Oggi non scriverò in prima persona, ma mi limiterò a riportare nel blog ciò che ha scritto il professor Francesco Erspamer sulla toccata e fuga di Renzi ad Harvard, apparizione a cui il docente che appunto insegna in quella università si è rifiutato di partecipare spiegandone le ragioni su “La voce di New York”. Lo faccio perché Erspamer, polemista di rango e acuto osservatore, anche per motivi ambientali, non solo fornisce un quadro perfetto della vacuità renziana e dunque della politica che egli rappresenta, ma agita un tema che ho trattato più volte, ovvero la tentazione instillata dall’attuale egemonia culturale di considerare le istituzioni educative americane ( e soprattutto la loro natura privata) come un punto di riferimento da imitare proprio quando sono invece investite da profondi ripensamenti e critiche. Un modo ridicolo e superficiale che affonda e sprofonda le sue radici esangui nello sporco gioco di ranking accademico, i cui criteri, spesso paradossali, sono appositamente costruiti per far figurare sempre ai primi posti la solita decina di atenei anglosassoni, come appunto denunciano le università minori di quei Paesi costrette a far buon viso a cattivo gioco e fare le vittime sacrificali dell’imperialismo culturale nella sua versione da salotto globale. E sarebbe niente se non si trattasse di un gioco ad ampio spettro che coinvolge quasi ogni aspetto della vita contemporanea, svelando i meccanismi della rete sinergica di mitopoiesi indotta da cui siamo circondati. Fatto che poi spiega perché gli imbecilli di cristallina purezza si raccolgono come pecore belanti attorno al focolare del sogno americano.
“Questa mattina Matteo Renzi parlerà a Harvard. Penso che abbia voluto venirci, oltre che per promuovere se stesso, per promuovere in Italia la sua riforma dell’università. Il premier italiano lo disse chiaramente, alcuni mesi fa: bisogna imitare il modello americano. E ora è venuto per far vedere ai suoi connazionali ed elettori che lui quel modello lo conosce. Harvard è la più prestigiosa università del mondo e questo gli basta: non si domanda con quali criteri e scopi siano stilate le classifiche di eccellenza o quali siano le condizioni e implicazioni di una simile preminenza (per esempio che Harvard sia una corporation con un capitale di più di 36 miliardi di dollari che ammette lo 0,04% degli studenti che ogni anno vanno al college) o tanto meno quale sia il livello delle altre 4139 università americane: no, lui tornerà tutto contento in patria e proclamerà che l’università italiana, la più antica del mondo, deve diventare come quella americana, convinto che se lo diventasse non sarebbe una scopiazzatura fuori contesto e fuori tempo (l’America sta cominciando a guardare all’Europa per rimediare ai disastrosi scompensi del suo sistema educativo) ma una sua grande innovazione. Un po’ come se gli riuscisse di aprire uno Starbucks in Piazza della Signoria a Firenze; o ancor meglio in Piazza della Repubblica a Rignano sull’Arno.
Ma non è per questo che stamattina non andrò a sentirlo. E neppure per via del mio radicale dissenso con il suo progetto di reaganizzare l’Italia (e per di più in ritardo, quando gli altri paesi stanno cercando rimedi): non andrò a sentirlo perché è venuto a Harvard con lo stesso spirito con cui sarebbe andato a inaugurare un centro commerciale o ad aprire il nuovo anno alla Borsa di Milano. Tutte cose che un primo ministro deve fare: ma accorgendosi che sono differenti e rispettando le loro differenze. Per Renzi invece sono la stessa cosa: occasioni di visibilità, interamente prive di contenuti.
Significativamente, non parlerà alla Kennedy School of Government, dove avrebbe avuto senso per il ruolo istituzionale che ricopre. E neppure a economia, in riconoscimento delle sue riforme liberiste. Parlerà in un museo, all’Harvard Museum. Scelto, immagino, per confermare l’immagine che dell’Italia hanno gli americani: il paese della cultura e della bellezza. Forse chi lo ha invitato ricordava la sua foto insieme a Angela Merkel sotto il David, al meeting di un anno fa alla Galleria dell’Accademia: senza accorgersi (o peggio senza curarsi) di quanto non autentica fosse quella cornice: ambienti carichi di storia abusati per promuovere politiche globaliste, volte a distruggere proprio quell’identità culturale.
Più che un rottamatore Renzi è in effetti un disneyficatore: che banalizza tutto ciò che tocca riducendolo a evento mediatico, dunque equivalente a qualsiasi altro che attiri l’attenzione dei giornali e dei network televisivi, senza gerarchie, distinzioni, senza valori di riferimento. La sua dimensione è quella della pubblicità e dei reality, in cui si fa finta di essere veri ma facendo in modo di non essere davvero creduti, in cui ci si maschera ma mantenendo una distanza ironica che impedisca equivoci, guardandosi bene dal correre il rischio che possa diventare un’esperienza autentica e dunque cambiare qualcosa. In ciò Renzi è integralmente liberista, impegnato nella sistematica deregulation dei princìpi e specificamente dell’autenticità: contro la quale impiega collaudate tecniche come la cazzata, che toglie di significato (scrisse il filosofo Harry Frankfurt in un celebre saggio) all’opposizione verità-menzogna e realtà-virtualità.
Non so di cosa parlerà a Harvard. Gli annunci del suo intervento non aiutano: “A keynote address”, “un discorso ufficiale”, senza ulteriori specificazioni, a confermare che non è venuto perché avesse qualcosa da dire. C’è venuto per far sapere che c’è stato. Presumo che abbia messo qualcosa insieme all’ultimo momento, cercando su Google qualche aneddoto su Harvard; come fece poco più di un mese fa in un’altra università, quella di Buenos Aires, dove al termine di un discorso confuso e infarcito di perle da Baci Perugina (“Non c’è parola più grande dell’amicizia per descrivere la storia di popoli diversi”: qualcuno mi spieghi cosa significa) citò in spagnolo dei versi di Borges. Solo che non era una poesia di Borges, subito notò El País, bensì un falso che compare su internet quando si inserisca la coppia di parole borges-amicizia.
Qualcuno ricorderà il concetto rinascimentale di sprezzatura, teorizzato nel Cortegiano, uno dei libri italiani che più influenzarono la civiltà europea. Castiglione pretendeva dalla classe dominante, in cambio dei suoi privilegi, capacità e stile senza ostentazione: bisognava sapere tutto e saper fare tutto però come se fosse una cosa naturale. Ma quella era una società fortemente regolamentata. Nell’età della deregulation i vincenti alla Renzi seguono un precetto opposto: ostentazione senza capacità né stile. Per questo stamattina non andrò a Harvard ad ascoltarlo. Perché a differenza di Berlusconi e di tanti altri politici, Renzi non si limita a ignorare la cultura o magari disprezzarla. La cultura può sopravvivere all’ignoranza e al disprezzo. No, Renzi la svuota. Con la sua programmatica trivialità svilisce la ragione e il linguaggio, riduce la comunicazione, ossia la facoltà più propriamente umana e sociale, a rumore. La chiarezza e il rigore costringono a una certa misura di coerenza; le improprietà deresponsabilizzano, rendono tutto indifferente, il vero e il falso, il giusto e l’ingiusto, le qualità e i difetti, i profittatori e le loro vittime. E quando il vuoto diventa uno stile e un programma, la fine della democrazia è pericolosamente prossima”.
Diffondere questo gioiello di verità. Grazie Simplicissimus per averlo pubblicato!
@jorge 04/04/2016 h 19:00
“Wer hat uns verraten? Sozialdemokraten!” (Rosa Luxemburg, 1918)
traduco per chi non conosce il tedeso ; chi ha noi tradito- i socialdemocratici!
la frase e diventata uno slogan molto usato in germania nelle occasioni di piazza, grazie al simplicissimus, ed ad angelo kinder
p.s.
bello anche deutsche waffen ,deutsche geld, mord und blut in alles welt
qualche tempo prima che renzi divenisse presidente del consiglio la radio del sole 24 ore, 15 anni fa ottima ora fa cagare, dedico un approfondimento a renzi, alle sue coordinate politiche e culturali. Si parlo di un libro che avrebbe influenzato molto disco bambino renzi, scritto da uno studioso americano di comunicazione, di cui purtroppo non ricordo i riferimenti ma quando li trovo e da fare le fotocopie e distribuire. Il libro seriva a presentare la grande scoperta dello studioso americano, che la gente normale non puo capire la necessita di certe riforme, perche culturalmente e indietro, per cui bisogna renderle appetibili in modo accattivante. Ovvero, si diceva, bisogna presentare da una prospettiva di sinistra, quelle stesse cose che in effetti sono neoliberiste. Il consiglio era inferito dai comportamenti di molti politici vincenti, blair, schroeder, clinton etc. Il libro si preoccupava dei tempi cambiati dopo la crisi del 2008, per cui un messaggio neoliberista diretto non sarebbe stato appetibile come in precedenza.
E evidente che tutta la politica di renzi attui questo principio, fino a livelli da film di socio fantascienza, Ho sentito per radio uno spot governativo circa il jobs act, che circola insistentemente su alcune reti, esso sostiene che finalmente da oggi e molto facile dimissionarsi dal proprio posto di lavoro, basta che il datore di lavoro espleti una procedura che si puo fare online ed in pochissimo tempo, Al termine della stessa, il dipendente avra ottenuto il proprio dimissionamento velocemente senza costi aggiuntivi e senza fatica alcuna, La musica di sottofondo tipo pubblicita denim faceva capire che il dimissionamento facilitato da renzi fa del dipendente l’uomo nche non deve perdere tempo a chiedere, mai!
Il sottinteso era che che tanti oggi e nel futuro sarnno contenti di questa riforma renziana, che e antiburocratica e di sinistra.
Non sto scherzando, anzi vi invito tutti ad intercettarla, forse su radio rtl o quella del 24 ore, comunque circola su molti canali, Questa cosa secondo me e il portato estremo di una cosa gia discussa nei commenti ad un precedente articolo, se non sbaglio lanciata da Casiraghi, Quando berlusconi voleva fare la riforma delle pensioni negli anni scorsi, fu bloccato da 2 o forse 3 vmilioni di persone in piazza a roma, poi i governi di centrosinistra con le pensioni hanno fatto di peggio ma la cosa e passata senza opposizioni apprezzabili. La CGIL e stata molto piu tenera col suo partito di riferimento, e gli stessi pensionati in qualche modo ancora si fidavano di questo stesso partito, Da tempo il capitale ha capito che certe riforme passano molto piu facilmente se fatte dai partiti di sinistra, ed li appoggia questi per ottenere i suoi scopi, pertanto bisognerebbe dismettere tutte le illusioni su questi stessi partiti e sindacati di sinistra,
La cosa origina dalla esperienza tedesca alla fine della 1 guerra mondiale, la fame ed i morti avevano provocato la rivoluzione in russia, lo stato maggiore tedesco voleva continuare la guerra ma temeva che la protesta montasse anche in germania, Una repressione della protesta e degli scioperi effettuata dalla destra avrebbe provocato la rivoluzione vittoriosa , se a reprimere fosse stata la socialdemocrazia la rivoluzione non sarebbe scoppiata poiche la parte piu arretrata della classe operaia tedesca si fidava ancora del partito socialdemocratico, Infatti lo stato maggiore tedesco coopto i socialdemocratici nel governo, e poi diede il ruolo di primo ministro credo a friderich ebert.
Quando scoppiarono scioperi e proteste la spd fece la repressione uccise gli operai piu avanza ed i socialdemocratici si spesero pure per tenere al potere il kaiser, ma la parte piu arretrata della classe operaia stette con la spd per cui si manco la rivoluzione proprio come previsto dallo stato maggiore tedesco, In seguito i socialdemocratici al governo si servirono dei freikorps per uccidere rosa luxemburg, normalizzarono tutto e mantennero al loro posto i circoli militaristi e nazionalisto colpevoli della guerra, La repressione della classe operaia ed il suo indebolimento lascio campo libero alla destra che crebbe fino a prendere il potere con adolf hitler
La capacita politica dello stato maggiore tedesco, che gia prima della guerra aveva fatto di tutto per spaccare la spd e farne prendere il controllo ad ebert, e certamente di gran livello, Essa ha fatto scuola , ed e stata ripetuta ovunque da allora,Ricordarsi come i poteri fosti hanno fatto di tutto per far emergere renzi nel PD, e poi lo hanno imposto al governo sicuri che job act e simili non sarebbero passati se imposti da berlusconi
Dal punto di vista della cultura e dell’istruzione, non posso ringraziare abbastanza gli dei per aver studiato in Italia. Veblen, negli anni 1930, nel suo libro, “The Higher Learning in America” offre una spassosissima descrizione dello spirito della cultura accademica americana. Gia’ vi si parla dell’università come un’ “azienda” governata da “Captains of Eruditions,” etc. E’ spassoso perchè purtroppo e’ vero.
Il vantaggio, se tale si può definire, delle università americane è che permettono di stabilire contatti utili in futuro, ai laureati, per metterlo in quel posto al prossimo – che e’ alla fine l’obiettivo non tanto nascosto del neo-liberismo. (in sede nazionale ed internazionale).
Inoltre, esperienza personale mi ha dimostrato piu’ volte che i mammasantissima universitari si credono dei luminari e hanno un risentimento istintivo, quasi disprezzo, per chi e’ fuori dal giro, non e’ come loro e, per sua mala fortuna, ne sa quanto e a volte piu’ di loro. I risultati, poi, si vedono specialmente nei politicanti che vengono fuori e installati in posizioni governative. La palla o mito del ‘paese eccenzionale’ ne e’ prova concreta e lampante, con la conseguenza diretta e indiretta di migliaia di morti nel mondo e un generale bullismo nelle sfere di interscambio e comunicazione. Purtroppo una certa indole tutta italiana – l’indole al servilismo, alla piaggeria e all’adulazione – produce anche la vergognosa e disgustosa imitazione del padrone. Quasi a dimostrare in vivo che “imitation is the highest form of flattery.”
Grazie per aver pubblicato questo interessante articolo del Professore di Harvard.
Condivido le riserve espresse sull’attuale modello di università che in ogni Paese dovrebbe essere pubblica, economicamente autosufficiente e seriamente funzionante.
Nutro qualche riserva sul comportamento del Professore la cui assenza denota un attacco di snobismo nei confronti di chi, in ogni caso, rappresenta il Governo della Repubblica Italiana.
Vorrei soltanto segnalare, senza entrare nella polemica politica che quando un principio è giusto e condivisibile, rimane tale anche se è scritto in una confezione di cioccolatini.
Inoltre, a mio avviso, è utile che un leader politico mandi messaggi sintetici e chiaramente fruibili ( si ricordi il messaggio evangelico di Gesù Cristo : sia il vostro parlare sì sì oppure no no; tutto il resto appartiene al maligno).
Le analisi scientifiche, i dettagli e gli approfondimenti vanno lasciati ai vari professori specialisti in altre sedi.
Ai politici che ci rappresentano, dovremmo chiedere non tanto di non essere banali ed ottimisti di maniera,ma di svolgere diligentemente ed onestamente il pubblico mandato, riconoscendo eventuali inevitabili errori.
Ma sopratutto di non farci vergognare.
Purtroppo non è stato sempre così
Si chiede troppo ?
Non vorrei che dopo l imprenditore ci fosse il modello del nullasofareema micihannomesso.
Francesco Erspamer è il più acuto e colto commentatore delle imprese renziane che io conosca; è impossibile dire meglio di lui.
L’ha ribloggato su e ha commentato:
Piuttosto divertente questa valutazione sul significato dell’intervento di Renzi ad Harvard.
Se non che, purtroppo, pagheremo anche questa sua esibizione, anche in termini sociali e culturali.
Rilancio con soddisfazione.
Che dire dell’articolo di Francesco Erspamer, magistralmente introdotto dal commento del Simplicissimus?
Nel mio piccolo, dopo averla letta e riletta, ne ho fatto fotocopie che distribuirò, oltre al link che diffonderò il più possibile.
Credo sia questa la guerra che dobbiamo combattere, con le armi che temono di più: l’informazione e la conoscenza.