Denatalità a livelli record, aumento esponenziale del numero dei morti, diminuzione della immigrazione stanziale e aumento costante dell’emigrazione: il 2015, secondo i dati Istat relativi ai primo otto mesi, è andato ancora peggio dell’anno precedente e mostra una demografia simile solo a quella degli anni della grande guerra e della successiva epidemia di spagnola. A voler essere gestaltici parrebbe quasi che la vitalità biologica della popolazione segua le orme di quella politica come se facesse parte di un declino complessivo: da gente che ha adorato per decenni Berlusconi e ora si accrocchia nelle parti basse di Renzi, non c’è davvero da spettarsi qualche sussulto nemmeno in altri campi.

Quest’anno si è raggiunto il record negativo delle nascite che non sono riuscite a raggiungere nemmeno il mezzo milione e c’è stato un  aumento di morti di 68 mila unità probabilmente dovuto ai tagli nel settore della sanità, quelli visibili che ormai escludono una parte della popolazione da cure efficaci e tempestive, ma anche quelli invisibili che in un certo modo stanno creando noncuranza assistenziale e medica nei confronti delle persone entrate nella terza età. Chissà ,magari con questa sorta di strisciante eutanasia sociale, si vuole porre rimedio all’invecchiamento della popolazione. Come se questo non bastasse anche l’immigrazione ha preso a schifarci, dimostrando più sagacia di quelli che si fanno infinocchiare dalle “riprese” fasulle: gli sbarchi continuano, ma da parte di gente che non ci pensa nemmeno a restare in Italia e che scappa appena può. In compenso però cresce a vista d’occhio l’emigrazione dei giovani: 100 mila nel 2014 e probabilmente di più quest’anno, circostanza questa che non solo è destinata a rendere più pesante di quanto già non sia la demografia italiana, ma anche a sottrargli la possibilità di sviluppo futuro.

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La verità è che siamo di fronte a un Paese che da trent’anni si è seduto sugli allori del dopoguerra e non riesce ad esprimere nulla se non la conservazione degli assetti di potere o un risibile modernismo o aggiornamento di facciata. Il conformismo ottuso del pensiero unico e delle sue parole d’ordine si salda agli arcaismi ancora ben presenti nel tessuto sociale e si esprime nella farsa del cambiamento e nella realtà sempre più opaca del potere. Non c’è davvero da stupirsi se calano in sinergia le nascite e il prodotto manifatturiero. Né deve sorprendere che ormai  sarà difficilissimo se non impossibile rimediare all’uno e all’altro aspetto delle cose.

Paradossalmente è proprio il mondo cattolico che fa della questione demografica uno dei suoi punti di forza perché da una parte dimostra che l’accoglienza non è solo un dovere da buon samaritano, ma una necessità  e dall’altro pensa di emettere una condanna definitiva sulle abiezioni della società senza Dio. Nel primo caso non ha tutti i torti, ma all’origine di questa situazione c’è invece proprio l’arrocamento della Chiesa nella difesa di modelli sociali e familiari ancien regime: la rigidità dello schema antropologico e familiare che propone, la riprovazione sociale che tuttora riesce a suscitare nei confronti di situazioni non conformi, sono un forte disincentivo alla natalità, sia agendo sulla mentalità dei singoli sia impedendo che vengano posti correttivi economici e in fatto di servizi focalizzati sui figli piuttosto che sulla famiglia consacrata. Questo atteggiamento diventa scopertamente ipocrita e futile quando ai sermoni sulla vita e sui famigerati “valori” perduti non si ha traccia di considerazioni  dell’influsso decisivo delle nuove regole del mercato del lavoro sulla drammatica diminuzione delle nascite, come se essa non fosse il frutto della precarietà e dell’ impoverimento materiale e morale del lavoro, delle crescenti e inedite disuguiaglianze.  Anche quando, raramente, il tema spunta fuori si fa finta di non vedere come tutto questo sia strettamente collegato al modello sociale neoliberista per il quale il lavoro è intrinsecamente flessibile, temporaneo, precario.

La mancanza di prospettive, di progetto, di acquisizione di competenze, di tempi lunghi e umani in favore dell’immediato, di un ossessivo e totalizzante presente, che a causa delle egemonie culturali instaurate non si coagulano più in un pensiero alternativo, in opposizione, sono all’origine del protervo narcisismo e del rozzo edonismo dilaganti che si nutre di parole deformate e di fatto senza più significato come merito, talento, creatività per riempire il nulla. Ma questa radice malata non viene mai toccata pensando di poter salvare la pianta, staccando solo qualche foglia. Del resto tutti i Paesi dominati dal neo liberismo sono, chi più chi meno, tutti affetti da denatalità che, certo è da sempre un fenomeno in funzione della ricchezza relativa, ma che in prospettiva rischia di risolversi o in una nuova servitù della gleba con l’abolizione di ogni diritto (si pensi solo alla questione delle pensioni) o con la dissoluzione dei modelli dominanti.

In effetti  è questo il vero discrimine politico che ci troviamo ad affrontare.