tanguy-bamboccioni-afp-258L’altro giorno ho parlato della Grande scommessa, il film di Brad Pitt sulla crisi dei mutui subprime (qui), ma chi si è seduto di fronte allo schermo ha potuto godere di 90 minuti  di realtà ed è andato al cinema solo quando è uscito dalla sala riprendendo a vivere nella Grande illusione liberista. La fiction è ormai la norma: la televisione, i giornali, la parte di rete che direttamente o indirettamente vive con e dietro i media mainstream, sono la foglia di Betel che mastichiamo quotidianamente credendo che le immaginazioni sul job act o sulla ripresa siano vere. Un po’ come quando Orson Wells sceneggiò per la radio Guerra dei mondi e in milioni credettero che i marziani fossero davvero sbarcati.

Nello stesso modo crediamo che il job act abbia avuto qualche successo, mentre ha creato, nel momento più favorevole da sessant’anni a oggi e già in parte svanito, appena  37 mila posti di lavoro a fronte di due miliardi di sgravi per le aziende che ovviamente gravano sui conti pubblici. Per giunta senza scalfire il tasso di disoccupazione giovanile che anzi è aumentato e in presenza di un calo del settore manifatturiero. Ci tocca anche credere che a fronte di tutto questo il Pil possa crescere e non sia invece il frutto della manipolazione dell’inflazione e dunque del rapporto tra pil reale e nominale. Ma sarebbe un errore pensare che si tratti di pinocchiate del guappo fiorentino che anzi in questo è piuttosto sgangherato: si tratta invece di un modus operandi globale che attraverso numeri falsati vorrebbe avvalorare l’idea di una ripresa dopo la grande crisi del 2008 e dunque salvare dal disastro euristico ed intellettuale tutto l’ideologismo che sta dietro alla guerra di classe al contrario.

In Usa si fa lo stesso, anzi molto peggio: si danno i numeri. Si festeggia un aumento dell’occupazione senza tenere conto delle decine di milioni di scoraggiati, mettendo nel conto del 2015, per esempio,  400 mila “occupati” costituiti da pensionati che avendo avuto il loro assegno dimezzato sono costretti ad accettare qualsiasi lavoro, occasionale o meno. Né si dice che gran parte dei nuovi posti non arrivano dal terziario avanzato secondo la leggenda metropolitana del liberismo e dei pescecani che delocalizzavano in Asia per abbattere il costo del lavoro, ma da quello arcaico, camerieri, inservienti, sguatteri, baristi, domestici, commessi e quando proprio va alla grande, infermieri. Adesso una nuova statistica giunge a confermare la realtà di una ripresa mai nata e tutta nel copione creato da una politica subalterna ai poteri economici: il 50 per cento dei giovani americani fino ai 25 anni è costretto a vivere a casa dei genitori perché non può permettersi di essere indipendente. E’ una situazione senza precedenti negli Stati Uniti, dove l’autonomia è stata sempre raggiunta precocemente, ma anche rivelatrice delle menzogne scaricate nella testa dell’uomo della strada: nel 1999 quando il tasso di disoccupazione era al 5% come oggi (ma con un numero di scoraggiati dieci volte inferiore) la percentuale dei “bamboccioni” a stelle e strisce era del 25%.

Non c’è che dire è una bella ripresa: per di più con il calo delle retribuzioni e l’aumento dei prestiti per gli studenti, anche i rampolli della middle class che riescono a trovare lavoro sono diventati dei pessimi consumatori dovendo far fronte alla restituzione dei debiti, concausa della progressiva diminuzione delle vendite al consumo. Questo mentre i soldi stampati a valanghe dalla Federal reserve sono tutti a serviti a supportare aumenti azionari del tutto fuori da ogni logica. La situazione è talmente critica che per la prima volta dalla guerra di secessione e dagli anni Trenta il Congresso si è deciso a mettere in campo direttamente le riserve della Fed e i dividendi delle banche private collegate, prendendo da lì i soldi necessari a modernizzare le infrastrutture essendo impossibile chiederle ai ricchi che il maltolto degli ultimi decenni se lo tengono stretto e a una popolazione in via di impoverimento alla faccia delle statistiche. E’ naturalmente una mossa osteggiata a Wall Street, ma ormai vitale per non far naufragare completamente la narrazione della ripresa e la . Purtroppo questo negli Usa è avvenuto sempre in collegamento con situazioni di emergenza collegate ad eventi bellici in atto o in preparazione. L’allarme è rosso.