Anna Lombroso per il Simplicissimus

Magari qualcuno avrà pensato che siano rimati solo quelli virtuali e immateriali eretti dall’Impero di chi ha vuole sempre di più per difendersi dall’urto e tener fuori chi non ha e avrà ancora di meno, da quando uno, il Vallo di Adriano, è diventato patrimonio dell’umanità e meta turistica, l’altro, quello di Berlino, è stato commercializzato come set e commercializzato in frammenti per collezionisti di cimeli di una guerra fredda, che oggi si sta surriscaldando.

Abbiamo rimosso che da anni la fortezza europea tira su steccati non solo ideologici, che confermano l’ipocrita retorica “unitaria” di una federazione solo monetaria che si rivela inefficace e inadeguata anche su quel fronte, egemonizzata da Paesi un tempo forti, quelli del pingue Nord, ora sempre più deboli, che rafforzano i loro processi identitari con l’emarginazione e l’assoggettamento finanziario di quelli indolenti e disordinati del Sud, propaggini di un Terzo mondo molesto e incontrollabile se non con l’erosione di sovranità, conquiste del lavoro, diritti, democrazia.

Abbiamo rimosso quello che era stato bollato come un anacronistico affronto all’ideale di una Europa, baluardo della civiltà e dell’attenzione rivolta alle febbrili e caotiche “geografie” del Mediterraneo, territori di appetitose scorrerie e più o meno educate esportazioni di democrazia tramite “cooperazione”, accordi e vincoli stretti in nome del “doux commerce”, quelle barriere di filo spinato   attorno a Ceuta e Melilla, alte prima quattro poi sei metri, costate 30 milioni di euro, legittimate a fine anni ’90 da quella che già allora veniva accreditata con una eccezionale emergenza, il possibile  e minaccioso afflusso di scampati, immigrati, disperati, affamati assetati nelle due città del Marocco  che costituiscono la sola frontiera terrestre dell’Europa in Africa.

Ma quella non era una stranezza, tantomeno una eccezione che offriva un contesto fisico, simbolico e dimostrativo all’imperialismo contemporaneo, quello che si realizza anche all’interno degli stati, perché la sua arma ideologica e politica consiste nell’incrementare disuguaglianze, esclusione, repressione, rifiuto. Un processo che trova un motore   potente nei nazionalismi, nella rinascita di partiti neonazisti i cui osceni principi erano rimasti sotterranei e sommersi come una vergogna e ora invece affrancati da generalizzate pulsioni xenofobe e razziste, suscitate e affiorate senza pudore grazie alla correità di governi, alla sottovalutazione di opinione pubblica e media, all’approvazione di elettori che hanno aperto le porte di parlamenti e rappresentanze.

dal Washington Post
dal Washington Post

Qualche tempo fa il Washington Post si è preso la briga di pubblicare una mappa dei muri europei esistenti e prossimi venturi. Compreso quello di Calais che ha permesso alla Gran Bretagna di disegnare il suo confine “protettivo” in Francia, contribuendo alla spesa di 15 milioni di euro per una palizzata che renda inaccessibile il porto ai migranti somali, sudanesi, eritrei che intanto stanno accampati nella “New Jungle”, che si prepara a diventare il monumento della neo barbarie. O quello avviato nel 2012 e ormai concluso, oltre 10 km solo apparentemente “provvisori e effimeri” di filo spinato tra la città greca Nea Vyssa e la turca Edirne, per intimidire e circoscrivere il numero di migranti, specialmente  siriani e iracheni, che tentavano di entrare in quell’Europa, che non ha concesso finanziamenti all’”impresa”, esprimendo però consenso e approvazione tramite le voci di Berlino e Parigi. O la barriera alta 4 metri di filo spinato che corre lungo i 175 chilometri della frontiera fra Ungheria e Serbia.

Adesso l’Austria ci ha fatto sapere nel corso di un vertice bilaterale che ha confermato la totale mancanza di autorevolezza di Renzi, che in due mesi, con proverbiale efficienza,  sarà in grado di completare la “chiusura”  del Brennero, un progetto messo a punto “dalla polizia del Tirolo e dai responsabili del management di confine di Spielfeld (tra Austria e Slovenia). Consisterà in una barriera con recinzioni studiate per impedire sia l’accesso che la eventuale fuga incontrollata sia sull’autostrada che sui treni,  e in una corsia “dedicata” per il controllo, l’identificazione e la registrazione dei migranti, procedure che si terranno in appositi container.

Dall’Italia, poco credibile, tanto che ha ricevuto una diffida europea per la sua inadeguatezza nelle operazioni di identificazione forzata, le autorità austriache si aspettano collaborazione e impegno nell’allestimento “di una zona cuscinetto intermedia”, che si trasformerà in un’altra Giungla infernale in territorio italiano. Perché i governi europei, e il nostro che li imita su scala locale, applicano puntigliosamente il principio: sono cazzi vostri. L’Austria entro un mese raggiunge il limite dei 37.500 migranti, alza il muro, ci somministra una lezione di disumanità amministrativa secondo le regole della banalità del male, tramite burocrazia e  chiude le frontiere ai disperati e al Sud del mondo, anche quello più prossimo, noi, colpevoli per geografia e mollezza cialtrona, che il celodurismo dei fan nazionali di Haider non ha riscattato.

Grazie a un premier che negozia con l’Ue solo su Twitter, ubbidendo ai suoi comandi a Bruxelles e Stasburgo, ci prestiamo a concedere il Mediterraneo alla Nato, il suolo nazionale e le nostre imprese al Ttip e alle sue declinazioni, a cominciare da Muos, trivelle, rampe, la libertà a repressione e irrazionalità fanatica che vogliono persuaderci che la “sicurezza” comporta implacabilmente la rinuncia a democrazia, umanità.

C’è da temere che pagheremo tutti questa abiura alla civiltà, quella “vera”: i muri non difendono, non escludono e non chiudono fuori il pericolo “terrorista”, al contrario alimentano frustrazione, collera, risentimento. Bisogna cominciare a chiedersi davvero chi sia il nemico in casa.