Anna Lombroso per il Simplicissimus

A volte c’è da domandarsi da quali trascorsi di stenti e privazioni, da quali abissi di frustrazione profonda e meschina mediocrità affiorino certe smanie di riscatto riprovevole, da quale rêverie piccolo borghese prendano corpo come tanti “Madame Bovary c’est moi”,  in cerca di mondanità sguaiata, di lussi esibiti e piaceri sgangherati, si tratti di ammiragli, ministri, brasseur d’affaires, responsabili della protezione civile, tycoon, rappresentanti eletti o nominati, assessori, governatori. Pronti a corrompere e a farsi comprare per essere ammessi in salotti Verdurin, per farsi massaggiare in terme esclusive, per scorrazzare sul suv su e giù per le strade del romito paese d’origine, per equipaggiarsi del più svariato e sorprendente repertorio di gadget inutili in una coazione ossessiva di preservativi, leccalecca, mutande, per allestire pasti pantagruelici come per rifarsi dell’eterna inestinguibile fame di Lazarillo De Tormes, con aragoste e cappesante legittimate dai nuovi maître à manger come simboli irrinunciabili di opulenza, per inebriarsi di vini costosi come affrancamento dopo tanto Tavernello.

E c’è da chiedersi quale morbo affligga questo paese e sia così presente nella nostra autobiografia nazionale se siamo così esposti al contagio della narrazione delle cene eleganti, delle piscine in villa arredate con il barocco piemontese e i triclini anche ai bordi della vasca, degli spostamenti in jet privato ma anche, meglio ancora, in aereo di stato, delle vacanze nei siti da Billionaire  dove il fasto prende le tinte fosche dei privé dei signori dei cartelli di Medellin, delle barche di Miami.

Oggi apprendiamo che a bordo della gloriosa Vittorio Veneto si tenevano ingloriosi festini, che le spigliate intrattenitrici arruolate per l’occasione venivano trasferite sulla nave con l’elicottero, che le “alte sfere” usavano i Falcon come comodi taxi, per poi aspettare gli ospiti in sella a cavalli bianchi di memoria dannunziana, che si era costituita una lobby gallonata e impennacchiata, impegnata in indebite pressioni allo scopo di far finanziare interventi di indispensabile abbellimento e necessarie modifiche sulle navi in costruzioni e nella flotta per elevare il livello di comodità e magnificenza degli alloggi. E scopriamo che gli ammiragli del Grillo, loro sono loro e noi non siamo un cazzo, si erano facilmente persuasi che a questo dovesse servire lo stanziamento di oltre 5 milioni legato alla cosiddetta Legge Navale,  il “programma navale” inserito nella legge di Stabilità del 2014.

A informare i titolari dell’inchiesta che riguarda il matrimonio morganatico tra la ministra del Guatemala e il suo riottoso Bel Ami, che si era speso a beneficio della Marina in cambio di un ruolo di tutto rispetto per un suo famiglio nelle attività di controllo e sorveglianza portuale, e quello, invece con tutti i crismi, tra petrolieri e governo, è stato un dossier anonimo e molto dettagliato, che rende disagevole mettere e tacere il malaffare epico, del quale alla Difesa si sapeva, si mormorava, si sussurrava, ma che era rimasto coperto da un velo di indulgente comprensione, che mica si possono lavare le bianche divise in pubblico.

Altri particolari gustosi si aggiungono quindi a quelli sui quali la magistratura sta investigando a proposito del coinvolgimento del capo di stato maggiore De Giorgi,   indagato dai pubblici ministeri potentini per associazione per delinquere, abuso d’ufficio e traffico d’influenza con Gianluca Gemelli, e che, si può star certi, uscirà indenne grazie alla provvidenziale accelerazione del pensionamento già previsto per giugno, malgrado avessero già avuto l’onore della cronaca, nera, altre sue performance, a cominciare da una nota spese trasmessa per doverosa liquidazione  a Fincantieri di oltre 42 milioni, per sibaritici interventi di ammodernamento a una Fregata – nomen omen.

Il fatto è che ormai il discrimine tra bene e interesse pubblico e speculazione a fini privati è così labile, che la Marina, tanto per fare un esempio a casa, viene incaricata di fornire uomini in qualità di vigilantes mercenari per fare da ronda ai carichi indecifrabili, autorizzati a sparare per difendere la proprietà di imprese affaristiche e traffici oscuri. D’altra parte è una delle forme e non la meno cruenta, che ha preso l’arte della guerra, tra imperialismo e lotta di classe, purché alla rovescia.