religione21Così abbiamo anche noi il black friday, ovvero la coda commerciale del giorno del Ringraziamento, irrinunciabile aggiunta a una lunga serie di “day “nei quali si provoca la follia consumistica che aggredisce il pianeta a fronte di oggetti per la quasi totalità inutili. Il nuovo appuntamento che non ha alcun riscontro nella nostra tradizione, nella nostra storia e nella nostra vita, è stato imposto dalle catene online per favorire la riduzione delle scorte e dei fondi di magazzino, ma sarebbe sbagliato considerarlo solo da questo punto di vista: in realtà è l’importazione, anzi l’imposizione di un rito religioso.

Certo la religione del denaro, del profitto, dell’ Homo consumptor la nuova specie creata dal capitalismo il cui il Sé diventa una funzione del possesso. Ma io non parlo per metafora, parlo di una religione strutturata vera e propria che se ha la sua messa solenne  nel biglietto verde, costituisce una divinizzazione del Paese guida che essendo la “democrazia di Dio” diventa un culto autonomo: essere contro gli Usa è essere contro Dio stesso, criticarne il governo è una bestemmia. Questo basilare concetto teologico non è solo appannaggio della destra conservatrice, ma è patrimonio comune e spiega perché sia pressoché impossibile per chiunque, anche ai meglio intenzionati, deviare dalle logiche imperiali o sperare che un qualunque crimine di guerra ( la scelta è ampia) faccia rinsavire l’opinione pubblica. Al massimo si può sperare in una tardiva autocritica su possibili eccessi, ma non certo sui fondamenti. Del resto Bush figlio ha perfettamente incarnato, ma soprattutto esplicitamente espresso questa religiosità nazionalista, ecumenica solo nel senso che tutti gli altri vi si devono adattare con le buone o con le cattive. Ma di certo non è il primo visto che già Washington affermava che “non poteva esservi moralità senza religione” . Persino un  nevrotico senza finezza come Toqueville capì a suo tempo che la religione era “la principale istituzione politica degli Stati Uniti.” Anche se non capì in che senso.

Non bisogna farsi ingannare dalla libertà religiosa  di cui si gode negli States e della formale separazione fra stato e fedi, anzi questo è proprio una dimostrazione di quanto dico: si può adorare qualsiasi dio minore, purché si glorifichi  quello maggiore, ossia la coincidenza del destino statunitense con la divinità. Nihil sub sole novi: anche l’impero romano era di fatto il dio di se stesso e nelle terre conquistate venivano eretti i templi dedicati alla triade capitolina che  testimoniavano più che presenze metafisiche il potere dell’Urbe. Qualsiasi culto era permesso, rispettato e praticato purché s’inchinasse a quello dell’impero come divinità immanente.

Oggi viviamo una condizione radicalmente diversa e sarebbe difficile erigere chiese di culto americano anzi in molti casi sarebbe controproducente e inopportuno: la divinità si manifesta piuttosto attraverso la diffusione dei riti, della cultura, dei costumi e della lingua che ne trasporta i valori. Ecco perché abbiamo il black friday, il degrado del gusto portato dalla risacca della tv, d’oltre oceano, il vezzo di nominare qualsiasi cosa e soprattutto i prodotti commerciali in inglese anche quando è inutile, superfluo, controproducente o ridicolo come il venerdì nero. Sono nient’altro che orazioni, preghierine, spezzoni di culto a cui siamo di fatto costretti ad aderire. Quando parliamo di scontro fra civiltà dobbiamo avere in mente che non parliamo in realtà dello scontro fra religioni peraltro molto simili, non parliamo di islam e di cristianesimo, ma dello scontro epocale fra Ramadan e black friday, di quello tra le logiche dei vangeli e quelli delle multinazionali, tra libertà e freedom ( che sono due cose diversissime) , tra una concezione e aspirazione laica dello stato o della politica e una sostanzialmente religiosa o autoreligiosa. Non è certo un caso se la faglia principale di scontro – sempre ovviamente determinata dagli interessi – sia tra il mondo islamico e quello anglosassone nei quali esiste un diversissimo, ma stringente rapporto tra religione e governo dentro una sacralizzazione della politica.   Naturalmente non a tutti gli americani sfugge questo paradosso, ma una religione nazionalista che si arroga il diritto di definire il bene e il male, ha una forza enorme riuscendo a sacralizzare anche i dividendi. Almeno fino a che questi non saranno completamente assorbiti in poche mani come sta effettivamente avvenendo. Ogni religione ha i suoi punti deboli.