Oltre duemila persone in marcia per le vie del centro di Taranto per partecipare alla fiaccolata promossa dalle associazioni ambientaliste a sostegno dei magistrati che si occupano dell'inchiesta per disastro ambientale a carico dell'Ilva, e in memoria delle vittime dell?inquinamento, 05 ottobre 2012. ANSA/RENATO INGENITO

I veleni dell’acciaieria tarantina, hanno di certo fatto più morti del terrorismo, ma in questo caso in perfetto accordo con le varie articolazioni dello stato, prima incapaci di chiedere il rispetto delle regole fondamentali, poi complici nel loro nascondimento e aggiramento. E c’è ancora di peggio perché una volta scoperchiato il vaso di Pandora e portati in tribunale gli imputati il processo viene annullato con una gabola.

Se c’è una lochescion, come dicono le persone acculturate ignare delle parole luogo, scenario, posto, nella quale comincia in maniera drammatica e avvilente il nuovo medioevo, quella è proprio Taranto, dove la concomitanza tra profitto senza scrupoli, cialtroneria, ipocrisia, scambio opaco, sfruttamento e disumanità è quasi perfetta. E ora vi si aggiunge anche la legittima suspicione che qualche manina abbia organizzato il sabotaggio del processo affinché l’illegalità totale nella quale operava lo stabilimento diventi di fatto legale o comunque non punibile che poi è lo stesso.  Naturalmente vedere dei disegni dietro tutto questo è sempre un azzardo, ma quando si apprende che l’intero processo deve tornare all’udienza preliminare e con un nuovo gup a decidere se mandare a processo gli imputati, si rimane sconcertati:  non solo per l’attaccamento grottesco alla formalità in mezzo alla tragedia, ma per le circostanze in cui si è creato l’incidente di percorso,

Dopo un rinvio per omessa notifica e un altro per lo sciopero dei penalisti è arrivato il colpo definitivo: davanti alla corte di Assise è stata chiesta e accolta la richiesta di nullità per l’udienza del 23 luglio alla quale mancavano, guarda caso, ben dieci avvocati, senza però l’indicazione nel verbale dei legali in sostituzione. Nessuno se ne accorto, nemmeno chi adesso si appella alla scrupolosità, nessuno ha notato che quel giorno alcuni dei 44 imputati non godevano di un diritto sancito dalla Costituzione, ovvero del difensore. E sono passati mesi prima che qualcuno notasse la mancanza del nome del legale  sostitutivo nel verbale. Non c’è dubbio che la maestra delle elementari mi abbia sempre mentito sul significato della parola scrupolosità.

Esco sul balcone e vedo uno stormo di asini migranti in volo: ogni tanto mi capita qualche stravagante allucinazione, anche senza aver mangiato peyote trifolato. Così mi scuserete se ho immaginato e riferito ciò che è ovviamente impossibile, vale a dire che l’incidente per annullare il processo non sia stato frutto del caso, ma di un disegno abilmente preparato. Ovviamente non è così, si è trattato solo di un disgraziato errore come ne possono capitare tanti: chi fa sbaglia anche se viene da pensare che in questo Paese solo solo chi sbaglia fa.

E dire che prima di accorgermi dell’allucinazione cui mi ero abbandonato mi era venuto in mente di parlare della degenerazione del potere, della liquidità che gli permette di essere pervasivo, di superare ogni ripartizione, di trovare sempre una mano che lava l’altra. E che molto del dibattito finto politico degli ultimi decenni si è svolto attorno alla legittimità delle ultime e sempre più piccole sacche di resistenza all’oligarchia.  Sciocchezze, adesso sto bene e vedo di nuovo tutto chiaramente: mi appare chiaro che persino i morti di Ilva e i loro cari godono dei diritti costituzionali. Sono stati soltanto rinviati per errore di forma.