scontri-napoli-2-300x226Credo che la giornata di ieri sia stata a suo modo particolare, segnata da un riscatto della realtà e da un incrudelire della propaganda mediatica, furibonda per il fallimento della sua megafonia di potere. A Bagnoli Napoli ha fatto sentire  la sua voce contro l’affarismo massonico renziano, contro i suoi cementieri e petrolieri di fiducia sostenuti da Confindustria e dall’economia del saccheggio, mentre in Olanda la popolazione ha detto no all’associazione dell’Europa con i nazi amerikani di Kiev, gettando nello sconforto le oligarchie che si erano invece mobilitate per far passare il sì o comunque restare sotto il quorum. Infine abbiamo assistito dal delirante e patetico balletto dei soliti esperti che messi di fronte alla sospetta operazione Panama Papers cercano in qualche modo di salvare il bambino dei ricchi occidentali  mentre pretendono che la gente si beva l’acqua sporca creata contro Russia, Cina, opposizioni varie sparse per il mondo. Approfittando del fatto che i milioni di files relativi alla vicenda possono tranquillamente essere stati manipolati alla fonte, anzi è certo visto che dietro il Consorzio del giornalismo investigativo si nasconde il Center for Public Integri finanziato – vedi da che pulpito – Soros, i Rothschild e i Rockfeller  e che per ragioni storiche Panama  – di fatto un protettorato Usa – non ospita al contrario di altri paradisi, i beni opachi dell’oligarchia e stelle e strisce.

In un certo senso è stato spaventoso e drammatico assistere a questo spettacolo, ai manifestanti che tentavano di disinfettare Bagnoli dai miasmi del renzismo di relazione senza che nessuno dicesse perché erano lì, perché si scontravano con la polizia e in che cosa realmente consiste l’operazione varata per soddisfare i comitati d’affari e gentrificare il grande sfortunato quartiere di Napoli. Si è assistito solo al triste e squalificante copione dei figli e figliocci di papà che hanno riempito le televisioni, indignati per l’incomprensibile sfregio all’immagine del presidente del consiglio. Così come qualche ora più tardi è andata in scena la sceneggiata dell’ansia per i risultati del referendum olandese, per il numero dei no, per il raggiungimento del quorum e l’ostentata incomprensione del perché la gente dei mulini a vento non si fidasse della splendida democrazia instaurata a Kiev.

Tra i due eventi e il loro svolgimento drammaturgico mediatico si è piazzata la faccenda dei dati arrivati chissà da dove della Mossack Fonseca dove si è raggiunto l’apice. Ecco gli esperti a dire che insomma adesso più nessuno usa i paradisi fiscali perché il denaro opaco può essere nascosto in altri modi all’interno del gioco finanziario, che l’epoca dell’off shore è passata da un pezzo e che dunque i panama papers sono una sorta di macchina del tempo, di residuo del passato. Dunque un peccato veniale, solo una anacronistica  di dimenticanza dei fondi da parte di anche e ricchi nostrani, colpevoli di essere solo meno moderni di quelli made in Usa, ma comunque un sonoro atto di accusa contro i satrapi orientali russi e cinesi. Ci fosse stato un giornalista magari avrebbe chiesto come mai i conti off shore non servano più, visto che sarebbero una perfetta sinergia per gli altri metodi di inabissamento del denaro. E dopo avrebbe domandato agli esperti di giornata, sempre pronti a comparire per metterci una pezza, come mai dopo la grande crisi che ha coinvolto la finanza e le promesse di regolamentazione, i metodi per nascondere denaro sono aumentati invece di diminuire.

Purtroppo i giornalisti non c’erano e se c’erano non sentivano; nell’informazione stanno diventando superflui.