spencer3Quattordici milioni di sì. Sono pochi per raggiungere il quorum, moltissimi per cambiare politica. Il referendum sulle trivelle per la sua natura apparentemente complicata e altrettanto apparentemente marginale, ha avuto se non altro questo merito: quello di evidenziare con chiarezza l’area di ipocrisia neo democristiana e di patologica atarassia politica oltre a fare da apparecchio geiger per misurare gli alibi impietosamente cretini, quanto pretenziosi,  di una parte consistente del sedicente ambiente progressista. Adesso per lo meno sappiamo meglio chi è il nemico, possiamo contare i servi, i clientes, i camaleonti che vanno al mare. E anche supponendo che un milione di persone abbia votato  più che per voglia di cambiare le cose e di dire la sua, per compiacere i  milieu politici locali, rimaniamo con un cifra di tredici milioni di persone, ovvero con poco meno della metà del corpo elettorale effettivo, quel 70 per cento che mediamente si reca alle urne che ja detto no alle trivelle. E questo dopo una campagna referendaria inesistente e l’incalzare di altri drammatici eventi: chi si vanta della “vittoria” è come al solito ottuso e la cosa non stupisce visto chi lo ha fatto per primo.

E’ tanto, soprattutto perché non abbiamo solo un dato numerico, ma anche qualitativo: possiamo calcolare quante persone che si dicono critiche sono in realtà disponibili a convincersi delle clamorose e insensate bugie sparate dal governo e dei megafoni di Confindustria (quello degli 11 mila posti di lavoro è davvero clamorosa e indecenti, ma anche facilmente verificabile) per tenere in piedi qualche piattaforma che fa produzioni amatoriali e insignificanti, ma soprattutto per creare un precedente riguardo alle concessioni che da oggi diventano di fatto dei feudi perenni legibus soluti (vedi qui ). Possiamo prendere il pallottoliere e vedere con sufficiente precisione l’area di chi passo dopo passo ha finito per accettare qualsiasi cosa, dalla precarietà allo scasso costituzionale, dalle guerre al furto di sovranità economica e geopolitica, dalla manomissione del welfare alla distruzione del diritto del lavoro, trovando sempre a propria giustificazione qualche sciocca formuletta politichese. E che ieri ha vagato nella propria inconsistenza accettando la latitanza democratica e le parole anti costituzionali, di quelli che la Costituzione dovrebbero tutelarla. Questo gregge non si opporrà a nulla, non farà niente per cambiare le cose, perché non vuole, perché non se la sente, perché non capisce o semplicemente perché fa parte di quella sudditanza che nel mondo contemporaneo è espressa dal conformismo compulsivo. il massimo che sa fare è dire che si opporrà alla prossima offensiva mentre già tesse la successiva bandiera bianca.

Il vero problema è come aggregare in programmi e in organizzazioni politiche non episodiche questa enorme massa di persone finora unite nella negazione del processo oligarchico, ma disperse riguardo a un visione della società. Si tratta di un problema ormai presente da molti anni anche se ora è esploso in tutta la sua evidenza con la totale mutazione del Pd che è divenuta chiara  a quei 13 milioni.  Di certo a gettare le reti non potranno essere le mini formazioni della sinistra il cui autismo e le cui divisioni senza fine fanno il gioco e gli interessi di bottega di piccole elite o aspiranti tali: nel migliore dei casi si tratta di laboratori. Né, a mio giudizio,  potrà esserlo il loro contraltare  ossia il contenitore troppo vago, variegato e indefinito del M5S che proprio per questa sua natura raccoglie la protesta senza riuscire a dirigerla in qualche direzione ed è costretto sul terreno della tattica piuttosto che su quello della strategia.

La politica insomma è tutta da ricostruire, non potendosi ovviamente definire tale quella completamente subalterna ai poteri economici di cui si fa megafono, sistema di interpretazione, testimonial acchiappacitrulli. Difficile, complesso, quasi impossibile uscirne fuori, ma almeno lo sappiamo chiaramente ed è il primo passo.