L’uccisione in Honduras di Berta Caceres, pasionaria che difendeva i diritti delle popolazioni indigene contro la rapina delle multinazionali, offende, ma di certo non sorprende. Come dicono gli organi ufficiali del regime imposto con un golpe da Washington alcuni anni fa , sarebbero stati dei ladri penetrati in casa ad ucciderla, ma tutti sanno che sono stati i sicari dei costruttori di dighe, espropriatori di terreni, scavatori di miniere, latifondisti del tropical incorrect, gravemente scontenti dei ritardi a cui le lotte della popolazione indigena costringono i potenti del nord del continente e anche dell’Europa. E infatti negli ultimi 3 anni sono stati uccisi 80 militanti del Consiglio delle Organizzazioni dei popoli amerindi dell’Honduras di cui Caceres era coordinatrice e volto. Tutti fatti fuori da ladri in cerca di bottino evidentemente, strani ladri che tra l’altro, come anche in questo caso, quasi sempre minacciano di morte con qualche settimana di anticipo
Questa orribile vicenda svela però il ruolo delle oligarchie occidentali che da una parte vogliono ad ogni costo e con tutti i mezzi appropriarsi delle risorse, non arretrando davanti a nulla e pronte a sfoderare la bibbia liberista , ma dall’altro nascondono questa realtà favorendo il nascere di organizzazioni ad hoc e di sub culture della beneficienza e della filantropia che paiono venire in appoggio ai loro nemici. Un anno fa Berta fu insignita del prestigioso Goldman Environmental Prize che di solito viene assegnato da una giuria sostanzialmente formata dalla medesima famiglia Goldman ad attivisti ecologici di varia natura ed escludendo a priori il collegamento fra ambiente, economia e questione sociale che in vaste aree del mondo è diretto e immediato. Oppure si applaude Leonardo di Caprio alla cerimonia degli oscar per un discorsetto a sostegno ai popoli indigeni, alle loro lotte contro le imprese multinazionali.
Tutte cose benvenute per un establishment che ha bisogno di crearsi un alibi e dire vedete? noi siamo favorevoli all’ambiente, alla democrazia, ai popoli indigeni, salvo prendere subito dopo il telefonino criptato per dare ordini ai sicari. E’ solo un caso particolare della strategia lotta di classe al contrario che viene applicata massicciamente dalla geopolitica con le rivoluzioni arancioni, le primavere assortite, la creazione di terrorismo, le stragi attribuite a la carte o semplicemente fabbricate come è accaduto nei balcani, alle vicende economiche e/o alle politiche nazionali: la creazione di depistaggi e di alibi è all’ordine del giorno. Le buone volontà di singoli o di organizzazioni, anche quando vi siano, vengono sfacciatamente usate come pretesto per allontanare il sospetto e le evidenze, fanno gioco insomma. Così non c’è davvero da stupirsi se Usa ed Europa abbiano praticamente dato la loro benedizione al golpe militare in Honduras, mentre le cosiddette “organizzazioni internazionali” hanno ritenuto che elezioni svoltesi in mezzo alle stragi degli squadroni della morte e i blindati in strada fossero regolari. Poi si passa a premiare alla memoria o quando proprio bisogna aspettare a mettere un bersaglio sui morituri.
Ho letto la pagina indicata da Learco e ho approfondito un po’ su Wikipedia e mi pare che anche con John Perkins, il sicario dell’economia reo confesso e ricco per aver venduto un sacco di copie di questo suo libro, che non è uscito oggi ma – si badi bene – nel 2004, si rientri nel discorso fatto da Mr. Simplicissimus, ossia la creazione di alibi ex post con personaggi improbabilmente pentiti che diventano missionari divulgatori di un verbo tutto positivo incentrato sul concetto che la gente, se sa, può reagire, che è poi lo stesso mantra di un altro mio ex-idolo, Chomsky, che anziché dire onestamente che c’è ben poco che si possa fare, continua a coltivare illusorie speranze sapendo che la gente, quando vede qualcuno di importante che spera, tende a convincersi che, allora, si può davvero sperare. Col che il regime fa nuovamente gol perché il concetto che il popolo debba seguire, a seconda della sua categoria di appartenenza (ingenuo, diffidente, ribelle, ecologista, intellettuale eccetera), un suo proprio leader di riferimento e diventarne fan è la pietra angolare di ogni dittatura e di ogni lavaggio del cervello: seguire gli altri anziché seguire sé stessi.
Ritornando un attimo a Perkins, sapendo che negli Stati Uniti tutte le aziende a partire da una certa dimensione fanno firmare ai propri collaboratori dei non disclosure agreement (contratti di riservatezza) con clausole penali micidiali, è fortemente improbabile che il signor Perkins potesse raccontare le cose che ha visto ed è più verosimile che invece sia stato inviato in missione speciale dal mondo sotterraneo della intelligence a quello scintillante dei riflettori mediatici per dare alle persone intelligenti il loro specifico alimento intellettuale preparato in modo da mescolare verità, falsità e speranza ma, forse, anche con l’intento subliminale di far capire quanto sia possente il regime e quanto vano il tentativo di opporvisi.
Osservo poi che il libro di Perkins, anziché avere lo spessore intellettuale di un saggio, tende ad avere un andamento spiccatamente romanzato che è in contraddizione con l’intento serio della denuncia e più in linea, invece, con il concetto di mettere il libro alla portata di un pubblico il più vasto possibile. Perkins rimane comunque uno “specialista” del genocidio economico. Visto che nelle nazioni d’Europa attualmente massacrate sembra che nessuno abbia voglia di scrivere libri sull’argomento, perché non invitarlo qui da noi affinché si occupi del massacro che stiamo subendo e che presenta notevoli punti di contatto con quello da lui descritto nei suoi libri?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09/21/confessioni-di-un-sicario-delleconomia/62961/