Chissà cosa si aspettava Draghi dopo aver sparato con la pistola ad acqua sotto forma di bazooka, dopo aver rinvigorito il quantitative easing e ritoccato i tassi verso il basso; ma qualunque cosa sperasse non si è verificata, i famosi mercati non lo hanno premiato: le borse sono scese e riprenderanno la loro bizzarra altalena sul poco e sul niente dell’economia reale e il molto della speculazione autoreferenziale, l’euro che avrebbe dovuto indebolirsi sui mercati di cambio si è invece rafforzato, persino gli spread non hanno risposto come ci si attendeva. Del resto era abbastanza ovvio: se questa droga non aveva avuto un effetto significativo nel corso dell’ultimo anno, anzi ha aperto le porte alla deflazione, pensare di ottenere un ribaltamento della situazione semplicemente aumentando la dose è solo una fantasia da pusher.
Infatti il provvedimento non fa che potenziare le contraddizioni in cui vive il beato mondo del capitalismo finanziario: da una parte conferma il privilegio assoluto delle banche su qualsiasi altro operatore economico visto che il denaro passa solo attraverso di loro, senza parlare dei cittadini cui tocca ormai l’obbligatorio onore di detenere i loro debiti, dall’altro per certi versi enfatizza le difficoltà delle stesse con il risultato che non solo centesimo arriverà all’economia reale. Inutile perdersi nei tecnicismi che spesso vengono usati come i paraocchi dei cavalli, cioè per non vedere il mondo oltre le tabelle e i grafici, per rimuovere un senso di colpa freudiano: il vero problema è che dietro tutto questo monetarismo e finanziarismo cieco e fallimentare , c’è solo la granitica volontà politica di non riconoscere che per risalire la china l’unico strumento efficace è tornare alla redistribuzione del reddito, ai grandi investimenti statali come trascinamento di quelli privati, alla crescita dei salari, al ristabilimento dei diritti del lavoro, alla destituzione della precarietà come elemento strutturale del lavoro e del profitto, al welfare. Dentro una crisi della domanda solo l’aumento della stessa puà rimettere in corda l’economia reale.
Purtroppo tutto questo comprimerebbe i profitti trasformando il fiume senza freni della speculazione finanziaria in un rivolo e soprattutto ristabilirebbe le dinamiche di base della democrazia mettendo in crisi l’oligarchia globalista e le classi dirigenti che si sono accomodate in carrozza. Perciò niente da fare e i manutengoli dell’affarismo opaco e di relazione di cui Draghi è un perfetto esemplare, cercano di uscirne attraverso mezzi esclusivamente finanziari che non tocchino nulla delle “conquiste” del profitto negli ultimi decenni. Pur di evitare il ritorno alla centralità e al senso del lavoro, sarebbero davvero disposti a buttare soldi dall’elicottero come regalia, non troppi s’intende perché il popolo non si monti la testa e soprattutto non la alzi: non a caso l’idea di qualche elemosina si fa strada proprio nei Paesi a più intendo tasso di liberismo come la Finlandia
Oggi la tecnica richiede investimenti preliminari tali che non sono recuperabili nei tempi ristretti di un ciclo capitalistico, prima che tale recupero avvenga già la concorrenza impone di spendere per impianti tecnicamente più avanzati, ed il ciclo si chiude con profitti al lumicino. Ecco il motivo profondo della crisi inevitabile con le politiche keinesiane come con quelle neoliberiste.
Vero, il presente fa schifo. Solo che un ritorno alle politiche keynesiane non solo ridurrebbe i profitti, ma li porterebbe a livelli così bassi da essere inaccettabili anche rispetto ad un normale funzionamento del capitalismo, ne soffrirebbe anche la gente comune
Le politiche keynesiane sono già fallite a fine anni 70′ , allora si vedeva stagflazione, licenziamenti di massa, ed in tutto il mondo sviluppato. La globalizzazione /finanziarizzazione fu la via di uscita per il capitale, ci fu una ripresa dei profitti industriali e finanziari che dura ancora oggi, tranne per le aziende che chiudono, i dati dicono questo.
Evidentemente la logica del profitto , sia in versione keynesiana sia in versione finanziarizzata ha fatto il suo tempo e non ha più niente da dare all’umanità. Giova solo ai grandi trast produttivi ed alle realtà finanziarie, e neanche poi tanto visto che i profitti erano più alti negli anni 50 e 60.
Se tutti producessimo per soddisfarci reciprocamente i bisogni staremmo tutti bene e lavoreremmo di meno, bisogna guardare al futuro e non al passato keynesiano.
La stagflazione che sostituisce un probabile deflazione da mancanza di domanda, sembra perlopiù causata dagli aumenti di bolli, tariffe o altri tributi.
Ma la domanda aggregata per quel che riesco a capire rimane bassa.
la stagazione significa stagnazione + inflazione ed è stato un fenomeno degli anni 70, l’inflazione era alta ed in maniera apparentemente inspiegabile, in quanto c’era una crisi incompatibile con i consumi ovvero con l’inflazione.
Oggi non siamo di fronte alla stagflazione, c’è sì stagnazione ma non inflazione, nè quest’ultima è realisticamente prevedibile
“se questa droga non aveva avuto un effetto significativo nel corso dell’ultimo anno, anzi ha aperto le porte alla deflazione.”
questa è più probabilmente stagflazione !
*bazooka, chiedo scusa.
Con un bazzoka vero; ho una bambina di 4 anni ed ho sempre più paura che questo ci aspetta. Non vedo altro.
Io continuo a non capire, perchè mettere sullo stesso piano, la via reale, e quella finta del denaro creato dal nulla. Continuo a non capire la domanda e l’offerta, e la borsa, ma se per moneta di scambio abbiamo solo il “virtuale” denaro, come si esce da tutto questo?
Diminuendo il carico fiscale dello stato verso tutti…da cui i politici rubano,e aumentando i salari,solo cosi si rimette in moto l’economia reale,e non solo l’economia personale dei politici…sorry..:-)))
Oggi la tecnica richiede investimenti preliminari tali che non sono recuperabili nei tempi ristretti di un ciclo capitalistico, prima che tale recupero avvenga già la concorrenza impone di spendere per impianti tecnicamente più avanzati, ed il ciclo si chiude con profitti al lumicino. Ecco il motivo profondo della crisi inevitabile con le politiche keinesiane come con quelle neoliberiste, inevitabile anche con la riduzione del carico fiscale
Dal virtuale denaro, ovvero da tutto questo, si esce producendo per soddisfarci reciprocamente i bisogni e non più per il profitto. Evidentemente la logica del denaro o del profitto, sia in versione keynesiana sia in versione finanziarizzata ha fatto il suo tempo e non ha più niente da dare all’umanità. Giova solo ai grandi trast produttivi ed alle realtà finanziarie, e neanche poi tanto visto che i profitti erano più alti negli anni 50 e 60.
Se tutti producessimo per soddisfarci reciprocamente i bisogni staremmo tutti bene e lavoreremmo di meno, bisogna guardare al futuro e non al passato keynesiano.
“al futuro e non al passato keynesiano.”
il passato, i dati storici, si conoscono, il futuro è un’incognita, spesso poco rassicurante.