Anna Lombroso per il Simplicissimus

Ha fatto proprio bene il premier, ancorché lontano dal suolo patrio, a inviare una corbeille di fiori riparatrice alla trepida mammina che aveva tempestivamente scoperto di essere incinta, dando un’occhiata al calendario del salumiere appeso in cucina, come un’ingenua adolescente improvvida, proprio, ma è solo una felice coincidenza, il giorno del Familiy Day.

Ha fatto proprio bene e chi meriterebbe più di lei anche qualche aggiustamento altrettanto risarcitorio al Ddl Cirinnà, lei che è stata oggetto di una infame campagna di violenza verbale proprio nel momento nel quale è più dolcemente vulnerabile? Lei, esperta di nascite e rinascite, quelle della destra, autoritaria, xenofoba e razzista, cui non manca mai con la triade di Gianni e Pinotto (Giovanardi e Gasparri) e  del profeta delle ruspe, lei che ama tutti i focolari, purché secondo natura: maschio, sia pure turista sessuale, sia pure manesco, femmina e prole, magari adornati del presepe coi marò, lei che ama tutti i giovani – dei quali si sente parte e è stata “ministra” rappresentativa nel governo del puttaniere, quello delle cene eleganti alle quali avrebbe potuto presenziare mascherata da piccola italiana – slavo naturalmente quelli che vengono qui in cerca di fortuna, lavoro e futuro, che lei ha contribuito a vario titolo a negare prima ancora agli indigeni. Lei che ama tutti i bambini purché non arrivino su barconi pericolanti da lidi non troppo lontani.

È sempre da condannare, eccome, la violenza, anche quella verbale, anche quella dei toni, delle parole e delle vignette. Anche quella che dileggia la statura di un politico, il parrucchino di un altro, i tacchetti di un altro ancora, l’accento pesantemente vernacolare di un’altra. Figuriamoci se non si deve essere d’accordo su questo principio irrinunciabile, che ha sempre segnato la “diversità” della sinistra, quella di una volta, tradizionalmente vocata a nutrire dialogo e comunicazione, anche a fini pedagogici, a  rivendicare il primato di  ragione e tolleranza contro bestialità e sopraffazione. Figuriamoci se non dobbiamo sempre confermare nei fatti che l’antifascismo è fatto anche di rigetto della brutalità ottusa e aggressiva, spesso sintomo di impotente frustrazione, inadeguatezza ignorante, segnale di complessi di inferiorità che suscitano reazioni rabbiose e veementi e prove di forza bruta ai danni dei più deboli. Figuriamoci poi se questa violenza prende di mira una donna, sia pure in vista, sia pure colpevole di aver approfittato di una particolare condizione, per accattivarsi consensi, per suscitare  sentimenti di simpatia sodale perfino presso il pubblico buonista, anche essendo una proverbiale  “cattivista”.

Figuriamoci ..  si, si, però. Però a me tutto questo bon ton, tutta questa mostra di buona educazione dimostrativa di democrazia profusa a tutela di leggendari  educatori e pedagoghi  a suon di repulisti, olio di ricino, botte, anche tramite forze dell’ordine molto schierate e fiancheggiatrici perfino sugli stessi palchi in piazza,  ma soprattutto tramite leggi razziali o ad personam,  proclami golpisti, lettura revisionista del passato – che si sa Mussolini non è da condannare, ma semmai  da storicizzare,ipse dixit –  proprio  non mi va giù.

Perché con tutta franchezza invettive sul web, prese per i fondelli, anche velenose, battute sia pure infelici,   mi sembrano manifestazioni di violenza  certamente deplorevoli, ma veniali rispetto a quella che viene ogni giorno perpetrata, concreta e ferina da quel ceto del quale la signora in questione fa parte con una certa dose di responsabilità. E che si accanisce in particolare contro soggetti più deboli, contro le donne e la maternità consapevole, resa ardua come un capriccio non soddisfabile dalla cancellazione di lavoro, assistenza, stato sociale, asili, scuole pubbliche, contro chiunque venga presentato come altro dalla “maggioranza”: straniero, malato, omosessuale, matto, ribelle, contro chiunque esprima critica, contro chi esige rispetto della dignità e  dei diritti, a cominciare da quelli della democrazia e della Costituzione nata dalla resistenza all’antifascismo, contro chi pensa che mai come ora il pacifismo non sia un esercizio da disfattisti codardi, ma  l’unica arma vera per fare guerra alla guerra e ai suoi signori, quelli che costringono intere popolazioni alla fuga verso posti dove nessuno li vuole.

Si, lo ammetto,  a disturbarmi più che l’inurbanità, la volgarità sboccata di certe invettive, è l’inopportunità incauta che finisce per costringerci a prendere le difese ufficiale di certi arnesi solitamente indifendibili. Inopportunità inutile oltre che dannosa, con buona pace di Wladimir Luxuria che ha augurato alla Meloni un figlio trans capace di scuotere la sua coscienza e di ispirarle sentimenti più solidali e tolleranti. Istanza vana, quelli sono irriducibili come gli ultrà, impermeabili a sensi di coesione umana e sociale, inviolabili, malgrado il nome,  dai valori della fratellanza  e dell’uguaglianza, che si esprime nella accettazione del pensiero e delle inclinazioni degli altri, così nessuna lezione li persuade né quella dell’esperienza personale, né tantomeno quella della storia. Che purtroppo ha insegnato poco anche a noi, se ce li teniamo,  a cominciare da chi preferisce i fiori alle opere di bene.