1378996064-5231cf605a21c-001-the-cabinet-of-dr-caligariBuone notizie dalla Gran Bretagna, anzi pessime notizie. Ricercatori inglesi, di quelli alla costante e disperata ricerca di qualcosa da pubblicare per acquisire titoli e  finanziamenti, hanno fatto una sconvolgente scoperta: la mentalità dei migranti può essere cambiata nel giro di una generazione e adattarsi a quella della popolazione nella quale vivono. Dunque non c’è paura per i famigerati “valori” o per il meticciato culturale che tanto allarma le anime belle dell’Europa: l’integrazione è possibile. Sul valore di questa ricerca di cui dà notizia “Le Scienze” non oso pronunciarmi anche perché non so cosa significhi “stile di pensiero” ovvero il vago oggetto dello studio, né credo che lo si possa determinare con qualche domandina al quale gli immigrati di solito rispondono in maniera da compiacere gli inquisitori, ancorché circondati dall’aura della scienza .

Andando a leggere però si capisce che dietro il consolante risultato, con il quale si vorrebbero cancellare le inquietudini rivelate dalla diaspora di molti abbronzati cittadini di sua maestà verso le guerre mediorientali, c’è tutt’altro: il tentativo di misurare la penetrazione  delle prescrizioni del pensiero unico fra i i nuovi venuti, la loro permeabilità all’ossessione individualista che vorrebbe cancellare l’esistenza stessa della società, il loro grado di adesione alla visione del mondo imposta dal mercato. Questo tipo di operazione prettamente ideologica non viene nemmeno nascosta, anzi avvalorata e messa in primo piano tanto che basta leggere il report de Le Scienze per rendersene pienamente conto: “Uno degli aspetti analizzati dai ricercatori riguarda il modo in cui vengono interpretate le azioni degli altri. I britannici autoctoni e le persone provenienti da altri paesi occidentali tendono a spiegarle in termini di disposizioni personali (uno studente non ha superato un esame perché è pigro o poco intelligente). I migranti di prima generazione tendono invece a spiegare gli stessi eventi in termini di situazioni e non di disposizioni (lo studente non ha superato l’esame per mancanza di sostegno, o perché sottoposto a una eccessiva pressione psicologica). 
La seconda generazione di britannici originari del Bangladesh ha mostrato invece un atteggiamento collettivistico molto meno marcato rispetto ai genitori, e anche una maggiore propensione ad attribuire le responsabilità a disposizioni individuali, più che alle situazioni.”

Insomma la ricerca (che ha come primo firmatario Alex Mesoudi, evidentemente portatore insano del complesso del maggiordomo così diffuso negli immigrati di qualche successo), fa di un concetto tipicamente liberista, ovvero di un individualismo ottuso e totalizzante, una sorta di caratteristica ancestrale e inalienabile dei britannici e di altri europei. Al contrario “l’atteggiamento collettivistico” ovvero la constatazione che l’ambiente e le circostanze hanno una grande importanza può essere facilmente stroncato, forse per manifesta inferiorità etnica. Il compiacimento per questa falsa integrazione nella quale i nuovi venuti devono spogliarsi di tutto, adeguarsi completamente all’egemonia culturale dominante nel Paese ospite, è disarmante. Il fatto che essi siamo visti solo come forza lavoro e non considerati portatori di qualche valore che può contribuire ad aprire la società se non sotto forma di street food (gli inglesi stanno abbandonando grazie alla cucina indiana la loro orrida barbarie culinaria)  puzza di vittoriano e di impero americano.

Ovvio che le persone si adattano, così come sul piano storico è altrettanto scontato che vi siano scambi e sintesi ( di cui del resto il cristianesimo è l’esempio perfetto); non c’era bisogno di alcuna pseudo ricerca per scoprire l’acqua calda, ma forse essa serviva a rassicurare il potere sul fatto che l’afflusso di gente da altri mondi non possa scalfire le basi di un nuovo ordine di cui gli inglesi stessi sono vittime. Qui la religione o gli usi e costumi c’entrano poco o nulla: è in gioco invece il sistema di pensiero imposto dal mercato, i pregiudizi senza scampo nei quali vengono allevate le nuove generazioni. E forse c’entra un’onestà intellettuale, un’intelligenza e un’anima che sono sempre di più in espulsi e tenuti in cattività anche dall’ambito scientifico.