1200x630_299348_in-fuga-dal-kosovo-sempre-piu-poveroNiente meglio dell’operazione che avrebbe annientato una cellula jahdista fra Italia e Kosovo, è utile a esemplificare la fabbricazione della sindrome da terrorismo e il terreno di equivoci, di non detto, di bugie e negazioni dell’evidenza nel quale si radica. Cominciamo col fatto che i tre fan del Daesh in Italia non possono nemmeno essere arrestati perché in realtà non hanno commesso alcun reato, né erano in possesso di armi o di materiali compromettenti: in pratica questi non hanno fatto altro che dire su Facebook che Francesco sarà l’ultimo papa, cosa che del resto dicono i seguaci di Malachia e che molti cardinali sperano ardentemente, di essersi fatti dei selfie bellicosi, di aver utilizzato dei miti della violenza culturale dell’occidente come Van Damme e Rambo per esaltare il Daesh e soprattutto di aver “minacciato ” la da poco ex ambasciatrice Usa a Pristina:  “L’ebrea americana  dice che il nuovo Governo (kosovaro s’intende ndr) combatterà la corruzione… io dico a questa signora che finché loro saranno in Kosovo non esisterà la giustizia… questa miscredente merita la punizione con la sharia”.

Tuttavia la pistola di fabbricazione serba e una vecchia carabina da caccia arrugginita trovate in casa di uno dei corrispondenti degli “affiliati” in Kosovo potrebbe far pensare che avrebbero potuto passare all’azione. Ora è evidente che se tutto questo ha permesso a bimbo minchia Alfano di fare la coda del pavone, si configurerebbe come un errore clamoroso: dove la si va a trovare una cellula terrorista che agisce in chiaro su Facebook? Una fortuna davvero insperata per penetrare la rete del terrore, tanto più che dopo tante chiacchiere e prese in giro sulla sicurezza si apprende della chiusura dell’ufficio di polizia postale di Gorizia, ossia quello che dovrebbe tenere sotto controllo il dark web ai nostri confini orientali e persino della sezione di polizia di frontiera.

Ma la colpa non è certo della Digos perché è evidente che si tratta di un’operazione telefonata da Pristina, per motivi al momento sconosciuti. E quando si dice Pristina si dice Washington perché il Kosovo non è altro che una vasta area attorno alla più grande base americana dell’est europa, il Paese stesso non è che una zona ritagliata dagli Usa per loro uso e consumo, un coacervo insensato di serbi, albanesi, musulmani, ortodossi opportunamente in lotta tra di loro. E dico opportunamente perché la situazione è ampiamente favorevole al mantenimento del potere imperiale che di fatto dirige politica, polizia, istituzioni, burocrazia, lasciando che il resto si traduca in disoccupazione e in uno stato di corruzione tra i più alti al mondo.

Quanti cittadini europei sanno che il Kosovo è un Paese in fuga? Che su meno di 2 milioni di abitanti c’è un esodo continuo di migliaia di persone verso il centro Europa, una vera e propria migrazione che solo nella prima metà di quest’anno è stata di 60 mila persone su 230 mila che ci hanno provato? A sette anni dalla cosiddetta indipendenza decisa e voluta a tavolino dagli Usa con il consenso servile degli europei, al solo scopo di farne una luogo di forte presenza militare e al contempo di potenziale produzione di caos balcanico, non si è stati in grado di costruire un ambiente minimamente vivibile per i cittadini che appena possono se ne scappano. E che Washington si incarica attraverso servizi, ong e naturalmente diplomatici, di tenere comunque in condizione di cattività, impedendo una qualunque normalizzazione. E’ notizia dei giorni scorsi che il governo di Pristina si è rimangiata persino la firma  sugli accordi di Bruxelles per i rapporti con la Serbia: meglio tenere l’area in perenne fibrillazione.

C’è però un problema: dopo essersi serviti della popolazione musulmana per distruggere la Jugoslavia, adesso gli Usa temono che questa (utilizzata anche nel reclutamento dei terroristi anti Assad) crei problemi inaspettati nel loro territorio colonia, visti gli ultimi sviluppi della situazione mediorientale. E dunque cercano di tamponare qualsiasi sintomo  in questo senso, coinvolgendo artatamente anche altri Paesi europei  per farli sentire minacciati e dunque per eliminare qualsiasi capacità critica.