliere che non stando con le br e ancor meno con l’aborrito Stato, ha praticato la sua personale forma di eversione anche grazie ai loro servigi.

Altri, cresciuti nell’appassionata militanza ambientalista si sono convertiti con dinamica disinvoltura a nucleare, cemento, trivelle. Certi  poi, come nel caso in questione:  la legge per limitare il consumo di suolo, si producono in un vero e proprio  rovesciamento del processo, da pompieri comandati nelle caserme dell’associazionismo green  per  spegnere i fuochi dello sfruttamento dissipato e speculativo di risorse e beni comuni, si sono sveltamente trasformati, una volta eletti, nominanti, incaricati,  in focosi sostenitori di quel pragmatismo: l’ottimo è nemico del bene, bisogna accettare il compromesso per conciliare tutela e sviluppo, la salvaguardia non deve ostacolare il mercato etc etc, che rappresenta la cifra di questo  ceto “riformista”, quello che ogni giorno predica e razzola per persuaderci che ci vuole realismo, che le leggi brutte sono brutte, ma meglio di niente, che si deve fare di necessità virtù, in particolare quella della pazienza, della rinuncia, della soggezione a imperativi immorali,  proprietà,  rendita,  speculazione,  petrolio, cemento.

Così è spettato a Ermete Realacci apporre il marchio doc e  il sigillo dell’impero del mercato, dell’iniziativa privata, del ragionevole impiego di risorse e territorio,  al fine di offrire altro carburante alla macchina della crescita secondo Matteo, quella tramite vaucher, mobilità, riduzione delle garanzie, perforazioni, autostrade vecchie, nuove e ri-inaugurate, alte velocità, ponti, tunnel sotto piazze d’arte, alienazione del patrimonio immobiliare pubblico, acrobatici cambi di destinazione d’uso, e perfino grazie a eurobond per il fruttuoso sfruttamento della disperazione, promuovendo il neocolonialismo nelle stesse geografie  del passato.

Anche in questo caso, come commentano estatici i media, i pochi che se ne sono occupati, si trattava di un provvedimento molto atteso e auspicato per allinearci a standard di civiltà. Anche in questo caso, a ben guardare, l’intento e la professione di fede sembrano nobili: ridurre, fino ad azzerarlo all’orizzonte temporale del 2050, il consumo di suolo –  inteso come cementificazione a danno dei terreni verdi e agricoli –in applicazione di una direttiva Ue. Anche in questo caso il risultato è al di sotto del minimo promesso e garantito, il pochissimo necessario a fregiarsi della medaglia, da esibire nelle uniche sedi rimaste della post democrazia, Twitter, Facebook, talkshow, ma soprattutto coi padroni di dentro e di fuori, i cui profitti e la cui avidità insaziabile sono stati appagati, esaltando la più estrema e perfetta delle forme della disuguaglianza, il primato della proprietà privata, consolidato dall’esautoramento definitivo delle varie articolazioni dei poteri e delle autorità locali, comprese quelle di sorveglianza, quando è già stata sminuita e mortificata la sovranità statale e popolare.

E a dirlo non sono solo quei comitati e comitatini, come sprezzantemente li definisce il bulletto che ha dimostrato a Firenze di essere più interessato al profittevole sottosuolo, quelle delle alte velocità o delle concessioni all’affarismo, non sono solo quegli irriducibili disfattisti, sovrintendenti, costituzionalisti, sapientoni che oppongono l’ arcaica paccottiglia del culturame alla dinamico e futurista azione riformista del governo. Anche se si è fatto riconoscere subito il solito magistrato piantagrane, Paolo Maddalena, ex presidente della Consulta che ha definito il provvedimento – oltre che anticostituzionale, ma quello per il governo di Renzi e della Boschi, sarebbe un pregio –  illogico, in quanto  si pone in contrasto con il suo stesso obiettivo, introducendo artate e contraddittorie definizioni della qualità e della destinazione del territorio per allargare quello “consumabile”, grazie a imprecisati principi di deroga all’edificazione, dando indicazioni «generiche e inconsistenti», violando le competenze, consentendo lo stravolgimento del paesaggio.

E magari aiutando un po’ la circolazione delle informazioni saremo in molti di più ad accorgerci che non c’è da credere alle promesse fideistiche scaturite dall’incrollabile certezza che tutto quello che è privato è destinato a successo e vantaggio, che il tornaconto e il profitto producono miracoli, anche contro qualsiasi legge della scienza e della ragione. A cominciare da uno dei capisaldi del provvedimento, quello che attribuisce poteri magici e prodigiosi alle attività  imprenditoriali e alle misure di compensazione che la speculazione saprà mettere in atto,  garantendo che il suolo edificato torni, per incantesimo, naturale, che quello impermeabilizzato in un battibaleno respiri, liberato da ogni veleno, che basterà erigere un baracchino per la vendita di alimenti e prodotti ambientali per essere assimilati al comparto moderno e fecondo dell’agricoltura sociale, nel cui ambito saranno consentiti interventi edificatori, grazie all’applicazione del misterioso strumento dei compendi agricoli neorurali.

Oggi sono pochi i giornali che danno spazio alla notizia della morte di Pinuccio Sciola, l’architetto- contadino che realizzava giardini musicali con le pietre della sua regione, la Sardegna, dando voce e ascolto alla natura e alla terra. Basterebbe ricordare lui per sentirsi offesi da una legge che permette la modifica di destinazione uso dei fabbricati agricoli, che potranno essere demoliti e ricostruiti diventando studi medici, uffici, forse anche centri commerciali, che tali sono ormai i luoghi della socialità e dell’amicizia, in un paese espropriato di memoria, solidarietà, bellezza.